Una marea di acciaio si materializza all'orizzonte del mar di Normandia, è la mattina del 6 giugno 1944. I soldati della I Divisione di Fanteria statunitense sbarcano a Omaha Beach sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche. Quel 6 giugno tra i soldati americani c’è anche lui, Robert Capa. “Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino” è il suo motto. Tra acqua, proiettili, esplosioni e corpi di soldati riesce a catturare quei famosi istanti tra la vita e la morte. Capa si mette in salvo e, appena raggiunta la spiaggia consegna i rullini a un motociclista che porterà il suo lavoro negli uffici di Londra. Il resto è storia: il reportage fotografico più fenomenale della Seconda Guerra Mondiale è quasi interamente rovinato da un incidente in camera oscura. Solo 11 dei 106 scatti si salvano, eppure, guardando l’immagine fuori fuoco del soldato Houston S. Riley che annaspa nell'acqua tra un mare di rottami e cadaveri, pubblicata da LIFE il 19 giugno 1944, gli americani ebbero una visione più chiara di quello che stava succedendo sulle coste del Nord della Francia.
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mercoledì 19 febbraio 2020
venerdì 10 gennaio 2020
Giallo: ...di tutto per soldi
Era il 27 febbraio 2015 e quel giorno ci sarebbe stata una mostra d’arte. Il direttore del museo era andato a controllare che tutto fosse apposto mezz'ora prima, quando ancora nessuno era lì. Qualche minuto dopo sarebbe arrivata anche la segretaria per aiutarlo a sistemare le ultime cose. Appena arrivata indossava un cappotto lungo nero e dei guanti rosa. Tolse il cappotto, lo mise sull'attaccapanni e mise i guanti rosa in tasca quasi come se non volesse che qualcuno li vedesse e poi andò dal direttore che la aspettava in ufficio.
Arrivò l’ora dell’inizio della mostra (alle sette in punto della sera). Era già buio fuori, senza le luci accese non si sarebbe visto nulla. Stranamente le persone venute per visitare il museo erano poche, circa una decina. C’era una famiglia composta da cinque persone, una giovane ragazza che frequentava spesso il museo, due fratelli e una coppia di innamorati. Iniziarono il giro del museo con la segretaria che esponeva loro i quadri e il loro valore, ma ogni due minuti la giovane ragazza che frequentava spesso il museo la interrompeva per aggiungere qualcosa che lei non aveva detto. La segretaria (stranamente non ancora interrotta) stava finendo di “raccontare” il penultimo quadro, ma quasi nessuno la stava ascoltando… forse perché erano tutti ansiosi di arrivare all'ultimo, il più bello e costoso, “Notte stellata” di Van Gogh. Le persone stavano per dirigersi a vedere il quadro, quando saltò la luce per qualche minuto. Appena tornò la luce il quadro “Notte stellata” non c’era più. Le uniche persone presenti al museo erano ancora lì, tranne il direttore che era in ufficio, che, tornata la luce, andò a controllare che fosse tutto apposto e chiamò la polizia per il quadro. Appena arrivata, la polizia notò un particolare che poteva sembrare sospetto. Sotto la parete a cui era appeso il quadro c’era un biglietto con una rosa sopra, c’era scritto: “Una rosa rossa per un quadro blu”, la scrittura era quasi illeggibile, ma sicuramente il ladro l’aveva fatto per non farsi scoprire. Guardando attentamente i sospettati uno dei due fratelli disse: “Io sono Scarret, sono appassionato dei libri gialli e vi potrei aiutare a risolvere il caso, ad esempio, vedo che Edward, mio fratello ha un petalo di rosa sulla scarpa. Edward cercò di giustificarsi dicendo che poteva succedere a chiunque di loro, il ladro stava cercando di incastrarlo! Non c’erano impronte digitali, il ladro aveva sicuramente usato dei guanti. Scarret si guardò silenziosamente intorno, lì non c’era niente, allora provò ad andare a vedere all'entrata, magari lì era caduto un guanto proprio sotto il cappotto. Andando