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sabato 29 marzo 2025

STEAM: Storie di dinosauri

Partendo da attività specifiche svolte durante la settimana delle STEAM, abbiamo proceduto con l'integrazione interdisciplinare a tutto tondo, attraverso ricerche, progetti e sperimentazioni.


In particolare, gli alunni di prima, partendo dallo studio scientifico dei dinosauri, sono arrivati a realizzare dei video, con tanto di effetti sonori creati con il theremin.

I protagonisti della storia sono stati creati in 3D usando del cartone, le scenografie sono state realizzate dagli stessi ragazzi su carta da pacchi e dallo storytelling sono nate delle fantasiose storie sui dinosauri e sulla loro estinzione. Pochi materiali e tanta fantasia!


Gli alunni di prima, attraverso questo progetto, hanno imparato a fare una ricerca, si sono approcciati a uno strumento bizzarro e magico come il theremin, con una certa abilità sono riusciti a creare simpatici manufatti e soprattutto hanno imparato divertendosi e collaborando.



sabato 15 marzo 2025

14 marzo: Pi Greco Day

Nella sua giornata vi presentiamo il pi greco (π):

3,14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971...

Questo è solo l'inizio: potrebbe proseguire all'infinito senza mai una sola ripetizione.

Ciò significa che all'interno di questa serie di decimali è contenuto ogni altro singolo numero: la nostra data di nascita, il nostro numero di telefono…

Se convertissimo qualsiasi numero in lettere dell'alfabeto otterremmo ogni singola parola che sia stata concepita in ogni possibile combinazione: le prime sillabe che abbiamo pronunciato da bambini, il nome della persona di cui siamo innamorati, la storia della nostra vita, tutto quello che pensiamo, facciamo, tutte le infinite possibilità del mondo.

Il pi greco è il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio. Esso è conosciuto anche come costante di Archimede.

Proprio con quest'ultimo e la sua costante, il 14 marzo (secondo la datazione anglosassone 3.14), abbiamo giocato e creato.


Innanzitutto per fare una bella festa ci vuole la musica!

Abbiamo assegnato un numero ad ogni nota della scala di Do e poi abbiamo scelto un ritmo per eseguire la nostra melodia.

Ci siamo fermati a 39 cifre dopo la virgola, sul Si, che è proprio la sensibile della scala di Do, una nota che rimane sospesa verso le altre cifre di questa sequenza infinita di numeri.


Poi abbiamo creato frasi con parole dello stesso numero di lettere della successione del π (3,14159 26535 89793 23846...). 

Qualche esempio? Eccolo!

- Eri a casa e stavi guardando la natura dalla tua ampia finestra.

- Ero a Roma e stavo ammirando un quadro.

- Vai a Cuba e balla benissimo!

- Vai a Bari e Lecce, scrivendo la tesina sulla tua cassa armonica!

- Vai a casa a piedi, mangiando un gelato buono con Lewis.

- Vai e vivi i sogni, guardando le stelle amate nel cielo notturno, ammirando pianeti, satelliti, che ci han cambiati come parole.

Infine abbiamo realizzato e giocato con il loculus Archimedius, noto anche come Stomachion: un gioco matematico, simile al Tangram, studiato da Archimede e descritto nel suo libro, "Codice C".

Ci siamo davvero divertiti! 

Viva Archimede! 

Viva il π !

lunedì 5 dicembre 2022

Il furto della collana di Margaret Davies


New York 2014, ore 23.30.

Stavo seduto sulla mia poltrona rossa davanti al caminetto, quando il telefono squillò. Alzai la cornetta (sì, noi investigatori abbiamo anche un telefono fisso, capite, per fare più scena) e risposi:

“Pronto? Sono il signor Fox, investigatore privato”

“Buonasera, signor Fox, sono Margaret Davies” mi salutò una voce debole, ma amichevole:

“Scusi l’orario, ma volevo contattarla per un furto. Vede, ieri sera era il compleanno di mio figlio, e quindi l’abbiamo festeggiato nella mia villa. Questa mattina mi sono svegliata e non ho più trovato la mia preziosa collana con diamanti, rubini, smeraldi e zaffiri.”

“Doveva valere una fortuna!” la interruppi.

“Ovviamente, ma per me non aveva solo un valore oggettivo, ma anche affettivo: me l’aveva regalata mio marito Jonathan, deceduto otto anni fa”.

