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lunedì 5 dicembre 2022

Il furto della collana di Margaret Davies


New York 2014, ore 23.30.

Stavo seduto sulla mia poltrona rossa davanti al caminetto, quando il telefono squillò. Alzai la cornetta (sì, noi investigatori abbiamo anche un telefono fisso, capite, per fare più scena) e risposi:

“Pronto? Sono il signor Fox, investigatore privato”

“Buonasera, signor Fox, sono Margaret Davies” mi salutò una voce debole, ma amichevole:

“Scusi l’orario, ma volevo contattarla per un furto. Vede, ieri sera era il compleanno di mio figlio, e quindi l’abbiamo festeggiato nella mia villa. Questa mattina mi sono svegliata e non ho più trovato la mia preziosa collana con diamanti, rubini, smeraldi e zaffiri.”

“Doveva valere una fortuna!” la interruppi.

“Ovviamente, ma per me non aveva solo un valore oggettivo, ma anche affettivo: me l’aveva regalata mio marito Jonathan, deceduto otto anni fa”.

“Quindi vorrebbe che io la ritrovassi?”

“Certo, se per lei va bene”.

“Raduni tutti gli ospiti che c’erano ieri sera: sto arrivando.” Abbassai la cornetta, mi misi un giubbotto e partii.

Arrivato davanti al cancello suonai il campanello. Al citofono mi rispose la stessa signora che mi aveva telefonato: “Chi è?”

“Sono il signor Fox”

“Entri pure”.

Il cancello si aprì. Una stretta stradina conduceva ad un'enorme villa che sorgeva su una collinetta.

Percorsa la stradina, bussai alla porta della villa. Mi accolse una vecchietta che dimostrava circa novant’anni. Indossava una vestaglia a fiori, portava occhiali tondi e aveva capelli grigi raccolti con buffi bigodini rosa.

“La signora Davies, presumo” dissi appena entrai in casa.

“Certo” rispose lei.

Mi tolsi il capotto, mentre la signora Davies mi accompagnava in cucina. Attorno al tavolo, vidi una decina di persone agitate che parlavano tra di loro. Pensai fossero i parenti e gli amici invitati alla festa: c’erano i due figli di Margaret con le loro mogli, i nipoti, la sorella, alcuni amici e la donna delle pulizie.

Li interrogai uno per uno, riuscendo a ricostruire gli avvenimenti della sera precedente: avevano mangiato, ballato e, verso mezzanotte, gli ospiti avevano iniziato a tornare alle proprie abitazioni.

Tutti si incolpavano a vicenda, ma molti sospettavano di David, il nipote della signora Davies. La stessa Margaret dubitava del nipote, visto che quella mattina si era comprato una nuova Ferrari, ma David aveva un alibi di ferro: era a Dubai per lavoro da qualche settimana.

Dopo di che andai ad ispezionare la camera da letto della signora Davies, visto che era  proprio lì che custodiva la sua collana. Trovai, per terra, uno straccio e lo mostrai alla signora Davies. Mi disse che apparteneva a Samantha, la donna delle pulizie e che, probabilmente, le era caduto mentre puliva la stanza. Cercai meglio e trovai un capello lungo e castano sul piedistallo su cui era custodita la collana. Pensai appartenesse al ladro e, per questo, lo feci analizzare da un amico che lavorava nella scientifica. Dopo circa venti minuti arrivò un riscontro: apparteneva ad una certa Kate Sullivan. Chiesi a Margaret se conosceva qualcuno con quel nome e lei, stupita, disse che era la moglie di suo figlio (cinquantenne). Stavo per uscire, quando sentii un gradevole, ma insolito profumo nell’aria. Non avevo mai sentito quello specifico profumo, ma riuscii a capire che apparteneva ad una linea di profumi, Nature&Co, che vendeva mia sorella Sarah.

Salutai la signora Davies e mi diressi verso casa mia.

Il giorno dopo andai a casa di Kate per farle alcune domande.

Bussai alla porta e mi aprì una ragazza di circa sedici anni, con i capelli biondi ed un vestito azzurro. Le mostrai il mio distintivo e le dissi che volevo parlare con Kate Sullivan.