a vedere, notò che c’era un guanto rosa sopra la scrivania della segretaria del direttore. La segretaria disse che non sapeva come fosse finito lì quel guanto, lei l’aveva lasciato nel cappotto appena arrivata. "Stanno cercando di incastrarmi!" disse. La polizia non sapeva chi fosse il colpevole, sembravano tutti coinvolti a parte la coppia e la famiglia che lasciarono andare. La giovane ragazza preferirono trattenerla ancora. Non si sapeva chi fosse stato, quindi, in attesa di altri indizi, vietarono alle persone rimaste (i due fratelli, la segretaria, il direttore e la giovane ragazza) di lasciare la città. Dopo averglielo comunicato li lasciarono andare. Passarono giorni ma ancora nessun indizio era stato trovato. Dopo una settimana Scarret chiamò la polizia per dichiarare che Edward era scomparso ormai da un giorno e non rispondeva al telefono. Un mese dopo fu trovato in Francia che cercava di rivendere il quadro ad un prezzo più alto di ciò che vale (non che valesse poco!). L’aveva fatto perché aveva parenti molto ricchi che volevano lasciare tutta l’eredità a suo fratello perché Edward non era mai stato molto affidabile… ma il suo punto forte era sempre stata la tecnologia, infatti è grazie al suo potenziale che è riuscito a programmare un blackout di pochi minuti al museo e a sapere che il guanto era della segretaria guardando i filmati di sicurezza.
Così Edward venne arrestato e il quadro fu riportato al museo.
Sofia Girardi IIAL
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lunedì 23 settembre 2019
Tahar Ben Jelloun: “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo.”
È uno scrittore, poeta e saggista marocchino nato a Fes il I dicembre del 1944 da una famiglia benestante di etnia berbera. Si trasferisce a Tangeri, dove frequenta il liceo francese, e poi a Rabat. Qui si iscrive all'università laureandosi in filosofia.
Intorno ai primi anni ’60 Ben Jelloun inizia la sua carriera di scrittore partecipando attivamente alla stesura della rivista Souffles che è diventata uno dei movimenti letterari più importanti del Nord-Africa.
In patria, ha svolto per diversi anni il ruolo di docente di filosofia, ma a causa dell’arabizzazione dell’insegnamento (e non essendo abilitato alla pedagogia in lingua araba), nel 1971 emigra a Parigi, e tre anni dopo consegue un dottorato in psichiatria sociale. Nel frattempo ha continuato a scrivere, sempre in francese, collaborando col quotidiano Le Monde.
Ben Jelloun è noto soprattutto per i suoi scritti sull'immigrazione e il razzismo, in particolare per Il razzismo spiegato a mia figlia.
IIIAL
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martedì 9 ottobre 2018
Consiglio di lettura: "l'uomo che piantava gli alberi" di Jean Giono
Si aggirava per i monti della Provenza un uomo che cercava un po' di tranquillità.
Aveva molta sete, ma non trovava un goccio d'acqua.
Ad un certo punto vide un'ombra e avvicinandosi scoprì che era un pastore.
L'uomo gli chiese dell'acqua, il pastore lo fece bere dalla sua borraccia e lo invitò da lui.
Una volta a casa, il pastore estrasse delle ghiande da un sacchetto, selezionandole.
L'uomo gli chiese cosa stesse facendo, ma il pastore non rispose.
L'uomo chiese al pastore di poter passare la notte e il giorno successivo a casa sua, per riposarsi, ma in realtà voleva saperne di più sulle ghiande.
Il giorno dopo il pastore portò a pascolare le pecore e portò con sé anche le ghiande.
L'uomo lo seguì, prendendo una strada parallela.
Arrivarono entrambi ad un ampio terreno e il pastore si mise a sotterrare le ghiande: piantava querce.
Il terreno però non era suo e non sapeva nemmeno di chi fosse.
Arrivò la guerra del '14 e l'uomo si dimenticò del pastore.
Una volta finita la guerra, l'uomo tornò in quei luoghi: davanti a sé vide una grandissima foresta, creata dal pastore... (la storia continua, continuate a leggere il libro!)