“Quindi vorrebbe che io la ritrovassi?”

“Certo, se per lei va bene”.

“Raduni tutti gli ospiti che c’erano ieri sera: sto arrivando.” Abbassai la cornetta, mi misi un giubbotto e partii.

Arrivato davanti al cancello suonai il campanello. Al citofono mi rispose la stessa signora che mi aveva telefonato: “Chi è?”

“Sono il signor Fox”

“Entri pure”.

Il cancello si aprì. Una stretta stradina conduceva ad un'enorme villa che sorgeva su una collinetta.

Percorsa la stradina, bussai alla porta della villa. Mi accolse una vecchietta che dimostrava circa novant’anni. Indossava una vestaglia a fiori, portava occhiali tondi e aveva capelli grigi raccolti con buffi bigodini rosa.

“La signora Davies, presumo” dissi appena entrai in casa.

“Certo” rispose lei.

Mi tolsi il capotto, mentre la signora Davies mi accompagnava in cucina. Attorno al tavolo, vidi una decina di persone agitate che parlavano tra di loro. Pensai fossero i parenti e gli amici invitati alla festa: c’erano i due figli di Margaret con le loro mogli, i nipoti, la sorella, alcuni amici e la donna delle pulizie.

Li interrogai uno per uno, riuscendo a ricostruire gli avvenimenti della sera precedente: avevano mangiato, ballato e, verso mezzanotte, gli ospiti avevano iniziato a tornare alle proprie abitazioni.

Tutti si incolpavano a vicenda, ma molti sospettavano di David, il nipote della signora Davies. La stessa Margaret dubitava del nipote, visto che quella mattina si era comprato una nuova Ferrari, ma David aveva un alibi di ferro: era a Dubai per lavoro da qualche settimana.

Dopo di che andai ad ispezionare la camera da letto della signora Davies, visto che era  proprio lì che custodiva la sua collana. Trovai, per terra, uno straccio e lo mostrai alla signora Davies. Mi disse che apparteneva a Samantha, la donna delle pulizie e che, probabilmente, le era caduto mentre puliva la stanza. Cercai meglio e trovai un capello lungo e castano sul piedistallo su cui era custodita la collana. Pensai appartenesse al ladro e, per questo, lo feci analizzare da un amico che lavorava nella scientifica. Dopo circa venti minuti arrivò un riscontro: apparteneva ad una certa Kate Sullivan. Chiesi a Margaret se conosceva qualcuno con quel nome e lei, stupita, disse che era la moglie di suo figlio (cinquantenne). Stavo per uscire, quando sentii un gradevole, ma insolito profumo nell’aria. Non avevo mai sentito quello specifico profumo, ma riuscii a capire che apparteneva ad una linea di profumi, Nature&Co, che vendeva mia sorella Sarah.

Salutai la signora Davies e mi diressi verso casa mia.

Il giorno dopo andai a casa di Kate per farle alcune domande.

Bussai alla porta e mi aprì una ragazza di circa sedici anni, con i capelli biondi ed un vestito azzurro. Le mostrai il mio distintivo e le dissi che volevo parlare con Kate Sullivan.

Lei mi fece accomodare e chiamò sua madre, una signora di circa quarant’anni con i capelli castani e gli occhi verdi, che indossava maglietta e pantaloni grigi.

Mentre l’aspettavo sentii nell’aria lo stesso profumo che mi aveva incuriosito a casa della signora Davies.

Parlando con Kate, capii che era molto affascinata dalla collana, ma, appena le dissi del capello, scattò subito sulla difensiva. Molto sospetto, ma non avevo tante prove. Perciò, deluso ma motivato, tornai a casa mia e pensai, pensai e pensai, ma senza risultati. Il giorno dopo tornai a casa Davies, sulla scena del crimine. Riflettei sulle prove trovate: un capello, il profumo e, anche se non importante, lo straccio. Tutte riconducevano a Kate. Mancava solo un pezzo del puzzle: in che modo avrebbe potuto rubare la collana? Era stata sempre insieme al marito la sera della festa.

Così si creò un'idea dentro la mia testa, corsi subito nella camera di Margaret, e lì trovai la donna delle pulizie intenta a cancellare le prove! Restai a bocca aperta; questo era uno dei più gravi reati nel mondo del crimine: occultare le prove ostacolando le indagini! La bloccai subito e la arrestai.

Interrogandola, crollò rivelando tutto: era molto invidiosa di quella collana e quindi, la sera della festa, la rubò.