Lei mi fece accomodare e chiamò sua madre, una signora di circa quarant’anni con i capelli castani e gli occhi verdi, che indossava maglietta e pantaloni grigi.

Mentre l’aspettavo sentii nell’aria lo stesso profumo che mi aveva incuriosito a casa della signora Davies.

Parlando con Kate, capii che era molto affascinata dalla collana, ma, appena le dissi del capello, scattò subito sulla difensiva. Molto sospetto, ma non avevo tante prove. Perciò, deluso ma motivato, tornai a casa mia e pensai, pensai e pensai, ma senza risultati. Il giorno dopo tornai a casa Davies, sulla scena del crimine. Riflettei sulle prove trovate: un capello, il profumo e, anche se non importante, lo straccio. Tutte riconducevano a Kate. Mancava solo un pezzo del puzzle: in che modo avrebbe potuto rubare la collana? Era stata sempre insieme al marito la sera della festa.

Così si creò un'idea dentro la mia testa, corsi subito nella camera di Margaret, e lì trovai la donna delle pulizie intenta a cancellare le prove! Restai a bocca aperta; questo era uno dei più gravi reati nel mondo del crimine: occultare le prove ostacolando le indagini! La bloccai subito e la arrestai.

Interrogandola, crollò rivelando tutto: era molto invidiosa di quella collana e quindi, la sera della festa, la rubò.

Venne messa in prigione e, il giorno dopo, venne ritrovata la collana.

La signora Davies mi ringraziò moltissimo, ma io le dissi che non era stata un’impresa difficile.

Tornai a casa e continuai quello che avevo lasciato a metà: accesi il caminetto, mi sedetti sulla mia poltrona rossa, aprii il mio libro e cominciai a leggere.

