Ci stiamo preparando per il 28 maggio
lunedì 29 aprile 2019
29 aprile: laboratorio di calligrafia
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mercoledì 17 aprile 2019
mercoledì 10 aprile 2019
I nostri classici preferiti
Cecco Angiolieri "S'i fosse foco"
Mohamed Mtira Mi è piaciuta molto questa poesia perché è divertente e maleducata!
Dante Alighieri "La Divina Commedia"
Carolina Ronchiato "La Divina Commedia" è il mio classico preferito, perché racconta un viaggio ultraterreno
Lodovico Vio Mi è piaciuta perché c'è un forte senso di giustizia
Valentina Gaetani Della "Commedia" mi è piaciuto il fatto che Dante nell'Inferno prova compassione e si immagina al posto dei peccatori
Brando Eleonora Mi è molto piaciuto il Canto di Paolo e Francesca dell'Inferno
Sara Fantin Anche a me è piaciuto molto il canto di Paolo e Francesca perché parla di un amore proibito
Giovanni Boccaccio - Decameron
Tommaso Bortoluzzo (riferendosi ad "Andreuccio da Perugia") Mi è piaciuta questa novella perché parla della trasformazione di Andreuccio da ragazzo "sfortunato", ingenuo a giovane furbo e scaltro
Gianmaria Presottin (riferendosi a "Chichibio e la gru") E' una novella davvero divertente, spiritosa e parla della prontezza di spirito di certi uomini
Thomas Freguia (riferendosi a "Chichibio e la gru") Mi è piaciuto il finale: Chichibio non è stato punito e tutti ridevano!
Lorenzo Molin (riferendosi a "Federigo degli Alberighi") Mi è piaciuta tanto questa novella perché mette in evidenza sentimenti molto forti come l'amore e l'altruismo
Ludovico Ariosto - L'Orlando Furioso
Irene Dal Tin Mi è piaciuto molto l'intreccio, con momenti tristi e altri divertenti, e tanti colpi di scena
Gioia Abigail Zia L'Orlando Furioso mi ha appassionato per la fuga di Angelica, la follia di Orlando e perché è pieno di magie
Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
Manuel Roman Mi è piaciuta quest'opera perché è collegata alla vita stessa di Galileo (fu costretto ad abiurare)
Samuel Carta Mi è piaciuto il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" perché mi piace la scienza
Carlo Goldoni - Arlecchino servitore di due padroni
Sharon Gusso Mi è piaciuta questa commedia, perché il protagonista è stravagante e imbroglione
Silvia Fantinello Mi è piaciuto "Arlecchino servitore di due padroni" perché Arlecchino (Truffaldino) parla in dialetto veneziano
Karen Simondo Il personaggio che mi piace di più è Truffaldino che riesce, con astuzia, a servire i due padroni
Giosuè Carbonera La commedia è divertente perché Arlecchino si è messo nei pasticci da solo e poi cerca di uscirne
Aurora Valeri Mi piace"Arlecchino servitore di due padroni" perché ci sono tanti travestimenti, che causano un sacco di equivoci e movimento
IIAL
martedì 9 aprile 2019
La mia prima esperienza con il ciclope assieme ad Odisseo
Presi dalla stanchezza cercammo un rifugio, una grotta, qualunque cosa che sarebbe potuta esserci utile per ripararci. La ricerca durò ben due faticosissime ore, con il lerciume per i tanti mesi senza lavarsi, il sudore, lo stomaco che gorgogliava dalla fame e la gola arsa e secca per la sete. Eravamo tutti scoraggiati fino al fatale momento, anche se noi non gli credevamo, in cui Odisseo urlò: "Fermate la nave, ho visto una grotta!” A quelle parole tutti (io compreso) sussultammo facendo un sospiro di sollievo. Pensai: ”Finalmente una sosta, del cibo, dell’acqua!” Ero al massimo della felicità, non sapendo cosa ci stesse aspettando. Al culmine della gioia sbarcammo ed entrammo nella grotta, ignari della nostra orribile sorte. Festeggiammo ma probabilmente non avremmo dovuto cantare vittoria troppo presto perché proprio in quel momento udimmo dei passi, dei passi pesanti e la terra vibrare come un terremoto “BUM! BUM!” Da quei rumori restammo immobilizzati, a quel punto ci apparve un mostro, un mostro enorme: aveva un solo