L’ alba ci svegliò con i suoi mille colori e una brezza leggera mi solleticò il naso. Respirai a pieni polmoni l'aria salata che già da diversi anni ci circondava. Ad un certo punto un grande appetito mi colse: era ora di colazione.
Mi diressi affamato verso la prua turchina dove incontrai Alexandros:
“Capitano, siamo a corto con le provviste. O facciamo scalo o creperemo tutti”.
“Nobile Alexandros, come gli dei ci aiutarono per la conquista della ribelle rocca di Troia, così ci aiuteranno e ci sosterranno fino a Itaca”.
Detto ciò mi congedai.
Troppi pensieri mi echeggiavano per la testa. Ad un certo punto un urlo mi fece trasalire: “Terra!!”.
Cinque minuti dopo eravamo già sulla misteriosa isola. Arrivammo in una caverna enorme e ci entrammo. All’interno era tutta scura e cupa tanto che avrebbe potuto spaventare anche un leone.
La caverna era piena di cibi: formaggi di capra e pecora …
“Prendiamo un po’ di cose e andiamocene” disse qualcuno. ”Non se ne parla” dissi.
Il mio non era coraggio ma curiosità, un difetto che, insieme alla furbizia, era cresciuta insieme a me.
Ad un certo punto un gigante, seguito da un gregge, entrò nella caverna e chiuse il passaggio con un pesante macigno. In quell’istante mi sentii un uccello in gabbia.
Polifemo, sbattendo due pietre, fece cadere sulla paglia due scintille dorate che rischiararono la caverna.
Solo allora riuscimmo a mettere a fuoco il ciclope. Era enorme, vestiva pelli di pecora e aveva una lunga barba incolta. La cosa che lo rendeva particolarmente spaventoso era il suo enorme occhio centrale. Appena ci vide Polifemo allungò le mani, prese due marinai e li sgranocchiò davanti a noi.
La mia curiosità mi aveva ingannato.
Poi però mi venne un’idea: avrei offerto al ciclope un po’ di vino addormentandolo, gli avremmo detto che mi chiamavo Nessuno e poi gli avremmo infilzato un bastone nell’occhio. Tutto andò come previsto.
Una volta raggiunto il largo con la nave, riuscimmo a sentire l’ultimo urlo del ciclope:
“Nessuno mi ha accecato”.
Giovanni Buriola IDS
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