Tommaso Vio IIBL

venerdì 10 gennaio 2020

Furto al museo


La zona dedicata all'arte del museo era chiusa. 
Era stato rubato nella notte il prezioso quadro di Van Gogh in mostra a Milano.
Perissinotto Beatrice, trentacinque anni, alta 1,66 metri, occhi color nocciola e capelli a caschetto castani, nonché nota investigatrice, era già al lavoro. 
Erano già stati ritrovati alcuni indizi: un guanto grande e blu, una rosa rossa, un biglietto un gessetto bianco e una gomma da masticare, masticata appiccicata al biglietto. Sul biglietto c’era scritto in penna verde “da qui al museo, dieci minuti e sette secondi (da fuori dal cancello)”. Arrivò la segretaria del museo: “Trovato nulla?”, chiese. Beatrice mostrò i quattro oggetti. “Oh!”, ribatté la segretaria. “Il direttore è molto preoccupato, quel quadro vale milioni”. “Lo so”, disse Beatrice secca.
Arrivò un artista molto giovane che frequentava spesso il museo in cerca di ispirazione, il suo nome era Federico “So che quel quadro era molto ammirato da un signore coi capelli neri. Ma non aveva l’aria di essere un ladro.” Mmh” disse Beatrice. Detto questo uscì, camminò svelta verso una casa.
Potrebbe sembrare incredibile, ma in quella zona di Milano c’erano solo due signori coi capelli neri: un lavoratore on-line che usciva di casa solo per ritirare la posta e il postino, che era stato molte volte al museo. Beatrice vide il postino nel suo giardino mentre tagliava l’erba. “Buongiorno” disse Beatrice “Buongiorno!” salutò caloroso il postino. “Come sta?” chiese il postino “Bene, la ringrazio. Sono in servizio, hai saputo del furto…” “ …Al museo? Ma come fare a non saperlo! Ne parlano da ore. Nei pub soprattutto, sembra che non parlino di altro!” 
“Vorrei farle qualche domandina.” Il postino rimase di sasso.
“Cos'ha fatto la notte scorsa?” chiese Beatrice. “Ho dormito nel mio letto, mi sono alzato alle due perché mia figlia piangeva e le ho dato un biberon di latte. Alle cinque e mezza ho cominciato a consegnare le lettere.” Disse lui onesto. “Di quanti centimetri è il quadro?” “Non ne ho idea…” “Con che tecnica è stato dipinto?” “Credo a olio o…” “Va bene può bastare. Posso perquisire un minutino la casa?”
A mezzogiorno e mezzo il postino era stato dichiarato innocente. Beatrice camminò in giro per le strade, stando attenta a chi indossava guanti, ai giardini con rose rosse, a chi masticava gomme… 
Era inverno, alle quattro iniziava a fare buio, ma alle cinque Beatrice era ancora in giro. Poi le venne in mente il biglietto:“da qui al museo, dieci minuti e sette secondi.( da fuori dal cancello)”. Beatrice andò a casa, prese un cronometro e dal museo percorse a piedi camminando diverse vie, fermandosi ogni volta a dieci minuti e sette secondi. Non si fermava mai in un punto con un cancello, si fermava o vicino a un semaforo, o in una curva, in un piccolo parcheggio… erano quasi le otto, faceva molto freddo, provò un'altra via. Dieci e cinque, dieci e sei, dieci e sette. Fermò il cronometro: era davanti a un cancello di un condominio.
Due giorni dopo, era stato fatto un interrogatorio a tutti gli abitanti del condominio di via Dei Rossi. 
C'erano quattro appartamenti: nel primo abitava una giovane coppia; la donna era incinta. Nel secondo abitavano due signori di circa novant'anni, nel terzo due sorelle gemelle di venticinque anni e nel quarto un ragazzone che viveva da solo. Si dimostrarono tutti molto gentili e disponibili. Provarono tutti a riscrivere il biglietto su un foglio di carta; magari così si poteva riconoscere la calligrafia del biglietto. Quella dell’anziana signora ci assomigliava, ma non poteva essere concretamente lei. Beatrice ispezionò tutte le case. Il ragazzo sembrava molto teso, sosteneva di non trovare le chiavi di casa. Poi le trovò, invece. Beatrice entrò, perquisì la casa da cima a fondo, interrogò l’uomo di nuovo; lui si chiamava Joe Robin. Non aveva nulla da nascondere ed era un uomo perbene. Beatrice era convinta che le fosse sfuggito qualcosa, ma cosa? Aveva interrogato tutti e ispezionato le case. Cos'altro poteva fare? Ma certo! Avrebbe sorvegliato il condominio durante la notte! Oltre a quella principale, non c’erano altre porte, perciò avrebbe sorpreso il ladro. Montò una tenda con il consenso delle forze dell’ordine in strada, davanti al condominio. Passò una settimana in bianco. Tornò a casa e dopo una bella dormita suo marito le chiese “Problemi con il ladro? Nostra figlia Gemma è preoccupata per te.” Beatrice sospirò “Lo so è che devo trovare quel ladro, capisci?” “Se ti può essere utile: non tutti gli indizi sono sempre utili, alcuni sono lì per confondere.” “Credo che il guanto e il gessetto non c’entrino nulla.” Ragionò Beatrice “Coraggio, pensa.” Beatrice chiuse gli occhi e pensò a lungo. “Certo!” esclamò “Ho capito! Grazie mille! Sarà la mia ultima notte fuori.”
A mezzanotte una figura con il cappuccio in testa uscì dal condominio, correndo. Beatrice accese la torcia e lo seguì. “Fermo!” gridò. Erano vicini alla stazione dei treni, il malvivente aveva il quadro sottobraccio. Svegliati dalle grida dell’investigatrice, molte persone erano scese in strada a darle una mano, il postino corse davanti a tutti, saltò e prese l’uomo, che venne arrestato. Joe Robin, trentaquattro anni, nativo americano, voleva rivendere il quadro, ma era stato fermato una volta per tutte.