occhio, un solo spaventosissimo occhio, con delle vene di un rosso intenso e pulsanti. Era agghiacciante. Gridò parole che feci fatica a comprendere con quella voce rauca: "Andatevene se non volete morire sbranati!” Tutti ci guardammo impauriti e poi guardammo Odisseo, di lui ci saremmo fidati ciecamente, era un uomo furbo e ingegnoso, un eroe, ma lui rispose con lo sguardo di chi, in questo caso, non sapeva che fare. Il mostro allora prese due nostri compagni con la tozza mano e li strinse senza pietà. Vidi i miei compagni di viaggio lasciare la vita. La disgustosa creatura prese le loro teste e le sbatté a terra come uova e piano piano si mise a mangiare i loro arti uno ad uno. Il loro sangue scendeva impetuoso ed io ero terrorizzato: sapevo di poter essere il prossimo. L’alba arrivò svelta e noi eravamo completamente spaesati. L’indomani mattina l’orribile gigante si mangiò altri due nostri compagni. Fu a quel punto che Odisseo porse alla bestia un calice di vino e io intuii che aveva un piano. Alla belva il vino piacque talmente tanto che ne bevve tre calici. Si ubriacò, così noi affilammo un bastone e Odisseo disse al mostro: ”Se ci dai ospitalità io ti svelo il mio nome: Nessuno”. L’essere orribile si addormentò e fu così che ci armammo di coraggio e del bastone che ZAC! infilammo nell'occhio lasciandolo cieco. Quando il ciclope chiese aiuto ai suoi compagni, gli domandarono chi lo avesse ferito e lui rispose nessuno. Nel frattempo noi scappammo e, da una certa distanza, Odisseo gridò alla bestia la sua vera identità. Ringrazio ogni giorno gli Dèi per essere uscito vivo da quella tragedia.
Sofia Valente IC
Giocando con il nostro dialetto...
El saez el piansea
parché tutti
quealtri alberi
i vea xa i buti,
e lu no!
Il salice piangeva
perché tutti
gli altri alberi
avevano già le gemme,
e lui no!
Giorgia Moro
parché tutti
quealtri alberi
i vea xa i buti,
e lu no!
Il salice piangeva
perché tutti
gli altri alberi
avevano già le gemme,
e lui no!
Giorgia Moro
Me fradel se gha morsegà i lavari
da drio a palada:
ghe go dat un scufiot,
parché el stachea bacheti dal saez.
Mio fratello si mordeva le labbra
dietro la siepe:
gli ho dato uno schiaffo
perché staccava i rami dal salice.
da drio a palada:
ghe go dat un scufiot,
parché el stachea bacheti dal saez.
Mio fratello si mordeva le labbra
dietro la siepe:
gli ho dato uno schiaffo
perché staccava i rami dal salice.
Emma Calcinotto, Marco Tullio, Nicolas Bottosso
Coi bacheti cascadi dae palade
me tache un bel foghet
par scaldarme e man
Con i rami caduti dalle siepi
mi accendo un bel fuocherello
per scaldarmi le mani
Alice Donè
Coi bacheti cascadi dae palade
me tache un bel foghet
par scaldarme e man
Con i rami caduti dalle siepi
mi accendo un bel fuocherello
per scaldarmi le mani
Alice Donè
A fameja a xe importante
parchè a xe cara come l'oro
ma no tuti i ga sto dono
La famiglia è importante
perché è preziosa come l'oro
ma non tutti hanno questo dono
Matilde Salvador
Il nostro poeta: Romano Pascutto (1909-1982)
Romano era nato in una calda giornata di Luglio, in un piccolo paese sulle sponde del fiume Livenza.
Lui amava tanto la sua terra quanto odiava la prepotenza e l’ingiustizia. Fu così che, ancora studente, disse apertamente “no” al regime che faceva tacere chi gli era contro.
Per questo, a vent'anni fu costretto a raggiungere il fratello Sante, emigrato in Libia.
Fu allora che promise a se stesso che avrebbe lottato senza sosta per la libertà e per un mondo migliore. Tale idea mosse il cuore di molti, tanto che questi cuori si organizzarono per Resistere.
Tornato al paese nel 1942, Romano partecipo’ attivamente alla Resistenza, finendo in carcere.
Tanti luoghi qui attorno ci ricordano che il regime non era, di certo, tenero con chi resisteva: lo sanno le piazze, lo sanno gli alberi e anche i muri.
Arrivò il 1945 e la tanto sospirata Liberazione.
