Carissimo lettore,
il nostro professore di italiano ci ha detto che per casa dovevamo scrivere un “testo autobiografico” dove raccontavamo di un momento/periodo della nostra vita di cui avevamo nostalgia. E allora io mi sono chiesta: qual è il momento più bello della mia vita di cui ho nostalgia?
Sono sicura che mi dirai che dovrei saperlo, ma ripercorrendo la mia vita non ho trovato un momento così forte da farmi venire nostalgia. Potrei mentire spudoratamente al professore, facendo l’ipocrita e dire che “Il momento di cui ho tanta nostalgia è quando andavo all'asilo nido” e raccontare tutte le cose poco impegnative che facevamo quando usavamo ancora il pannolino. Che poi è vero che io, a volte, rimpiango questi momenti, ma non ne ho nostalgia perché, è vero, a tutti piacerebbe non fare niente in alcuni attimi di stress, ma non so se anche tu rinunceresti veramente a tutte le tue conoscenze per ritornare a fartela addosso.
Sicuramente, alla fine della 5a elementare, l’ultimo giorno di scuola (e quando dico ultimo, era veramente l’ultimo), mi sarebbe piaciuto ritornare in prima e rifarmi tutti i cinque anni di scuola primaria, ma solo perché in quel preciso giorno mi sembrava veramente di avere un legame forte con tutti i ventidue compagni di classe: era il venerdì della prima settimana di giugno del 2016, un giorno caldo, passato a divertirci con il resto della scuola; quel giorno era passato velocemente e il divertimento aveva fatto scorrere il tempo in modo supersonico (pensa ad una Lamborghini fusa con una Ferrari) e ormai la giornata di scuola era finita. Stavo facendo lo zaino e ormai mi mancavano pochi libri da sistemare; non mi ricordo come e non mi ricordo perché ma ci ritrovammo tutti a piangere: forse perché eravamo stanchi, forse perché non riuscivamo a lasciare la classe, forse perché eravamo consapevoli che non ci saremmo più visti, ma ci ritrovammo a piangere e ad abbracciarci. Pure una mia compagna sempre impassibile si era messa a piangere: cosa che non era quasi mai successa in cinque anni di scuola. Fatto sta che tutte le classi che sono passate davanti alla nostra porta aperta (e sì, anche la classe del mio caro fratellino, che poi mi ha detto, quando l’ho accusato che stava ridendo di noi, che in quel momento stava ridendo per una cosa che gli aveva detto uno dei suoi compagni) si sono messe a ridere, inconsapevoli del nostro puro dolore e alla fine sono venuti a prenderci i nostri genitori, con gli ombrelli in mano, e quella giornata che incominciò col caldo e la felicità si trasformò in un lugubre, triste e piovoso giorno di fine primavera. In quel momento ero sicura che il tempo invece era consapevole di ciò che provavamo (come la natura in “Solo e pensoso” di Petrarca), ma non avevo capito che il meteo in primavera fa molto spesso questi scherzi.
Passò un’estate all’insegna del divertimento, della spensieratezza e della paura per la scuola media; all’inizio dell’anno scolastico ci ritrovammo tutti in cortile, a parte uno o due compagni che erano andati a frequentare scuole in altri paesi. Eravamo tutti felici di rivederci e le prime settimane ci salutavamo sempre, ma poi, a fine settembre, cominciammo a ignorare l’esistenza di tutti i nostri ex-compagni. Tant’è vero che me la sono pure presa perché una di loro, che consideravo la mia migliore amica, mi ha invitato al suo compleanno e mi ha ignorato per tutto il tempo e sono rimasta con gli altri maschi e suo fratello a giocare a braccio di ferro (alle elementari riusciva a battermi, ma poi l’ho sconfitto con una rivincita). In quel momento avevo aperto gli occhi su quello che stava accadendo alla nostra amicizia: mi sentivo così stupida. Alla fine ho capito che certe amicizie sono vere come il sole che sorge ogni giorno, altre invece sono false come le ultime tre paia di costole della gabbia toracica. Comunque mi sono ritrovata nella nuova classe con compagni simpatici e con qualcuno di loro ho stretto un’amicizia divertente.
Chissà se in prima superiore rimpiangerò la seconda media.
Selma Matilde Ahmed Mohammed IIC
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