mercoledì 30 gennaio 2019

LIBRO: LE 100 IMMAGINI CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO di Margherita Giacosa, Roberto Mottadelli, Gianni Morelli



Esistono fotografie in grado di toccarci il cuore, di farci emozionare, indignare. Foto che ci rendono fieri o che ci riempiono di vergogna. Foto che raccontano la storia, le persone, le sofferenze, le speranze. Fotografie che non hanno bisogno di descrizioni o di parole e che, semplicemente con quello che sono, sono in grado di raccontarci qualcosa. Fotografie che hanno fatto la storia, fotografie che hanno cambiato il mondo. Fotografie che hanno cambiato anche noi e che hanno permesso, in molti casi, di far vedere a tutti ciò di cui l’uomo è capace, nel male e nel bene.

Fotografie come questa, scattata il 28 agosto 1963, davanti al Lincoln Memorial, di Washington DC (USA), dove Martin Luther King pronunciò il suo famoso discorso I have a dream.


“io ho un sogno: che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del carattere”

Nonostante il successo della marcia per i diritti civili e le nuove leggi federali, il sogno di King rimase tale per molti anni: il clima di violenza razziale durò a lungo negli Stati del Sud e lo stesso Martin Luther King, nel 1968, venne assassinato.

Laboratorio di fotografia con Pasquale - progetto Macchia Verde 2019


martedì 22 gennaio 2019

Da non perdere: "Figli del destino" di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli


Mercoledì 23 gennaio 2019, alle 21.25,  andrà in onda su Rai 1, la docufiction Figli del destino, per la regia di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli, che raccoglie le testimonianze e le storie di quattro bambini che, nel 1938, furono espulsi dalla scuola in quanto ebrei. 
Fra questi c'è anche la Senatrice Liliana Segre, da sempre in prima linea contro l'antisemitismo e le discriminazioni. Gli altri piccoli protagonisti sono Tullio Foà, Lia Levi e Guido Cava.

Consiglio di lettura: "Fino a quando la mia stella brillerà" di Liliana Segre con Daniela Palumbo

La sera in cui a Liliana viene detto che non potrà più andare a scuola, lei non sa nemmeno di essere ebrea. In poco tempo i giochi, le corse coi cavalli e i regali di suo papà diventano un ricordo e Liliana si ritrova prima emarginata, poi senza una casa, infine in fuga e arrestata. A tredici anni viene deportata ad Auschwitz. Parte il 30 gennaio del 1944 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano e sarà l'unica bambina di quel treno a tornare indietro. Ogni sera nel campo cercava in cielo la sua stella. Poi ripeteva dentro di sé: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare.


IIIBL


Visto per voi: Train de vie (1998 di Radu Mihăileanu)


Siamo nel 1941 in un villaggio dell'Europa dell'est. Schlomo, considerato il matto del villaggio, inventa un modo originale per salvare la sua comunità ebraica dalla deportazione nazista: organizzare un falso treno con il quale viaggiare verso Israele, cercando di ingannare i tedeschi, facendogli credere di essere deportati, macchinisti ed ufficiali nazisti. Tutto il villaggio contribuisce ai preparativi, e in poco tempo lo sgangherato treno parte, tra mille problemi... verso la libertà.

IIAL

lunedì 21 gennaio 2019

Ruby Nell Bridges (1954): "Non seguire un sentiero già tracciato. Vai dove un sentiero non c'è e comincia a tracciarne uno nuovo"