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lunedì 29 gennaio 2018
Un ricordo d'infanzia - liberamente tratto da "Arrivederci ragazzi" di Louis Malle
illustrato dalla IIBL
1944
I fratelli Quentin, Julien e François, partono dalla stazione di Parigi,
dopo le vacanze di Natale per recarsi al loro collegio, situato nella
campagna francese.
I ragazzi sono tristi, soprattutto il più piccolo, Julen di dieci anni.
Al rientro al collegio, c'è una novità: è arrivato un nuovo compagno,
Jean Bonnet, appassionato di libri come Julien.
...il collegio rimane comunque un posto triste e freddo.
La guerra ormai è giunta anche in campagna, tanto che arrivano
dei soldati tedeschi, in collegio, a farsi confessare da Padre Jean.
Si soffre la fame e tutti cercano di sopravvivere nel migliore dei modi.
Joseph, il giovane inserviente del collegio, ad esempio, si dedica al
mercato nero.
I ragazzi continuano le lezioni, nonostante la guerra. Julien non
sopporta proprio il nuovo arrivato, Jean, perché gli ha rubato il
posto di primo della classe e sembra essere superiore a tutto:
superiore agli scherzi degli altri compagni, superiore ai
bombardamenti, superiore anche alle preghiere.
Una notte, mentre tutti dormono, Julien scopre che Jean prega in
un modo tutto suo...
I due ragazzi diventano amici grazie a una disavventura: si perdono
nel bosco durante una caccia al tesoro, organizzata dal collegio.
I due vengono ritrovati solo a notte fonda, da due tedeschi che li
riportano in collegio.
Il giorno dopo quando entrambi sono in infermeria, a causa della
febbre presa la notte prima, Julien ha la conferma che Jean è ebreo
e si sta nascondendo dai tedeschi.
Ma la persecuzione è arrivata anche in quell'angolo remoto di
campagna francese: tutto è iniziato con il divieto di andare ai
bagni pubblici e al ristorante...
Un giorno l'inserviente Joseph viene beccato a rubare e viene
cacciato dal collegio.
Il ragazzo, per vendicarsi, denuncia ai tedeschi la presenza di
alcuni Ebrei nel collegio.
I soldati arrivano e portano via il direttore del collegio, padre Jean
(che aveva cercato di salvarli), Jean Bonnet e gli altri due ragazzi ebrei.
I ragazzi moriranno ad Auschwitz, padre Jean a Mauthausen.
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mercoledì 22 novembre 2017
Focus on France
WORK IN PROGRESS...
DUE TO ITS SHAPE, FRANCE IS OFTEN REFERRED TO AS "L'HEXAGONE" (THE HEXAGONE).
ITS LAND BORDERS CONSIST OF BELGIUM AND LUXEMBOURG IN THE NORTH EAST, GERMANY AND SWITZERLAND IN THE EAST, ITALY AND MONACO IN THE SOUTH EAST, ANDORRA AND SPAIN IN THE SOUTH AND THE SOUTH WEST.
IT IS BORDERED BY THE NORTH SEA IN THE NORTH, THE ENGLISH CHANNEL IN THE NORTH WEST, THE ATLANTIC OCEAN IN THE WEST AND THE MEDITERRANEAN SEA IN THE SOUTH EAST.
...BETWEEN WONDERFUL CASTLES
AND NUCLEAR POWER PLANTS
mercoledì 8 novembre 2017
Racconto: un cambiamento sconvolgente
Una mattina mi sono svegliato e mi sono accorto di esser stato trasformato in adulto.
In preda al panico mi sono precipitato in camera dei miei genitori e ho scoperto che loro erano stati trasformati in bambini...
Subito realizzai che finalmente potevo fare tutto quello che volevo.
Chiamai una baby sitter, aspettai l'autobus e andai ad iscrivermi a scuola-guida.
Dopo un po' di mesi passai l'esame, comprai una macchina nuova e cominciai ad andare ogni giorno al mare: mi piaceva tanto.
