Le invenzioni di Galileo
Era la terza volta che si
alzava dal letto quella notte.
"Ancora una volta ho
mangiato troppo, maledizione, e ora non riesco a dormire". Ma
non era solo quello che lo rendeva così inquieto. Era quello che
aveva visto con un aggeggio che andava perfezionando da un po': "il
tubo" di un occhialaio olandese con cui si vedevano vicine le
cose lontane. Pensava di venderlo alla Marina Veneziana: poteva
essere un bel colpo, utilissimo per vedere le navi dei pirati dalmati
che assalivano le navi della Repubblica Serenissima, prima di essere
visti e così poter scappare. Ma quello che Galileo aveva visto
alzando il cannocchiale al cielo lo aveva turbato a fondo e aveva
acceso la sua curiosità. Aveva visto, 8 volte più grande che a
occhio nudo, la Luna su cui c'erano montagne e ombre, crateri,
deserti. Altro che corpo perfetto come si credeva! E quelle piccole
stelle che aveva visto la prima volta il 7 gennaio 1610 vicino a
Giove. Prima tre, poi due e poi quattro, tutto in 7 giorni. E non
stavano fisse ma seguivano Giove: cos'erano? E come poteva accadere
se, come si credeva, era la Terra al centro dell'Universo e le stelle
giravano intorno? No, non poteva dirlo, nessuno gli avrebbe creduto.
Era quasi l'alba del 16 gennaio 1610 quando smise di rimuginare.
"Proprio io che insegno che quel che vale è l'evidenza delle
esperienze che possiamo fare e rifare non posso stare zitto. Devo
dire tutto e al diavolo se nessuno mi crederà".
Ritrovata la calma,
Galileo prese carta e penna e iniziò a scrivere il Sidereus Nuncius
(L'avviso astronomico), un libro in cui c'era tutto quello che aveva
visto: da quel momento, quello che l'uomo pensava del cielo cambiò
per sempre.
Tratto da Padova a testa in su
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