Serena Perissinotto IIAL

Giallo: ...di tutto per soldi



Era il 27 febbraio 2015 e quel giorno ci sarebbe stata una mostra d’arte. Il direttore del museo era andato a controllare che tutto fosse apposto mezz'ora prima, quando ancora nessuno era lì. Qualche minuto dopo sarebbe arrivata anche la segretaria per aiutarlo a sistemare le ultime cose. Appena arrivata indossava un cappotto lungo nero e dei guanti rosa. Tolse il cappotto, lo mise sull'attaccapanni e mise i guanti rosa in tasca quasi come se non volesse che qualcuno li vedesse e poi andò dal direttore che la aspettava in ufficio.
Arrivò l’ora dell’inizio della mostra (alle sette in punto della sera). Era già buio fuori, senza le luci accese non si sarebbe visto nulla. Stranamente le persone venute per visitare il museo erano poche, circa una decina. C’era una famiglia composta da cinque persone, una giovane ragazza che frequentava spesso il museo, due fratelli e una coppia di innamorati. Iniziarono il giro del museo con la segretaria che esponeva loro i quadri e il loro valore, ma ogni due minuti la giovane ragazza che frequentava spesso il museo la interrompeva per aggiungere qualcosa che lei non aveva detto. La segretaria (stranamente non ancora interrotta) stava finendo di “raccontare” il penultimo quadro, ma quasi nessuno la stava ascoltando… forse perché erano tutti ansiosi di arrivare all'ultimo, il più bello e costoso, “Notte stellata” di Van Gogh. Le persone stavano per dirigersi a vedere il quadro, quando saltò la luce per qualche minuto. Appena tornò la luce il quadro “Notte stellata” non c’era più. Le uniche persone presenti al museo erano ancora lì, tranne il direttore che era in ufficio, che, tornata la luce, andò a controllare che fosse tutto apposto e chiamò la polizia per il quadro. Appena arrivata, la polizia notò un particolare che poteva sembrare sospetto. Sotto la parete a cui era appeso il quadro c’era un biglietto con una rosa sopra, c’era scritto: “Una rosa rossa per un quadro blu”, la scrittura era quasi illeggibile, ma sicuramente il ladro l’aveva fatto per non farsi scoprire. Guardando attentamente i sospettati uno dei due fratelli disse: “Io sono Scarret, sono appassionato dei libri gialli e vi potrei aiutare a risolvere il caso, ad esempio, vedo che Edward, mio fratello ha un petalo di rosa sulla scarpa. Edward cercò di giustificarsi dicendo che poteva succedere a chiunque di loro, il ladro stava cercando di incastrarlo! Non c’erano impronte digitali, il ladro aveva sicuramente usato dei guanti. Scarret si guardò silenziosamente intorno, lì non c’era niente, allora provò ad andare a vedere all'entrata, magari lì era caduto un guanto proprio sotto il cappotto. Andando a vedere, notò che c’era un guanto rosa sopra la scrivania della segretaria del direttore. La segretaria disse che non sapeva come fosse finito lì quel guanto, lei l’aveva lasciato nel cappotto appena arrivata. "Stanno cercando di incastrarmi!" disse. La polizia non sapeva chi fosse il colpevole, sembravano tutti coinvolti a parte la coppia e la famiglia che lasciarono andare. La giovane ragazza preferirono trattenerla ancora. Non si sapeva chi fosse stato, quindi, in attesa di altri indizi, vietarono alle persone rimaste (i due fratelli, la segretaria, il direttore e la giovane ragazza) di lasciare la città. Dopo averglielo comunicato li lasciarono andare. Passarono giorni ma ancora nessun indizio era stato trovato. Dopo una settimana Scarret chiamò la polizia per dichiarare che Edward era scomparso ormai da un giorno e non rispondeva al telefono. Un mese dopo fu trovato in Francia che cercava di rivendere il quadro ad un prezzo più alto di ciò che vale (non che valesse poco!). L’aveva fatto perché aveva parenti molto ricchi che volevano lasciare tutta l’eredità a suo fratello perché Edward non era mai stato molto affidabile… ma il suo punto forte era sempre stata la tecnologia, infatti è grazie al suo potenziale che è riuscito a programmare un blackout di pochi minuti al museo e a sapere che il guanto era della segretaria guardando i filmati di sicurezza.
Così Edward venne arrestato e il quadro fu riportato al museo.

Sofia Girardi IIAL

martedì 7 maggio 2019

6° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "La bara d'argento" di Peter Ellis


Nella serena atmosfera di un monastero inglese, un monaco sta accudendo le sue piante medicinali. È fratello Cadfael, un tempo marinaio, poi crociato, ora padre erborista dell'abbazia benedettina di Shrewsbury. Mite, paziente, devoto; un sant'uomo, con una particolarità: è il più grande detective che le cronache medievali ricordino.
Il possesso delle reliquie di santa Wìnifred ha scatenato una controversia fra i monaci di Shrewsbury e gli abitanti di un pacifico borgo del Galles...