Lasciavo sempre i bambini con la baby sitter e spendevo un sacco di soldi, andando in giro.
Il denaro dei miei genitori finì in fretta: dovevo cercarmi velocemente un lavoro. Cercavo e cercavo , ma non lo trovavo. Incominciai così a capire le difficoltà della vita degli adulti.
Dopo una lunga ricerca trovai un impiego in un albergo.
Ogni giorno aspettavo l'arrivo della baby sitter e poi andavo al lavoro, per tutto il giorno. Esattamente come ho fatto oggi.
E' davvero dura arrivare a fine mese con il mio unico stipendio, ci sono le bollette, il mutuo, la baby sitter, il mantenimento dei bambini, ma non ho alternativa.
Devo continuare a impegnarmi per tirare avanti, nel frattempo spero tanto di poter ritornare ad essere un bambino e che i grandi ritornino a occuparsi di me!
Samuel Carta IAL
Ispirato da "Signori bambini" di Daniel Pennac, 1997
Ispirato da "Signori bambini" di Daniel Pennac, 1997
lunedì 25 gennaio 2016
Volare: il gioco, il viaggio, la guerra
IL GIOCO
Gli aquiloni
Gli aquiloni
Esistono quattro tipi di aquilone: quello statico, combattente, acrobatico e quello a trazione.
L'aquilone statico è controllato da un unico cavo che lo fa rimanere in aria. L'aquilone combattente è controllato da un unico cavo, ma grazie alle sue particolari caratteristiche può passare da una posizione stabile a una instabile (quando viene allentata la tensione del filo). Quando si trova in una posizione instabile l'aquilone tende a fare dei giri su se stesso.
La persona che guida l'aquilone combattente può fargli compiere dei movimenti alternando la spinta sul cavo di ritenuta, ottenendo quindi delle acrobazie che possono essere giri su se stesso, picchiate, cabrate, volo orizzontale e volo obliquo.
L'aquilone acrobatico può essere controllato da due a quattro cavi e può eseguire acrobazie nel cielo.
Nelle gare i partecipanti devono sostenere 3 diverse prove:
le figure di precisione, rappresentazioni nel cielo di figure obbligatorie riportate su un foglio;
la parte di free-style, praticamente una sessione di volo libero;
il balletto, esecuzione di acrobazie a tempo di musica.
Le gare possono essere eseguite individualmente, in coppia o in squadra. L'aquilonismo acrobatico è molto praticato in Francia, negli USA, in Canada, UK , in Germania, nei Paesi Bassi, in Svizzera e in Italia.
Elisa Brollo (IIIA)
Il primo tentativo di volo con una Mongolfiera fu realizzato il 19 settembre 1783 dai fratelli Francesi Mongolfier (da qui il nome Mongolfiera). I fratelli usarono come passeggeri per il volo una pecora, un gallo e un'anitra, riuscirono a volare dentro un cesto legato ad un pallone con aria calda all'interno per tre chilometri circa.
Ma il primo volo in Mongolfiera della storia con persone a bordo fu fatto a Parigi il 21 novembre 1783 da Jean-Francois in compagnia del Marchese d'Arlandes.
I fratelli Mongolfier ritenevano che a fare volare la Mongolfiera non fosse l'aria calda all'interno del “pallone” ma bensì un particolare gas che venne chiamato il “gas Mongolfier”.
Il merito di comprendere che la Mongolfiera volava semplicemente grazie all'aria calda va riconosciuta allo scienziato Italiano Alessandro Volta. Attualmente le Mongolfiere in Europa sono fabbricate in due sole fabbriche, uno è a Barcellona ed il secondo in Inghilterra.
L'obbiettivo di ottenere una massa di gas più leggera dell'atmosfera circostante può essere ottenuto con strategie differenti; può infatti venire utilizzata aria riscaldata o gas più leggeri dell'aria o entrambi.
I gas che possono essere usati sono elio, idrogeno, ammoniaca [molto raramente perché tossica]
Con un m3 di gas si può sollevare kg 1.