C’era una volta una bambina incredibilmente coraggiosa che si chiamava Ruby e viveva a New Orleans. Tutte le mattine Ruby doveva fare chilometri a piedi per arrivare a scuola, nonostante ce ne fosse una proprio vicino a casa sua. Quella scuola, però era riservata ai bianchi, e Ruby era nera. “Non potete impedire a mia figlia di frequentare una scuola per il colore della sua pelle” disse la madre di Ruby. È sbagliato. Ed è contro la legge.”
Anche se i membri del consiglio scolastico non volevano ammetterlo, sapevano che la madre di Ruby aveva ragione. Così fecero fare alla bambina un esame di ammissione molto difficile, sperando che non lo superasse. Solo che Ruby non era solo coraggiosa: era anche intelligente, e passò l’esame a pieni voti.
La piccola era entusiasta di andare nella nuova scuola, ma il primo giorno, al loro arrivo, lei e sua madre trovarono una folla di persone arrabbiate che urlavano slogan razzisti davanti al cancello. “Non avevo la minima idea di cosa stesse succedendo. Credevo fosse carnevale” ricordò poi. Allora aveva solo sei anni.
Tutti i giorni, Ruby andava a scuola accompagnata da quattro agenti federali, che avevano il compito di proteggerla. Lo spettacolo di quella bimbetta affiancata dalle sue grosse guardie del corpo ispirò all'artista Norman Rockwell un celebre quadro intitolato The Problem We All Live With (Il problema con cui tutti noi conviviamo).
Oggi Ruby è una donna adulta e una brillante attivista per i diritti civili. È stata persino alla Casa Bianca per incontrare il presidente Barack Obama, e insieme a lui ha ammirato il dipinto di Rockwell che era appeso fuori dallo Studio Ovale. “Non dovremmo mai guardare una persona e giudicarla per il colore della sua pelle” ha detto Ruby. “Io l’ho imparato in prima elementare”.


biografia tratta da Storie della buonanotte per bambine ribelli 2 di Elena Favilli e Francesca Cavallo

Booktrailer: "Le streghe" di Roald Dahl

scritto e illustrato da Valentina Gaetani (IIAL)

Consigli per realizzare "foto artistiche"


Racconta una storia legata al luogo che fotografi
Prova a trovare un punto narrativo originale che inviti lo spettatore a entrare nel mondo della tua foto, potrebbe essere un edificio in restauro, un uomo al lavoro, un gruppo di persone fuori da un locale...

Fotografa il movimento 
Fermati e scatta qualche foto da un punto di osservazione interessante per esempio in prossimità di un incrocio affollato.

Fotografa di notte o con scarsa illuminazione
Perché non trovare un punto di osservazione elevato, come un ponte o una terrazza e fotografare la via sottostante?

Mostra i contrasti
Alcune delle immagini più straordinarie  della storia della fotografia  rivelano un contrasto: tra vecchio e nuovo, pace e discordia, folla e isolamento.

I dettagli possono fare la differenza
Sono i piccoli dettagli che donano identità. Spesso nascoste alla vista normale, queste caratteristiche affascinanti possono servire a realizzare foto sorprendenti.

venerdì 18 gennaio 2019

Laboratorio di Fotografia: realizziamo la nostra camera oscura!

A metà gennaio, noi ragazzi di seconda abbiamo iniziato il laboratorio, della Macchia Verde, di fotografia dal titolo La diversità: il cambiamento dei punti di vista.  
Anche quest'anno, come lo scorso, a guidarci nella nostra avventura artistica è l'artista Pasquale Luongo.

Pasquale come prima cosa ci ha spiegato cos'è una camera oscura, detta anche camera ottica.


La camera oscura è un dispositivo ottico composto da una scatola oscurata con un foro sul fronte e un piano di proiezione dell'immagine sul retro.
Essa è alla base della fotografia ed è precorritrice della fotocamera. 
È per questo motivo che gli apparecchi fotografici vengono ancora oggi chiamati "camere": le prime camere oscure erano infatti delle vere stanze al cui interno i pittori e gli scienziati lavoravano.

Uno dei primi scienziati/pittori a descrivere il funzionamento della camera oscura è stato il grande Leonardo.


Leonardo da Vinci, infatti,  descrisse nel 1515, nel Codice Atlantico, un procedimento per disegnare edifici e paesaggi dal vero, che consisteva nel creare una camera oscura nella quale veniva praticato un unico foro su una parete, sul quale veniva posta una lente regolabile. 
Sulla parete opposta veniva così a proiettarsi un'immagine fedele e capovolta del paesaggio esterno, che poteva essere copiata su un foglio di carta ("velo") appositamente appeso, ottenendo un risultato di estrema precisione.
Con la camera oscura Leonardo intendeva dimostrare che le immagini hanno natura puntiforme, si propagano in modo rettilineo e vengono invertite dal foro, arrivando a ipotizzare che anche all'interno dell'occhio umano si avesse un analogo capovolgimento dell'immagine.