Venne messa in prigione e, il giorno dopo, venne ritrovata la collana.

La signora Davies mi ringraziò moltissimo, ma io le dissi che non era stata un’impresa difficile.

Tornai a casa e continuai quello che avevo lasciato a metà: accesi il caminetto, mi sedetti sulla mia poltrona rossa, aprii il mio libro e cominciai a leggere.

Tommaso Vio IIBL

sabato 28 novembre 2020

Sulle orme del grande Cecco

 


Se fossi faro, i marinai guiderei. 

Se fossi conchiglia, l'aria suonerei.

Se fossi gabbiano, ballerei sempre con il mare.

Se fossi sirena, i pescatori potrei ammaliare.


Se fossi sabbia, i piedi accarezzerei.

Se fossi corallo, il fondale colorerei.

Se fossi bussola, i navigatori potrei orientare.

Se fossi àncora, al porto le navi farei fermare.


Se fossi pesce, nuoterei felice sotto le onde.

Se fossi brezza, sarei un profumo azzurro delicato.

Se fossi relitto di una nave, starei in acque profonde.


Se fossi preda, starei al riparo dagli squali in agguato.

Se fossi forziere, starei nell'abisso che tutto nasconde.

Se fossi granchio, su un comodo scoglio starei ancorato.


Emma  Bortolomai

venerdì 10 gennaio 2020

Furto al museo


La zona dedicata all'arte del museo era chiusa. 
Era stato rubato nella notte il prezioso quadro di Van Gogh in mostra a Milano.
Perissinotto Beatrice, trentacinque anni, alta 1,66 metri, occhi color nocciola e capelli a caschetto castani, nonché nota investigatrice, era già al lavoro. 
Erano già stati ritrovati alcuni indizi: un guanto grande e blu, una rosa rossa, un biglietto un gessetto bianco e una gomma da masticare, masticata appiccicata al biglietto. Sul biglietto c’era scritto in penna verde “da qui al museo, dieci minuti e sette secondi (da fuori dal cancello)”. Arrivò la segretaria del museo: “Trovato nulla?”, chiese. Beatrice mostrò i quattro oggetti. “Oh!”, ribatté la segretaria. “Il direttore è molto preoccupato, quel quadro vale milioni”. “Lo so”, disse Beatrice secca.
Arrivò un artista molto giovane che frequentava spesso il museo in cerca di ispirazione, il suo nome era Federico “So che quel quadro era molto ammirato da un signore coi capelli neri. Ma non aveva l’aria di essere un ladro.” Mmh” disse Beatrice. Detto questo uscì, camminò svelta verso una casa.
Potrebbe sembrare incredibile, ma in quella zona di Milano c’erano solo due signori coi capelli neri: un lavoratore on-line che usciva di casa solo per ritirare la posta e il postino, che era stato molte volte al museo. Beatrice vide il postino nel suo giardino mentre tagliava l’erba. “Buongiorno” disse Beatrice “Buongiorno!” salutò caloroso il postino. “Come sta?” chiese il postino “Bene, la ringrazio. Sono in servizio, hai saputo del furto…” “ …Al museo? Ma come fare a non saperlo! Ne parlano da ore. Nei pub soprattutto, sembra che non parlino di altro!” 
“Vorrei farle qualche domandina.” Il postino rimase di sasso.
“Cos'ha fatto la notte scorsa?” chiese Beatrice. “Ho dormito nel mio letto, mi sono alzato alle due perché mia figlia piangeva e le ho dato un biberon di latte. Alle cinque e mezza ho cominciato a consegnare le lettere.” Disse lui onesto. “Di quanti centimetri è il quadro?” “Non ne ho idea…” “Con che tecnica è stato dipinto?” “Credo a olio o…” “Va bene può bastare. Posso perquisire un minutino la casa?”
