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lunedì 2 marzo 2020

Niccolò Machiavelli e "Il Principe"

Niccolò Machiavelli

Niccolò Machiavelli nasce nel 1469 a Firenze, dove intraprende la carriera diplomatica. 
Dopo la morte di Lorenzo Il Magnifico e in seguito alla discesa in Italia di Carlo VIII, Machiavelli diviene il giovane segretario della neonata Repubblica fiorentina e, in qualità di diplomatico, compie diversi viaggi e conosce molti potenti dell'epoca. 
Quando nel 1512 i Medici tornano a Firenze, Machiavelli viene costretto all'esilio, durante il quale si dedica alla composizione della sua opera più importante, Il Principe, un vero e proprio trattato di scienza politica in cui analizza quali devono essere le caratteristiche e le doti pratiche di un uomo di potere: realismo, furbizia e decisione.
 Nel 1514 Machiavelli ha il permesso di ritornare a Firenze, dove muore, nel 1527.

Lorenzo de' Medici, duca di Urbino


Il Principe
Il Principe è un trattato in 26 capitoli che Machiavelli dedica a Lorenzo de' Medici, duca di Urbino, con l'intento di offrirgli utili consigli per liberare l'Italia dagli invasori e riunirla sotto la sua guida. 
In uno dei brani più famosi, l'autore si chiede se sia meglio per un principe essere amato o temuto dai propri sudditi. Attraverso una serie di argomentazioni, Machiavelli afferma che gli uomini tendono a rispettare di più coloro di cui hanno timore che quelli che stimano e per cui provano rispetto e gratitudine. 
E' importante però che il principe stia ben attento a non far tramutare il timore dei sudditi in odio, in modo da non mettere il pericolo il suo potere. 
L'uomo è, per sua natura, avido, malvagio e opportunista, pronto a sostenere il governante che meglio fa i suoi interessi e non il più virtuoso. 
Allo stesso modo, chi detiene il potere non deve curarsi di essere buono o giusto, ma semplicemente di agire nel modo che gli permetta di raggiungere più facilmente i suoi scopi.

martedì 7 gennaio 2020

Teresa Mattei: "La cosa più importante della nostra vita è scegliere da che parte stare"

Genova, 1 febbraio 1921 – Usigliano, 12 marzo 2013

Aveva poco più di vent'anni quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, divenne una combattente partigiana, prima come staffetta poi come comandante di compagnia.
Il suo nome di battaglia era "Chicchi".
Il padre era avvocato e dirigente di un partito di opposizione al fascismo, la madre era una linguista e il fratello un docente di chimica, iscritto al Partito Comunista Italiano.
Teresa era stata educata all'antifascismo e al libero pensiero.
Il suo primo grande dolore fu la morte del fratello, ucciso dai Nazisti.
Dopo la guerra, nel 1946 Teresa fu chiamata a partecipare all'Assemblea Costituente, che doveva dare vita alla nascente Costituzione. Al tempo aveva 25 anni.
Ancora oggi Teresa viene riconosciuta come la madre dell'articolo 3 della Costituzione, che afferma l'uguaglianza tra gli uomini.
Fu lei a suggerire la mimosa come simbolo della festa delle donne.
Nel 1947 rimase incinta di un uomo già sposato, lui voleva farla abortire; lei rifiutò e si proclamò "rappresentante nelle istituzioni delle ragazze madri".
Teresa se ne andò dal PCI, per dissenso con la linea politica del partito, che lei riteneva succube del Partito Comunista Sovietico.

Irene Dal Tin e Manuel Roman (IIIAL)