Le camere oscure furono largamente utilizzate dai pittori nell'impostazione di quadri con problemi prospettici: molti quadri del Canaletto (nel XVIII secolo) sono stati dipinti col suo ausilio (la camera oscura originale del pittore si trova ancor oggi al Museo Correr di Venezia).


Anche noi stiamo realizzando la nostra camera oscura, utilizzando
-una scatola di scarpe (colorata di nero all'interno)
-una lente
-uno specchietto
-un foglietto trasparente di plastica ruvida (ricavato dalla cover di una cartellina di plastica)
...ci manca ancora qualche passaggio ma siamo in dirittura d'arrivo!



Una volta realizzata la nostra camera usciremo all'aperto a catturare le immagini, che poi  le ingrandiremo con il sistema della quadrettatura o le trasformeremo attraverso l'anamorfismo, come ha fatto Hans Holbein il Giovane con il teschio, in primo piano, nel dipinto gli Ambasciatori (1533)

IIAL

Booktrailer: "Giuseppe e lo Sputafuoco" di Davide Sibaldi


realizzato dalla classe IIAL

giovedì 17 gennaio 2019

Rigoberta Menchù Tum (1959): "Sono come una goccia d'acqua su una roccia. A forza di cadere nello stesso punto, comincio a lasciare il segno, e il mio segno lo lascio nel cuore di molti"


C’era una volta una bambina alla quale dissero che non contava niente. Viveva tra le montagne del Guatemala, ma lei e i suoi familiari dovevano lavorare nelle valli raccogliendo i chicchi di caffè. I proprietari delle piantagioni li facevano faticare e li picchiavano se non erano abbastanza veloci nella raccolta. I lavoratori erano trattati come schiavi e pagati pochissimo. “La tua vita non vale un sacco di chicchi” le dicevano i suoi capi. “Mi chiamo Rigoberta” replicava lei, “e la mia vita vale quanto la vostra”.
Rigoberta era fiera della sua gente e della sua cultura. I Maya del Guatemala potevano far risalire la loro storia fino ai tempi molto antichi. Avevano avuto una civiltà splendida e ricca. Ma poi erano stati ridotti in povertà, e ormai venivano malmenati e addirittura uccisi dai soldati se solo osavano protestare.
Rigoberta cominciò a lottare per far avere al suo popolo condizioni migliori e uguali diritti. Organizzò scioperi e dimostrazioni. Anche se non sapeva leggere o scrivere, parlava con una tale convinzione che sempre più guatemaltechi aderirono alla sua causa. Molti vennero portati via e uccisi, compresi i genitori e il fratello di Rigoberta. Il governo tentò di farla tacere e i proprietari cercarono di piegarla ma nessuno riuscì a sconfiggere il suo spirito indomito. Lei continuò a raccontare la sua storia: non perché era la sua ma perché era la storia delle popolazioni indigene oppresse di tutto il mondo.
Rigoberta ha svolto un ruolo importante nel porre fine alla guerra civile in Guatemala. Per questo, e per aver passato la vita a sostenere i diritti dei poveri, le è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace.

biografia tratta da Storie della buonanotte per bambine ribelli 2 di Elena Favilli e Francesca Cavallo

Dal 2002 Rigoberta è stata insignita della cittadinanza onoraria di Caorle.

Booktrailer: "La vendetta del coltivatore di marmo" di Willy Van Doorselaer

scritto e illustrato da Eleonora Brando (IIAL)

Madre Teresa di Calcutta (1910 - 1997): "Molti parlano dei poveri, ma pochi parlano con i poveri"


