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venerdì 10 gennaio 2020

Furto al museo


La zona dedicata all'arte del museo era chiusa. 
Era stato rubato nella notte il prezioso quadro di Van Gogh in mostra a Milano.
Perissinotto Beatrice, trentacinque anni, alta 1,66 metri, occhi color nocciola e capelli a caschetto castani, nonché nota investigatrice, era già al lavoro. 
Erano già stati ritrovati alcuni indizi: un guanto grande e blu, una rosa rossa, un biglietto un gessetto bianco e una gomma da masticare, masticata appiccicata al biglietto. Sul biglietto c’era scritto in penna verde “da qui al museo, dieci minuti e sette secondi (da fuori dal cancello)”. Arrivò la segretaria del museo: “Trovato nulla?”, chiese. Beatrice mostrò i quattro oggetti. “Oh!”, ribatté la segretaria. “Il direttore è molto preoccupato, quel quadro vale milioni”. “Lo so”, disse Beatrice secca.
Arrivò un artista molto giovane che frequentava spesso il museo in cerca di ispirazione, il suo nome era Federico “So che quel quadro era molto ammirato da un signore coi capelli neri. Ma non aveva l’aria di essere un ladro.” Mmh” disse Beatrice. Detto questo uscì, camminò svelta verso una casa.
Potrebbe sembrare incredibile, ma in quella zona di Milano c’erano solo due signori coi capelli neri: un lavoratore on-line che usciva di casa solo per ritirare la posta e il postino, che era stato molte volte al museo. Beatrice vide il postino nel suo giardino mentre tagliava l’erba. “Buongiorno” disse Beatrice “Buongiorno!” salutò caloroso il postino. “Come sta?” chiese il postino “Bene, la ringrazio. Sono in servizio, hai saputo del furto…” “ …Al museo? Ma come fare a non saperlo! Ne parlano da ore. Nei pub soprattutto, sembra che non parlino di altro!” 
“Vorrei farle qualche domandina.” Il postino rimase di sasso.
“Cos'ha fatto la notte scorsa?” chiese Beatrice. “Ho dormito nel mio letto, mi sono alzato alle due perché mia figlia piangeva e le ho dato un biberon di latte. Alle cinque e mezza ho cominciato a consegnare le lettere.” Disse lui onesto. “Di quanti centimetri è il quadro?” “Non ne ho idea…” “Con che tecnica è stato dipinto?” “Credo a olio o…” “Va bene può bastare. Posso perquisire un minutino la casa?”
A mezzogiorno e mezzo il postino era stato dichiarato innocente. Beatrice camminò in giro per le strade, stando attenta a chi indossava guanti, ai giardini con rose rosse, a chi masticava gomme… 
Era inverno, alle quattro iniziava a fare buio, ma alle cinque Beatrice era ancora in giro. Poi le venne in mente il biglietto:“da qui al museo, dieci minuti e sette secondi.( da fuori dal cancello)”. Beatrice andò a casa, prese un cronometro e dal museo percorse a piedi camminando diverse vie, fermandosi ogni volta a dieci minuti e sette secondi. Non si fermava mai in un punto con un cancello, si fermava o vicino a un semaforo, o in una curva, in un piccolo parcheggio… erano quasi le otto, faceva molto freddo, provò un'altra via. Dieci e cinque, dieci e sei, dieci e sette. Fermò il cronometro: era davanti a un cancello di un condominio.
Due giorni dopo, era stato fatto un interrogatorio a tutti gli abitanti del condominio di via Dei Rossi. 
C'erano quattro appartamenti: nel primo abitava una giovane coppia; la donna era incinta. Nel secondo abitavano due signori di circa novant'anni, nel terzo due sorelle gemelle di venticinque anni e nel quarto un ragazzone che viveva da solo. Si dimostrarono tutti molto gentili e disponibili. Provarono tutti a riscrivere il biglietto su un foglio di carta; magari così si poteva riconoscere la calligrafia del biglietto. Quella dell’anziana signora ci assomigliava, ma non poteva essere concretamente lei. Beatrice ispezionò tutte le case. Il ragazzo sembrava molto teso, sosteneva di non trovare le chiavi di casa. Poi le trovò, invece. Beatrice entrò, perquisì la casa da cima a fondo, interrogò l’uomo di nuovo; lui si chiamava Joe Robin. Non aveva nulla da nascondere ed era un uomo perbene. Beatrice era convinta che le fosse sfuggito qualcosa, ma cosa? Aveva interrogato tutti e ispezionato le case. Cos'altro poteva fare? Ma certo! Avrebbe sorvegliato il condominio durante la notte! Oltre a quella principale, non c’erano altre porte, perciò avrebbe sorpreso il ladro. Montò una tenda con il consenso delle forze dell’ordine in strada, davanti al condominio. Passò una settimana in bianco. Tornò a casa e dopo una bella dormita suo marito le chiese “Problemi con il ladro? Nostra figlia Gemma è preoccupata per te.” Beatrice sospirò “Lo so è che devo trovare quel ladro, capisci?” “Se ti può essere utile: non tutti gli indizi sono sempre utili, alcuni sono lì per confondere.” “Credo che il guanto e il gessetto non c’entrino nulla.” Ragionò Beatrice “Coraggio, pensa.” Beatrice chiuse gli occhi e pensò a lungo. “Certo!” esclamò “Ho capito! Grazie mille! Sarà la mia ultima notte fuori.”
A mezzanotte una figura con il cappuccio in testa uscì dal condominio, correndo. Beatrice accese la torcia e lo seguì. “Fermo!” gridò. Erano vicini alla stazione dei treni, il malvivente aveva il quadro sottobraccio. Svegliati dalle grida dell’investigatrice, molte persone erano scese in strada a darle una mano, il postino corse davanti a tutti, saltò e prese l’uomo, che venne arrestato. Joe Robin, trentaquattro anni, nativo americano, voleva rivendere il quadro, ma era stato fermato una volta per tutte.