A mezzogiorno e mezzo il postino era stato dichiarato innocente. Beatrice camminò in giro per le strade, stando attenta a chi indossava guanti, ai giardini con rose rosse, a chi masticava gomme… 
Era inverno, alle quattro iniziava a fare buio, ma alle cinque Beatrice era ancora in giro. Poi le venne in mente il biglietto:“da qui al museo, dieci minuti e sette secondi.( da fuori dal cancello)”. Beatrice andò a casa, prese un cronometro e dal museo percorse a piedi camminando diverse vie, fermandosi ogni volta a dieci minuti e sette secondi. Non si fermava mai in un punto con un cancello, si fermava o vicino a un semaforo, o in una curva, in un piccolo parcheggio… erano quasi le otto, faceva molto freddo, provò un'altra via. Dieci e cinque, dieci e sei, dieci e sette. Fermò il cronometro: era davanti a un cancello di un condominio.
Due giorni dopo, era stato fatto un interrogatorio a tutti gli abitanti del condominio di via Dei Rossi. 
C'erano quattro appartamenti: nel primo abitava una giovane coppia; la donna era incinta. Nel secondo abitavano due signori di circa novant'anni, nel terzo due sorelle gemelle di venticinque anni e nel quarto un ragazzone che viveva da solo. Si dimostrarono tutti molto gentili e disponibili. Provarono tutti a riscrivere il biglietto su un foglio di carta; magari così si poteva riconoscere la calligrafia del biglietto. Quella dell’anziana signora ci assomigliava, ma non poteva essere concretamente lei. Beatrice ispezionò tutte le case. Il ragazzo sembrava molto teso, sosteneva di non trovare le chiavi di casa. Poi le trovò, invece. Beatrice entrò, perquisì la casa da cima a fondo, interrogò l’uomo di nuovo; lui si chiamava Joe Robin. Non aveva nulla da nascondere ed era un uomo perbene. Beatrice era convinta che le fosse sfuggito qualcosa, ma cosa? Aveva interrogato tutti e ispezionato le case. Cos'altro poteva fare? Ma certo! Avrebbe sorvegliato il condominio durante la notte! Oltre a quella principale, non c’erano altre porte, perciò avrebbe sorpreso il ladro. Montò una tenda con il consenso delle forze dell’ordine in strada, davanti al condominio. Passò una settimana in bianco. Tornò a casa e dopo una bella dormita suo marito le chiese “Problemi con il ladro? Nostra figlia Gemma è preoccupata per te.” Beatrice sospirò “Lo so è che devo trovare quel ladro, capisci?” “Se ti può essere utile: non tutti gli indizi sono sempre utili, alcuni sono lì per confondere.” “Credo che il guanto e il gessetto non c’entrino nulla.” Ragionò Beatrice “Coraggio, pensa.” Beatrice chiuse gli occhi e pensò a lungo. “Certo!” esclamò “Ho capito! Grazie mille! Sarà la mia ultima notte fuori.”
A mezzanotte una figura con il cappuccio in testa uscì dal condominio, correndo. Beatrice accese la torcia e lo seguì. “Fermo!” gridò. Erano vicini alla stazione dei treni, il malvivente aveva il quadro sottobraccio. Svegliati dalle grida dell’investigatrice, molte persone erano scese in strada a darle una mano, il postino corse davanti a tutti, saltò e prese l’uomo, che venne arrestato. Joe Robin, trentaquattro anni, nativo americano, voleva rivendere il quadro, ma era stato fermato una volta per tutte.

