Alla fine della Prima Guerra Mondiale, si afferma in Italia un nuovo modo di fare poesia che accomuna alcuni grandi scrittori come Ungaretti, Montale, Saba, Quasimodo.
Per definire queste poesie oscure, enigmatiche, di difficile interpretazione, il critico letterario Francesco Flora conia la parola Ermetismo, le cui caratteristiche principali sono:
- la brevità dell'intera composizione e del singolo verso;
- lo stile frammentario e aspro, che riflette in letteratura il sentimento di fragilità e insicurezza di un'epoca caratterizzata dalla perdita delle certezze e valori e dal timore per la guerra e le sue conseguenze;
- la rottura con le forme metriche della tradizione e la predilezione per il verso libero;
- l'uso di metafore, analogie, similitudini capaci di sintetizzare grandi concetti in poche parole;
- le tematiche intimistiche e autobiografiche, che intendono far luce con sincerità sugli stati d'animo del poeta (malinconia, gioia, dolore, insicurezza) per poterli condividere con i lettori;
- la riflessione sull'incomunicabilità e sulla solitudine umana.
Più che una corrente vera e propria, l'Ermetismo è stato definito come l'atteggiamento, comune a diversi intellettuali italiani tra le due guerre, di delusione verso gli ideali patriottici che avevano spinto a partecipare con entusiasmo alla guerra. Di fronte alla scoperta che ogni conflitto è solo distruzione e lutto, non c'è altra scelta che rifugiarsi nella poesia, vista come un "porto" sicuro dove poter riflettere sulla condizione dell'uomo e sul significato della vita stessa.
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