Gonxha Bojaxhiu, la futura Madre Teresa, nasce nel 1910 a Skopje. 
Fin da piccola riceve un'educazione cattolica.
Nel 1928, Gonxha sente di essere attratta dalla vita religiosa. Va a Dublino dalle Suore di Nostra Signora di Loreto, dove matura il sentimento di voler «aiutare tutti gli uomini».
Gonxha è particolarmente attirata dalle missioni.
Viene mandata in India, a Darjeeling, dove, nel 1929, ha inizio il suo noviziato. Dato che l'insegnamento è la vocazione principale delle Suore di Loreto, lei stessa intraprende questa attività, in particolare seguendo le bambine povere del posto. 
Il 25 maggio 1931, pronuncia i voti religiosi e assume da quel momento il nome di Suor Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux. Per terminare gli studi, viene mandata, nel 1935, a Calcutta, città sovrappopolata ed insalubre. Lì si confronta di colpo con la realtà della miseria più nera che la lascia sconvolta.
Nel 1947 Suor Teresa indossa per la prima volta un "sari" (veste tradizionale delle donne indiane) bianco di un cotonato grezzo, ornato con un bordino azzurro, i colori della Vergine Maria. 
Sono sempre più numerose le giovani che vanno a condividere la vita di Madre Teresa. Nell'autunno del 1950, Papa Pio XII autorizza ufficialmente la "Congregazione delle Missionarie della Carità".
Nel 1952, a Suor Teresa viene l'idea di chiedere all'amministrazione comunale di Calcutta l'attribuzione di un locale per accogliervi gli agonizzanti senzatetto. Due anni dopo, Madre Teresa crea il "Centro di speranza e di vita" per accogliervi i bambini abbandonati.
Nel 1965, alcune Religiose vanno in Venezuela. Nel marzo del 1968, Paolo VI chiede a Madre Teresa di aprire una casa a Roma. Dopo aver visitato i sobborghi della città ed aver constatato che la miseria materiale e morale esiste anche nei paesi "sviluppati", lei accetta. Nello stesso tempo, le Suore operano nel Bangladesh, paese devastato da un'orribile guerra civile. 
Nel 1979 a Madre Teresa viene assegnato il Premio Nobel per la Pace. 
Madre Teresa è morta a Calcutta nel 1997.
Il 19 ottobre 2003, papa Giovanni Paolo II presiede la beatificazione di Madre Teresa davanti a un'emozionata folla di trecentomila fedeli.
La sua canonizzazione avviene il 4 settembre 2016 sotto il pontificato di Papa Francesco.

Ricerca a cura dei ragazzi delle Terze di La Salute

mercoledì 16 gennaio 2019

Booktrailer: "La fattoria degli animali" di George Orwell

scritto e illustrato da Thomas Freguia (IIAL)

STRANIERO A CHI? Pensieri di un finto venditore di rose


Tutto quello che sto per raccontare è successo oggi, martedì, 14 febbraio 2017, a Venezia.
Sono andato a dipingere l’appartamento, dove tra poco andrò a vivere, spero con il mio amore. 
Quando ho finito di dare la seconda mano di colore, dal momento che era tardi, così com'ero, con gli abiti da lavoro, sono corso in fioreria a prendere una rosa rossa e in gioielleria a ritirare l’anello che ho scelto per Giulia. 
Stasera le chiederò di sposarmi. Sarà un San Valentino molto speciale!
Passando per una calle molto stretta, intasata da turisti giunti in città per Carnevale, premuto dalla folla che marciava nelle due direzioni opposte, mi sono sbilanciato a sinistra verso una signora inglese che mi ha detto “no, thanks”. Io ho sorriso e le ho detto “this is not for you, it is for my girlfriend!”.
Lei ha riso, imbarazzata. In fin dei conti come darle torto, è facilissimo pensare che un indiano vestito con una tuta da imbianchino e una rosa rossa, in mano, sia un venditore ambulante!
Avrei dovuto spiegarle che in realtà sono italianissimo e fortunatissimo ad essere stato adottato, quando ero molto piccolo, da una deliziosa coppia di Veneziani e che sono stato ancora più fortunato ad aver incontrato, alla scuola superiore, una ragazza che si è innamorata di me, anche se ero tanto diverso dagli altri.
Comunque non mi sono offeso per il misunderstanding, ho solo pensato che queste situazioni, in futuro, saranno sempre meno frequenti, in fin dei conti, ai giorni nostri, non si pensa più che tutti i Tedeschi siano nazisti e nemmeno che tutti gli Italiani siano mafiosi.
Cambierà, sì, cambierà, anzi le cose sono già cambiate e stanno già cambiando. Giulia ed io siamo un effetto di questo cambiamento, di quest’apertura, di questo mondo dove esiste una sola razza: quella umana!

IIIBL

Rosa Parks (1913-2005): "Vorrei essere ricordata come una persona che voleva essere libera... perché anche altri potessero essere liberi."