Serena Perissinotto IIAL

Giallo: ...di tutto per soldi



Era il 27 febbraio 2015 e quel giorno ci sarebbe stata una mostra d’arte. Il direttore del museo era andato a controllare che tutto fosse apposto mezz'ora prima, quando ancora nessuno era lì. Qualche minuto dopo sarebbe arrivata anche la segretaria per aiutarlo a sistemare le ultime cose. Appena arrivata indossava un cappotto lungo nero e dei guanti rosa. Tolse il cappotto, lo mise sull'attaccapanni e mise i guanti rosa in tasca quasi come se non volesse che qualcuno li vedesse e poi andò dal direttore che la aspettava in ufficio.
Arrivò l’ora dell’inizio della mostra (alle sette in punto della sera). Era già buio fuori, senza le luci accese non si sarebbe visto nulla. Stranamente le persone venute per visitare il museo erano poche, circa una decina. C’era una famiglia composta da cinque persone, una giovane ragazza che frequentava spesso il museo, due fratelli e una coppia di innamorati. Iniziarono il giro del museo con la segretaria che esponeva loro i quadri e il loro valore, ma ogni due minuti la giovane ragazza che frequentava spesso il museo la interrompeva per aggiungere qualcosa che lei non aveva detto. La segretaria (stranamente non ancora interrotta) stava finendo di “raccontare” il penultimo quadro, ma quasi nessuno la stava ascoltando… forse perché erano tutti ansiosi di arrivare all'ultimo, il più bello e costoso, “Notte stellata” di Van Gogh. Le persone stavano per dirigersi a vedere il quadro, quando saltò la luce per qualche minuto. Appena tornò la luce il quadro “Notte stellata” non c’era più. Le uniche persone presenti al museo erano ancora lì, tranne il direttore che era in ufficio, che, tornata la luce, andò a controllare che fosse tutto apposto e chiamò la polizia per il quadro. Appena arrivata, la polizia notò un particolare che poteva sembrare sospetto. Sotto la parete a cui era appeso il quadro c’era un biglietto con una rosa sopra, c’era scritto: “Una rosa rossa per un quadro blu”, la scrittura era quasi illeggibile, ma sicuramente il ladro l’aveva fatto per non farsi scoprire. Guardando attentamente i sospettati uno dei due fratelli disse: “Io sono Scarret, sono appassionato dei libri gialli e vi potrei aiutare a risolvere il caso, ad esempio, vedo che Edward, mio fratello ha un petalo di rosa sulla scarpa. Edward cercò di giustificarsi dicendo che poteva succedere a chiunque di loro, il ladro stava cercando di incastrarlo! Non c’erano impronte digitali, il ladro aveva sicuramente usato dei guanti. Scarret si guardò silenziosamente intorno, lì non c’era niente, allora provò ad andare a vedere all'entrata, magari lì era caduto un guanto proprio sotto il cappotto. Andando a vedere, notò che c’era un guanto rosa sopra la scrivania della segretaria del direttore. La segretaria disse che non sapeva come fosse finito lì quel guanto, lei l’aveva lasciato nel cappotto appena arrivata. "Stanno cercando di incastrarmi!" disse. La polizia non sapeva chi fosse il colpevole, sembravano tutti coinvolti a parte la coppia e la famiglia che lasciarono andare. La giovane ragazza preferirono trattenerla ancora. Non si sapeva chi fosse stato, quindi, in attesa di altri indizi, vietarono alle persone rimaste (i due fratelli, la segretaria, il direttore e la giovane ragazza) di lasciare la città. Dopo averglielo comunicato li lasciarono andare. Passarono giorni ma ancora nessun indizio era stato trovato. Dopo una settimana Scarret chiamò la polizia per dichiarare che Edward era scomparso ormai da un giorno e non rispondeva al telefono. Un mese dopo fu trovato in Francia che cercava di rivendere il quadro ad un prezzo più alto di ciò che vale (non che valesse poco!). L’aveva fatto perché aveva parenti molto ricchi che volevano lasciare tutta l’eredità a suo fratello perché Edward non era mai stato molto affidabile… ma il suo punto forte era sempre stata la tecnologia, infatti è grazie al suo potenziale che è riuscito a programmare un blackout di pochi minuti al museo e a sapere che il guanto era della segretaria guardando i filmati di sicurezza.
Così Edward venne arrestato e il quadro fu riportato al museo.

Sofia Girardi IIAL

lunedì 23 aprile 2018

L'Italiano: una lingua come mezzo di integrazione e di libertà



racconto ispirato dal romanzo


In questa palazzina di Trieste non c'è niente che sta al posto giusto.

Siamo tutti immigrati e c'è solo un italiano: il signor Rosso, che è razzista. 
Il signor Rosso non va d'accordo con nessuno, ha una casa molto sporca, beve e fuma da mattina a sera.

Al primo piano abitano dei cinesi che lavorano in un ristorante e la loro casa è arredata con pezzi di riciclo del locale.
Il signor Rosso da poco ha perso i suoi gatti, non li trova più e quindi accusa i cinesi, perché pensa che loro li abbiano mangiati.

Ce l'ha raccontato Bocciolo di Rosa... Noi donne del palazzo stiamo diventando amiche, ci aiutiamo nelle cose di ogni giorno e abbiamo deciso di imparare l'italiano, quindi abbiamo fatto una colletta per pagare un'insegnante che ci aiuti: per integrarci dobbiamo conoscere la lingua del paese in cui abitiamo.

Da qualche giorno un problema ci accomuna tutti (noi stranieri e anche il Signor Rosso): il padrone del palazzo, il signor Zacchigna, è morto e gli eredi vogliono vendere lo stabile. Siamo tutti nei guai, dove andremo ad abitare?!

La storia continua... leggete il libro!

