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lunedì 16 marzo 2020

Luigi Pirandello e le maschere

Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana), circa quaranta drammi e romanzi.



Pirandello aderisce inizialmente al Verismo, per poi distaccarsene successivamente. Egli infatti scopre che è impossibile riuscire a descrivere n maniera realistica un personaggio e una situazione, semplicemente perché per ogni individuo non esiste una sola verità, ma tante verità quanti sono gli occhi di chi la interpreta. Ognuno di noi è, al tempo stesso:

-uno, perché crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari;

-centomila, perché ha tante maschere quante sono le persone che lo circondano;

-nessuno, perché la sua identità, frantumata in centomila immagini diverse, finisce con l'annullarsi.

La società, secondo Pirandello, impone all'uomo di indossare continuamente delle maschere, per poter essere quello che gli altri si aspettano da lui. Quando questo non avviene e un individuo esce dal ruolo che la società gli impone, allora viene visto come un "pazzo". Secondo Pirandello, la follia consiste semplicemente nel togliersi la maschera per dire la verità. Ma questa scelta condanna all'emarginazione e alla solitudine. E' questo il dramma dell'uomo pirandelliano: la società opprime l'individuo, ma fuori di essa è impossibile vivere.

sabato 14 marzo 2020

Guido Gozzano e il Crepuscolarismo

Guido Gozzano nasce nel 1883 a Torino, dove muore a soli 33 anni, nel 1916, affetto da tubercolosi. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, non porta a termine gli studi per dedicarsi alla letteratura.
Gozzano tende ad accogliere nel linguaggio poetico anche gli aspetti della realtà più dimessa. La forma dei suoi componimenti poetici è molto vicina alla prosa, semplice e discorsiva ma è creata attraverso un ricercato equilibrio delle forme espressive.



Il termine Crepuscolarismo viene coniato dal critico Giuseppe Antonio Borgese per definire le caratteristiche comuni a un gruppo di poeti amanti del "crepuscolo", cioè del tramonto, della malinconia e della quiete. I crepuscolari 
-parlano, nelle loro poesie, degli avvenimenti apparentemente banali di ogni giorno e delle "cose buone di pessimo gusto" che si possono trovare a casa della nonna o di una vecchia zia;
-si rifiutano di partecipare attivamente alla vita politica, trovando rifugio negli affetti e nei ricordi;
-mascherano il loro pessimismo nei confronti del presente con un atteggiamento ironico e distaccato;
-usano in poesia un linguaggio semplice, uno stile discorsivo, simile a quello della prosa, e molti termini tratti dal parlato, tradizionalmente esclusi dalla poesia.
L'apparente semplicità dei testi nasconde però una profonda conoscenza della tradizione letteraria italiana e delle nuove tendenze della poesia contemporanea straniera.