Romano era finalmente libero e continuò a tenere fede alla sua promessa, si impegnò, a oltranza, per migliorare il mondo, partendo proprio dal suo amato paese.
Lui diventò Sindaco di San Stino di Livenza, e fu anche il poeta che ne elevò il dialetto a lingua letteraria, non dimenticando mai l’impegno civile.
Romano scrisse della sua gente: gente di campagna che si affacciava alla ripresa del dopoguerra, tra sfruttamento e grandi valori del mondo contadino, gente che viveva, che soffriva, che gioiva, che moriva, lasciando in eredità un solo grande insegnamento, si piange da soli e si ride in compagnia.
Eredità
I me veci no m'ha lassà nissuna eredità.
I m'ha insegnà 'na roba che no bute via:
a pianzer da sol e a rider in compagnia.
(Romano Pascutto, L'acqua, la piera, la tera)
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mercoledì 3 aprile 2019
Emozioni: cotta e decotta
Caro lettore,
ci rivediamo di nuovo, eh? Sì, è vero, ti ho trascurato per un bel po' però da oggi ti scriverò più volte in vista degli esami.
Oggi non ti racconterò della mia più grande nostalgia o di un'avventura emozionante che mi è capitata: oggi ti racconterò (oh, non ci posso credere che lo sto per dire veramente) della mia prima cotta adolescenziale. Ti ho sorpreso eh? Beh, neanche io me lo sarei mai aspettata, soprattutto da me: ormoni, mi avete fatto proprio un brutto scherzo! Va beh, incominciamo.
Il momento in cui è avvenuto il fatidico bagliore (ma che bagliore! La luce di un faro!) è stato quando abbiamo fatto il concerto del coro in I media: non so come, non so cosa, non so perché ma puff! Il mio cuore ha incominciato a correre come un cavallo impazzito e sentivo la faccia surriscaldarsi: stavo arrossendo, già mi vedevo. Lui stava salendo le scale per accedere al palco del teatro con molta difficoltà in quanto si era appena operato a un ginocchio e lì è scattata la scintilla, si è acceso il fiammifero, si è appiccato l'incendio: lì il mio cervello ha fatto un passo falso. Comunque per il resto della sera l'ho aiutato e poi, durante l'estate, gli mandavo dei messaggi per chiedergli come andava. Non facevo altro che pensare a lui (bleh), ma immagino che questo accada a tutte (e a tutti).
Ma chi è questo ragazzo? Non ti preoccupare, dopo questa descrizione capirai subito, ma non rivelerò il suo nome: motivi di Privacy.
Una lunga coda di capelli lunghi e ben curati si appoggiava delicatamente sulla sua schiena; aveva degli occhi scuri e profondi e un corpo da rugbista. Basta, hai già capito chi è, non continuerò soltanto per mettermi in ulteriore ridicolo. Guarda! La mia dignità has left the game! Comunque, ai tempi, mi sembrava un modello ammaliante e super-bellissimo, anche se con lui non ci si poteva intendere: in I mi stava molto (molto, molto, molto, troppo) antipatico, non faceva altro che prendermi in giro e cercava spesso di mettermi sotto cattiva luce, invitando anche altre persone a chiamarmi con il soprannome che aveva inventato per me, ovvero “Smolliccio”. Ma la cosa peggiore era che lo incontravo dappertutto e lui mi accusava di seguirlo: assurdo! In II comunque il nostro rapporto era nel limbo: non eravamo stra-amici ma nemmeno ci odiavamo a morte.
Dopo un po' di tempo che mi piaceva mi sono abituata e sembrava tutto ok, finché quel fatidico venerdì di marzo una mia compagna di classe rivelò a tutti la mia cotta: lo urlò proprio ai quattro venti e ovviamente un altro che ne era molto amico glielo ha urlato direttamente in faccia, così, tanto per essermi d'aiuto. Non riuscivo a crederci: per il resto della giornata l'ho interrogato su quello che era successo, sulla sua reazione, credevo in una cosa che non si sarebbe mai avverata. Ah, la gioventù...
Mentre uscivamo da scuola, il mio compagno di classe è andato a chiedergli se io gli piacevo ma quando è ritornato mi ha detto le seguenti parole: “Selma, ti ha bidonato: ha detto che sei brutta come la fame”. Ero incredula (aspetta, aspetta, adesso arrivano i sentimenti), allibita, sconcertata: sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi ma cosa potevo fare? Mettermi a piangere in mezzo al cortile? No, signora, no! Continuavo a rimuginare su queste parole, provavo un misto di rabbia, tristezza e vergogna: vergogna perché mi ero fatta trasportare da fantasie e sentimenti inutili e superficiali a dispetto di una semplice simpatia.