Filippo Cicuto IIB
La Mongolfiera
Il primo tentativo di volo con una Mongolfiera fu realizzato il 19 settembre 1783 dai fratelli Francesi Mongolfier (da qui il nome Mongolfiera). I fratelli usarono come passeggeri per il volo una pecora, un gallo e un'anitra, riuscirono a volare dentro un cesto legato ad un pallone con aria calda all'interno per tre chilometri circa.
Ma il primo volo in Mongolfiera della storia con persone a bordo fu fatto a Parigi il 21 novembre 1783 da Jean-Francois in compagnia del Marchese d'Arlandes.
I fratelli Mongolfier ritenevano che a fare volare la Mongolfiera non fosse l'aria calda all'interno del “pallone” ma bensì un particolare gas che venne chiamato il “gas Mongolfier”.
Il merito di comprendere che la Mongolfiera volava semplicemente grazie all'aria calda va riconosciuta allo scienziato Italiano Alessandro Volta. Attualmente le Mongolfiere in Europa sono fabbricate in due sole fabbriche, uno è a Barcellona ed il secondo in Inghilterra.
L'obbiettivo di ottenere una massa di gas più leggera dell'atmosfera circostante può essere ottenuto con strategie differenti; può infatti venire utilizzata aria riscaldata o gas più leggeri dell'aria o entrambi.
I gas che possono essere usati sono elio, idrogeno, ammoniaca [molto raramente perché tossica]
Con un m3 di gas si può sollevare kg 1.
Filippo Cicuto IIB
IL VIAGGIO, LA GUERRA
L'aeroplano (anche aereo) è un aeromobile dotato di ali rigide, piane e solitamente fisse che sospinto da uno o più motori, è in grado di decollare e atterrare su piste rigide e volare nell'atmosfera terrestre sotto il controllo di un pilota.
L'aeroplano è utilizzato, nelle sue svariate forme, dimensioni e configurazioni, come mezzo di trasporto di persone, di merci e come strumento militare.
Il Flyer, il primo aeroplano propriamente detto, vide la luce nel 1903, quando i fratelli Wright riuscirono a far spiccare il volo ad una sorta di aliante.
L'aeroplano è utilizzato, nelle sue svariate forme, dimensioni e configurazioni, come mezzo di trasporto di persone, di merci e come strumento militare.
Il Flyer, il primo aeroplano propriamente detto, vide la luce nel 1903, quando i fratelli Wright riuscirono a far spiccare il volo ad una sorta di aliante.
Il primo aereo italiano fu costruito da Aristide Faccioli nel 1908.
Inizialmente l'aereo fu considerato una semplice curiosità per appassionati, ma a poco a poco si iniziò a riconoscerne le capacità e nacquero i primi modelli capaci di prestazioni di volta in volta ritenute impossibili sino a poco tempo prima: sorvolare le Alpi, volare sopra il canale della Manica, o semplicemente, raggiungere altezze e velocità sempre più elevate.
L'avvio di uno sviluppo più scientifico avvenne in concomitanza con la prima guerra mondiale. Fino ad allora gli Stati si erano relativamente disinteressati alle potenzialità del nuovo mezzo ma la guerra innescò l'interesse di questi ultimi nel campo aeronautico.
Tra il 1914 e il 1918 nacquero moltissimi modelli biplani destinati inizialmente a compiti di ricognizione.
Alla fine della prima guerra mondiale, l'aeroplano uscì notevolmente migliorato.
Dagli anni Venti si iniziò a guardare al velivolo come un pacifico mezzo di trasporto.
Alla fine della prima guerra mondiale, l'aeroplano uscì notevolmente migliorato.
Dagli anni Venti si iniziò a guardare al velivolo come un pacifico mezzo di trasporto.
Nacquero così le prime compagnie aeree.
La pacifica evoluzione dell'aeroplano subì una nuova accelerazione con i nuovi venti di guerra che spiravano sul mondo alla metà degli anni Trenta.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale tutte le potenze, partecipanti al conflitto, erano dotate di una moderna aeronautica da caccia e da bombardamento.