Una volta la città di Montgomery, in Alabama, era una città segregata. Le persone nere e le persone bianche frequentavano scuole diverse, pregavano in chiese diverse, facevano la spesa in negozi diversi, usavano ascensori diversi e bevevano perfino da fontanelle pubbliche diverse. Tutti viaggiavano negli stessi autobus, però dovevano sedersi in settori diversi: i bianchi davanti, i neri dietro. Rosa Parks era cresciuta in questo mondo in bianco e nero. 
Per i neri era difficile, e molti erano tristi e arrabbiai a causa della segregazione, ma se protestavano venivano messi in prigione.
Un giorno Rosa, che allora aveva quarantadue anni, prese l’autobus per tornare a casa dopo il lavoro e si sedette dietro. L’autobus era molto pieno e non c’erano abbastanza posti davanti (nel settore riservato ai bianchi), così l’autista disse a Rosa di alzarsi e cedere il posto a un bianco.
Rosa disse no.
Passò la notte in prigione, ma questo atto di coraggio dimostrò alla gente che era possibile dire no all'ingiustizia.
Gli amici di Rosa organizzarono un boicottaggio. Chiesero a ogni persona nera della città di non prendere gli autobus di Montgomery finché le cose non fossero cambiate. Il passaparola fu rapido ed efficace. Il boicottaggio durò 381 giorni. Finì quando la segregazione negli autobus fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Ci vollero dieci anni perché la segregazione fosse bandita in tutti gli altri stati, ma alla fine accadde, grazie al primo, coraggioso “No” di Rosa.

biografia tratta da Storie della buonanotte per bambine ribelli di Elena Favilli e Francesca Cavallo

martedì 8 gennaio 2019

Film: Frankenweenie di Tim Burton (2012)

Il romanzo Frankenstein è stato fonte di ispirazione per molti artisti, tra questi c'è il regista Tim Burton con il suo Frankenweenie.


Il piccolo Victor Frankenstein presenta ai suoi genitori un piccolo film amatoriale di cui è protagonista il suo cane Sparky, unico vero amico del ragazzino che ha la passione per la scienza ed è tendenzialmente un solitario. 
Un giorno Sparky muore investito da un'auto. 
Il dolore per Victor è così forte che, in seguito a un esperimento su una rana a cui ha assistito nel corso di una lezione, decide di disseppellire il cane e di tentare di riportarlo in vita. 
L'operazione riesce ma ora Sparky va tenuto nascosto...

My name is Victor Frankenstein



On a ship in the Artic, Victor Frankenstein – ill and tired  - tells the story of his sad life to the British man of science, Robert Walton. He talks of his family and friends in Geneva, and of his love for the beautiful Elizabeth Lavenza. He speaks, too, about the terrible creature that he made from dead body parts when he was a university science student. He hates this monster, which has destroyed his life. But how does the monster feel about its maker?

lunedì 7 gennaio 2019

Frankenstein: i grandi temi dell'opera


I temi del romanzo di Mary Shelley Frankenstein sono almeno tre.
Il più evidente è il tema della scienza oltre i limiti: il giovane Viktor Frankenstein sembra infatti volersi sostituire a Dio nella sua funzione di Creatore, da qui il sottotitolo dell’opera “moderno Prometeo”.
Un altro tema è quello del doppio, visto che Victor Frankenstein e la creatura, alla fine, sembrano quasi essere l’uno il doppio dell’altro: se da una parte lo scienziato vuole creare la vita dalla morte, il mostro invece crea morte. 
Molto forte nel romanzo Frankenstein è, anche, la tematica del pregiudizio di cui è vittima la creatura, per via del suo aspetto fisico inquietante.
Il mostro non “nasce” cattivo, lo diventa a causa della solitudine che è costretto a subire, che gli  procura, inizialmente, tristezza e malinconia, per poi trasformarsi in una crescente rabbia alimentata dal domandarsi il perché di tutto ciò, cioè il senso dell'abbandono da parte di chi l’ha creato.
Analizzando i temi di Frankenstein, ci rendiamo subito conto che questo libro, data la grande attualità dei temi, è un classico, cioè, come direbbe Italo Calvino, un libro che non ha ancora finito di dire quel che ha da dire.

IIIBL