Comunque, alla fine, non abbiamo mai affrontato questo argomento e ne sono felice. Spero vivamente che questa esperienza non si ripeta più: innamorarsi ti dà soltanto false aspettative, soprattutto a questa età dove non riusciamo a capire cosa sia veramente questo sentimento che chiamiamo amore. Comunque tu fai quello che vuoi: questi sono soltanto miei pensieri.
Selma
Selma Matilde Ahmed III C
Racconto autobiografico: la mia prima cotta
Beh, prima poi accade a tutti quella sensazione strana in cui ti batte il cuore incontrollabilmente, arrossisci e tutto ciò che ti sembrava sbagliato ora diventa perfettamente perfetto quando incontri una determinata persona. Insomma, la prima cotta.
La mia prima e vera cotta l’ho avuta nell'estate tra la seconda e la terza media durante un camp d’inglese. Prima d’allora lo conoscevo solo di vista o per lo più me lo ricordavo soltanto com'era all'asilo.
Il primo giorno, arrivata a scuola insieme alla mia amica, appena l’ho visto ho pensato fra me e me: “Uhh, ma quanto è carino questo; non me lo ricordavo così”. Durante la giornata abbiamo cominciato a parlare, fino a quel punto era tutto ok, o -meglio- non avevo alcun problema a parlare e a stare con lui. Insomma per me era carino ma lo vedevo semplicemente come un amico.
Nei giorni seguenti la storia si è complicata un po’: insomma tra di noi c’era un po’ d’imbarazzo, veramente non riuscivo più a parlare a dire una sola parola in sua presenza per paura di sbagliare. Credetemi, è una cosa molto strana da parte mia considerando il fatto che non so mai stare zitta, inoltre per la prima volta avevo le farfalle nello stomaco, ma non ero poi così sicura che mi piacesse.
Poi i miei amici mi hanno fatto notare che lui con me era diverso che con le altre ragazze: era più gentile, carino e anche lui si limitava a dire le solite cose per paura di sbagliare. Inoltre mi hanno confermato che gli piacevo e che anche io mi comportavo in un modo completamente differente dal mio solito dimostrando che provavo qualcosa per lui. Mi sembrava tutto così strano: insomma, fino a due giorni prima manco ci calcolavamo, sono bastati pochi giorni e ci siamo follemente innamorati l’una dell’altro? Capite anche voi che c’era qualcosa che non andava, la mia testa in quei giorni pensava a tantissime cose l’una dopo l’altra senza un filo logico, ma solamente un parola continuava a rimanermi impressa credo che abbiate capito a che parola mi riferisco: …… eh, volevate sapere come si chiama? E invece no, mi dispiace.
Ormai avevo la conferma su tutto: mi ero INNAMORATA di lui, ogni suo difetto ora era semplicemente una cosa fantastica, veramente lo vedevo perfetto in ogni cosa anche se ero consapevole del fatto che la perfezione non esiste, ma in quel momento non me ne importava.
Da quando lo capii il mondo appariva meraviglioso, per la prima volta io ero nel posto giusto al momento giusto con la persona che desideravo di più. L’unica cosa che volevo era stare con lui, perché mi faceva stare bene e a mio agio.
La ciliegina sulla torta accade il 13 luglio mentre ero a mangiare una pizza con una mia amica, ci stavamo scrivendo ed ad un certo punto mi squilla il telefono. Era proprio lui, in quella frazione di secondo prima che gli rispondessi speravo che mi dicesse quella frase che ogni teen spera di sentirsi dire dal ragazzo che le piace. E fu proprio così. Lascio a voi immaginare la frase e la mia reazione. Dico solo che mi sono messa ad urlare e a saltare in mezzo al ristorante dalla gioia; ripensandoci adesso voglio solo sprofondare dall'imbarazzo.
Devo dire che questa esperienza è stata molto bella e diversa dalle altre perché per la prima volta avevo capito cosa significasse avere le farfalle nello stomaco a causa di un ragazzo. Anche se alla fine la nostra storia non si è conclusa nel migliore dei modi -forse anche per il fatto che ci conoscevamo appena- mi rimane un bel ricordo che spero di non perdere e che sicuramente mi ha fatto ragionare e maturare.
anonima05
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