Serena Perissinotto IIAL

lunedì 23 settembre 2019

"Io, Leonardo da Vinci" di Massimo Polidoro (2019)


Un giorno Massimo Polidoro, mentre stava scrivendo un libro sul grande Leonardo, sentì bussare alla sua porta. 
Andò ad aprire; non aspettava nessuno. 
Appena aprì si trovò davanti un uomo anziano con una lunga barba bianca e folti capelli grigi.
L'anziano si presentò come Leonardo da Vinci; Massimo si mise a ridere pensando che fosse uno scherzo, poi fece accomodare l'uomo. 
Quest'ultimo cominciò a raccontare com'era giunto fin lì: era a Milano per farsi fare una cassa, nella quale mettere i suoi appunti, sapendo che a quell'indirizzo c'era un bravo falegname, ma mentre bussava alla porta della bottega, una luce lo abbagliò e così si trovò davanti Massimo... probabilmente aveva viaggiato nel tempo!

Sarà davvero Leonardo? Sarà uno scherzo? Sarà un sogno?

Lo scoprirete solo leggendo!

Emilia Brichese IIBL

mercoledì 6 febbraio 2019

Liliana Segre:"L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa"



Liliana Segre è nata a Milano nel 1930, in una famiglia ebraica. Da piccola viene espulsa dalla scuola a soli otto anni, a seguito dell'intensificarsi delle leggi razziali in Italia. Nel 1943 la famiglia cerca di sfuggire in Svizzera, ma viene respinta dalle guardie di frontiera: il giorno dopo lei e il padre vengono arrestati in provincia di Varese. A soli 13 anni, Liliana Segre viene internata nel campo di concentramento di Auschwitz - Birkenau, dove ha perso il padre e i nonni paterni e dal quale verrà liberata nel 1945. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati a Auschwitz, Liliana è tra i soli 25 sopravvissuti. Per molto tempo non ha voluto parlare della propria esperienza, poi nel 1990, ha cominciato a girare per le scuole a raccontare quegli anni terribili. Nel 2004 è stata insignita del titolo di Commendatore della Repubblica, su iniziativa di Carlo Azeglio Ciampi. Tra i libri in cui porta la sua importante testimonianza, ricordiamo Fino a quando la mia stella brillerà, La memoria rende liberi e Scolpitelo nel vostro cuore. È Presidente del comitato per le Pietre d'inciampo - Milano, che raccoglie tutte le associazioni legate alla memoria della Resistenza, delle deportazioni e dell'antifascismo. Nel 2008 ha ricevuto la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'università degli Studi di Trieste e nel 2010 quella in Scienze pedagogiche dall'università degli Studi di Verona. Nel 2018 è stata nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica  Mattarella per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale.
Ecco un breve estratto del suo discorso in occasione della nomina: «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare»

martedì 22 gennaio 2019

Da non perdere: "Figli del destino" di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli


Mercoledì 23 gennaio 2019, alle 21.25,  andrà in onda su Rai 1, la docufiction Figli del destino, per la regia di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli, che raccoglie le testimonianze e le storie di quattro bambini che, nel 1938, furono espulsi dalla scuola in quanto ebrei. 
Fra questi c'è anche la Senatrice Liliana Segre, da sempre in prima linea contro l'antisemitismo e le discriminazioni. Gli altri piccoli protagonisti sono Tullio Foà, Lia Levi e Guido Cava.