La pacifica evoluzione dell'aeroplano subì una nuova accelerazione con i nuovi venti di guerra che spiravano sul mondo alla metà degli anni Trenta.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale tutte le potenze, partecipanti al conflitto, erano dotate di una moderna aeronautica da caccia e da bombardamento.
Un Boeing B-17 Flying Fortress
I bombardamenti strategici furono una costante della guerra.
Gli Alleati costruirono bombardieri con 4 motori e con grande capacità di carico: il più famoso fu il B-17.
Sempre durante la seconda guerra mondiale, in Inghilterra nacque il radar, che velocemente venne esportato negli Stati Uniti e adottato anche in Germania. Era l'unico modo per prevedere con un certo anticipo un attacco aereo nemico e permettere ai propri caccia di decollare in tempo. Dapprima solo in postazioni terrestri, poi anche montato su aerei.
Sempre durante la seconda guerra mondiale, in Inghilterra nacque il radar, che velocemente venne esportato negli Stati Uniti e adottato anche in Germania. Era l'unico modo per prevedere con un certo anticipo un attacco aereo nemico e permettere ai propri caccia di decollare in tempo. Dapprima solo in postazioni terrestri, poi anche montato su aerei.
A fianco dell'Aeronautica si svilupparono anche accorgimenti a terra per limitare i danni degli attacchi aerei: i bunker e i cannoni antiaerei.
Simone Saltarel (IIB)
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domenica 6 dicembre 2015
Passatempi e sport d'Europa
Dalla Francia
La Pétanque
La Pétanque è uno sport, popolare francese, simile alle bocce. L'obiettivo del gioco è quello di segnare dei punti, piazzando la propria boccia più vicino al pallino, rispetto a quella dell'avversario.
Il gioco può essere praticato su qualsiasi terreno e in squadra.
A terra viene tracciato un cerchio (con un diametro tra i 35 e i 50 cm), all'interno del quale il giocatore deve lanciare le sue bocce.
La partita è vinta dalla squadra che fa per prima 13 punti.
La prima partita ufficiale ebbe luogo nel 1907, in Provenza.
Bugoev Anastasia, Bonato Giorgia, Liberale Mattia, Ripa Francesco (IIA)
Le Savate
Le Savate è uno sport tipico francese, conosciuto anche con il nome di boxe francese. Nasce come tecnica di difesa personale, oggi è considerata un'arte marziale.
Questo sport è nato nel porto di Marsiglia, nella seconda metà dell'XVIII secolo, grazie ai marinai che importarono dall'Oriente delle mosse di arti marziali.
Il francese il termine savate significa ciabatta e e si riferisce alle "ciabatte" che i marinai francesi indossavano alla nascita di questo sport. Ancor oggi nel savate si devono usare scarpe senza tacco, con suola e punta rinforzate.
I colpi vengono sferrati con il collo e la punta del piede, con il tallone e con le mani. I colpi di braccia, però, valgono meno, nel punteggio.
Si può colpire l'avversario ovunque tranne che sulla nuca e sotto la cintura. Un arbitro attribuisce la validità dei punti.
I tiratori di savate sono equipaggiati con caschi, paradenti, guantoni, conchiglia e para-tibie.
Matteo Sammartino, Finotto Marco, Turchetto Davide, Roman Jacopo (IIA)
Dai Paesi Baschi
La Pelota Basca
La Pelota è lo sport più diffuso nei Paesi Baschi. Questo gioco è nato nel XV secolo e deriva dalla Pallacorda.
Si gioca in due squadre, su un campo di cemento, lanciando la pelota (la palla) contro una parete, chiamata frontón .
Ne esistono diverse varianti in base a come viene lanciata la palla: a mano nuda, con la xare (un tipo di racchetta fatta a cucchiaio), con la chistera (una cesta di vimini a forma affusolata), con la pala (una racchetta fatta in legno).
I giocatori devono lanciare la pelota, prima o dopo che ha toccato terra, contro il muro. Si fa punto quando il giocatore avversario perde il controllo della pelota.
