In quel momento avrei voluto sparire, sprofondare, diventare invisibile o tornare indietro nel tempo.
Già... sto parlando di quel giorno in cui sentii il mio nome provenire dalla bocca della professoressa seguito dalla frase “sei interrogata”.
Penso sia scontato dire che quel giorno non ero preparata, a malapena sapevo l’argomento dell’interrogazione.
Iniziai a sentire caldo, stavo sudando e provavo un’ansia indescrivibile.
Erano le 10.15 e la prof. fece la prima domanda.
Mi sembrava che le orecchie cominciassero a stringermi il cranio. Scottavo.
In quel momento il mio unico pensiero era “Perché non ho studiato??” "Perché ha chiamato me? PERCHE’?!”
Mentre stavo cercando di ricordare qualcosa per riuscire a rispondere, sentii: “Alessia, parlami di…”
Era come se fossi sott’acqua, dentro una cupola che mi impediva di pensare.
Il mio cervello non funzionava.
Mentre tutti mi guardavano, io provavo solo imbarazzo. Probabilmente stavano pensando che ero una sfaticata, che non studiavo e tutto ciò mi faceva sentire ancora più a disagio.
Avevo gli occhi dei miei compagni puntati addosso. Perchè? Perché mi guardavano? Perché i loro sguardi condizionavano le mie emozioni?
Quel giorno finì con un “impreparato” in scienze e con tanti sensi di colpa che provo ancor oggi.
Questa figuraccia rimarrà, per sempre, impressa nella mia mente.
Alessia Birjovanu IIIDS
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