Consiglio di lettura: "Fino a quando la mia stella brillerà" di Liliana Segre con Daniela Palumbo

La sera in cui a Liliana viene detto che non potrà più andare a scuola, lei non sa nemmeno di essere ebrea. In poco tempo i giochi, le corse coi cavalli e i regali di suo papà diventano un ricordo e Liliana si ritrova prima emarginata, poi senza una casa, infine in fuga e arrestata. A tredici anni viene deportata ad Auschwitz. Parte il 30 gennaio del 1944 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano e sarà l'unica bambina di quel treno a tornare indietro. Ogni sera nel campo cercava in cielo la sua stella. Poi ripeteva dentro di sé: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare.


IIIBL


mercoledì 16 maggio 2018

Diario di una bella esperienza: Giochi Matematici all'Università Bocconi di Milano



Venerdì, 11 maggio 2018  
Sono appena uscito da scuola. Questa settimana il mio impegno però non finisce qui, perché domani parteciperò alla finale italiana delle olimpiadi della matematica, presso l'Università Bocconi di Milano. Mi sento molto emozionato!
Ricordo quanto fui sorpreso quando una sera mi arrivò una mail dove mi si comunicava che ero passato alla finale: sono arrivato settimo ai giochi provinciali! Ero felicissimo, ma un po' preoccupato di non farcela. Questa sera però, non ci penso e vado al compleanno di una mia compagna, con tutti i miei amici.

Sabato, 12 maggio 2018 
Oggi è il grande giorno. La sveglia suona alle 6:15. Mia mamma mi sveglia, mi vesto e parto. Colazione al bar con una buona brioche e poi alle 7:15 mi incontro davanti all'istituto Scarpa con gli altri miei compagni di avventura. Del mio istituto siamo in 3 ma solo io da La Salute. La corriera parte in orario e alle 12 arriviamo all'Università Bocconi di Milano. L'edificio è enorme, maestoso e luminoso. Tutto è pronto per accoglierci con slogan, manifesti e gadget che descrivono le olimpiadi. Noi concorrenti siamo veramente tanti. Della mia categoria siamo in 2000! Abbiamo mangiato un bel panino e alle 13:30 ci siamo recati ognuno presso l'aula assegnata. Io vado nell'aula 12 al primo piano. L'aula è grande fatta a gradoni con i banchi a semicerchio. Ora inizio ad aver paura! Ci consegnano le prove e inizia il tempo: 10 problemi in 90 minuti al massimo, ma io so che i più bravi ci metteranno tra i 30 e i 40 minuti. Inizio subito il mio compito e il tempo scorre. Arrivo al nono problema e li mi blocco: questo non lo capisco! Solo dopo mi rendo conto di averlo letto male, ma in quel momento vado in panico perché il tempo scorre. Passo al decimo problema lo risolvo e così ritorno sul nono, ma purtroppo il tempo è scaduto e così consegno. Esco dall'aula e incontro i miei genitori in mezzo a tanta gente. Noi ragazzi ci rechiamo nell'aula premiazioni e li iniziano a correggere la prova e mi accorgo di aver sbagliato anche qualcos'altro, ma mi consola il fatto che tanti come me avevano fatto degli errori. Alla fine non so che posizione di classifica ho ottenuto, perché su 2000 partecipanti, vengono premiati solo i primi 120. Solo tre ragazzi hanno fatto tutti gli esercizi giusti. I primi 5 andranno a Parigi per le finali internazionali. Anche se non ho vinto, per me è stata una bellissima esperienza. Ho visto un posto nuovo, ho conosciuto nuovi amici, ma soprattutto ho affrontato una grande sfida. Alla fine posso dire di aver fatto un esame alla Bocconi di Milano! Chissà forse un giorno magari succederà veramente.
Ringrazio il mio Professore di matematica Ferrazzo per aver permesso a me e alla mia classe di partecipare a questa gara. Spero di rifarlo il prossimo anno, ovviamente classificandomi per le finali. 
Alle 18:45 siamo tutti in corriera pronti a ripartire. La sede di San Donà di Piave porta a casa tre premi in tre categorie diverse e di questo siamo tutti felici. Un po' mi dispiace perché un pochino ci speravo di andare a Parigi alle finali internazionali.

13 maggio 2018 
Oggi è domenica e mia mamma mi ha fatto dormire di più visto che siamo tornati tardi. Ripenso a dov'ero ieri e mi sento orgoglioso di quello che ho fatto. Non ho vinto, ma ho partecipato e questo è l'importante!


Nicolò Bonafini IIBL