Sarah Macchi, Elisa Ricca, Chiara Piovesan, Letizia Dal Tin (IIA)
Dal Portogallo
Jogo do Mahla è di origine portoghese e consiste nel gettare dischi metallici nella direzione di un perno, che è a pochi metri di distanza. Risale al 1500 e nella versione originale veniva praticato lanciando ferri di cavallo intorno ad un bastone.
Il Jogo do Pau (gioco del bastone) è un'arte marziale che si pratica con un bastone. Le sue origini sono medievali. Nasce come autodifesa, ma poi è diventata una competizione per la conquista di una dama.
Bugoev Anastasia, Bonato Giorgia, Liberale Mattia, Ripa Francesco (IIA)
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mercoledì 18 novembre 2015
On the road
Martedì 20 ottobre, noi ragazzi di terza, siamo andati a visitare la Biennale di arte contemporanea "All the world's futures" a Venezia. L'autobus ci ha portati fino al Tronchetto, dove abbiamo preso il vaporetto per i Giardini di Sant'Elena.
Mentre la professoressa prendeva i biglietti, abbiamo fatto merenda e giocato con i piccioni.
Alle 10.00 siamo entrati ai Giardini e abbiamo conosciuto la nostra guida: Alessia.
Il primo padiglione che abbiamo visitato è stato quello centrale.
All'entrata del padiglione, sulla facciata di epoca fascista, sporgevano dei grandi e pesanti teli neri, che lasciavano intravedere la facciata originale del padiglione.
La prima opera che abbiamo visto è stato il muro occidentale di Fabio Mauri: un muro costruito con delle valigie di ebrei deportati, recuperate alla stazione di Milano. Da una parte il muro era piatto e dall'altro si notava la diversa profondità delle valigie: il nazismo "aveva uniformato" gli ebrei, mentre erano tutti persone diverse. Le valigie erano "povere" e questo ci ha fatto venire in mente l'attualità dell'immigrazione in Italia.
Poi abbiamo visto altre opere e siamo anche passati per un'arena, dove tutti i giorni si recitava qualcosa di diverso. Quel giorno un uomo e una donna stavano leggendo a turno Il Capitale di Marx.
La guida ci ha poi divisi in quattro gruppi.
Ogni gruppo doveva andare in un padiglione che gli era stato assegnato e cercare di rispondere alle domande che erano state poste da Alessia.
I nostri padiglioni erano quello della Corea, dell'Australia, della Francia e dell'Olanda.
Alla fine ogni gruppo ha fatto la guida, agli altri, nel "proprio" padiglione.
Quello dell'Australia aveva come titolo "The wrong way time". In questo padiglione ci hanno colpito delle sculture di pane sopra a degli atlanti aperti: sulla carta geografica del Mediterraneo, ad esempio, c'erano barche rovesciate, con i migranti in mare.
Nel padiglione della Corea proiettavano il video di una giornata-tipo di una ragazza che viveva in un mondo futuro, distrutto dall'inquinamento.
I padiglioni della Francia e dell'Olanda si concentravano sulla natura.
Poi abbiamo visitato in autonomia gli altri padiglioni.
Quello che è piaciuto a tutti è stato quello del Giappone: la stanza era attraversata da tantissimi fili rossi intrecciati, con una miriade di chiavi appese, che rappresentavano il ricordo, la memoria.
Alle 13.30 siamo andati all'Arsenale, l'altra sede espositiva della Biennale. Anche lì abbiamo visto un sacco di opere di diverso tipo. A conclusione della visita c'erano due grandissime fenici galleggianti realizzate da un artista cinese, con pezzi di macchine da lavoro, per denunciare le disumane condizioni di produzione dell'industria nel suo paese.
A termine della visita guidata abbiamo fatto un laboratorio, utilizzando un programma di foto-ritocco: a gruppi, abbiamo modificato un paesaggio reale, in base al nostro gusto, immaginandolo nel futuro.
Enrico Valente, Marco Ridolfo, Kledi Catto, Claudio Timis (IIIB)
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