Jona Buoso, IIBL

Qualcosa (di Chiara Gamberale) per la Giornata Mondiale del libro


In  un regno, da un re e una regina nacque una bambina: Qualcosa di Troppo.
Un giorno, quando Qualcosa di Troppo, aveva tredici anni, la madre morì.
La ragazzina scappò in collina per sfogare, urlando, tutta la sua disperazione. Lì conobbe il Cavalier Niente che rimproverò Qualcosa di Troppo perché le sue urla lo distraevano dal suo non fare niente. La principessa si offese: il suo dolore non veniva rispettato, lei aveva un buco nel cuore.
Il Cavalier Niente le suggerì di non far nulla per guarire,  ma Qualcosa di Troppo non seguì il suo consiglio e fece tanto, troppo per non pensare e per non sentire, fino a quando.... (continua a legger il libro!)

Carolina Ronchiato, IAL

fumetto del romanzo realizzato dalla classe IAL

lunedì 19 marzo 2018

La mia piccola Trilli




Mi ricordo ancora quando mamma e papà mi regalarono un piccolo esserino, morbido, colorato, coccoloso e con due grandi occhi color giallo ocra, in poche parole una gattina, di cui mi innamorai subito.
La chiamai Trilli, visto che tutti gli altri nomi che avevo scelto non andavano bene per i miei genitori. Appena me la diedero in mano, la portai a fare il giro della sua nuova casa e la aiutai a salire le scale. Visto che era ancora troppo piccola per fare uno scalino, la presi in braccio e, salite tutte quelle scale, la poggiai a terra.
Subito si fiondò nella mia camera, sembrava attratta dal mio piumone: non potei biasimarla, era così caldo e morbido che appena ti ci appoggiavi sopra, cadevi in un sonno profondo, simile a quello delle fiabe.
Capii subito il suo intento: voleva provare la mia stessa sensazione, voleva lasciarsi andare in una nuvola di piacere, come me tutte le notti. Allora presi una decisione, la sua prima notte, nella sua nuova famiglia, l'avrebbe passata con me. Conobbe così  la mia nuvola di piacere, e le feci fare sogni d'oro come una mamma che dà la buona notte ai suoi bambini, e li tratta come il tesoro più grande che possieda. Lei, fin da quel momento, fu proprio il mio tesoro più grande. Avevo trovato un’amica, la mia nuova migliore amica, quella che non mi avrebbe mai abbandonato.

Noemi Scomparcini IID

venerdì 2 marzo 2018

Diario di un bambino cresciuto




8/01/2018
Caro Diario,
a volte mi capita di ripensare a quando ero più piccolo e provo un certo rimpianto per quel periodo in cui tutto sembrava così semplice.
Quanto erano belli quei momenti dell’infanzia: non avevi problemi, non serviva che decidessi e non dovevi fare praticamente niente; avevi quella sensazione di “siete tutti ai miei ordini" e “loro”, visto che eri un bambino, ti accontentavano praticamente sempre. Peccato che adesso quei giorni siano finiti. Adesso sono più grande, quindi ho molte più responsabilità sulle spalle, più scelte da fare, più ostacoli da superare.
Ripensare a quei giorni in cui “non avevo niente” mi fa restare quasi senza fiato e con i brividi addosso, sapendo che da piccolo pensavo a cosa sarei diventato da grande. Riavere tutti quei bei momenti di gioia... come la prima volta che sono andato a Gardaland… mamma mia, quanto mi sono divertito su tutte quelle giostre. Ricordo quando sono andato al cinema per la prima volta e sono rimasto strabiliato, perché non avrei mai immaginato che esistesse un posto così, con un megatelevisore. WOW! Che emozioni… emozioni che non posso più rivivere, perché ormai sono cambiato.
Ovviamente con momenti belli ci sono stati anche momenti e sensazioni brutte, ad esempio la prima volta che sono andato in ospedale perché stavo male, o anche la prima volta che sono dovuto andare in un cimitero e ho visto tutte quelle persone che pregavano Dio per riavere i loro cari scomparsi.
Questi sono stati momenti orribili e “strani”, perché da piccolo stare male ti sconvolge, è un'esperienza che non hai mai vissuto prima; al cimitero per esempio, mi sembrava assurdo vedere gente che pregava per un persona scomparsa, adesso invece, mi fa riflettere e capisco come le persone possano amare tanto da piangere e disperarsi e implorare ancora coloro che non sono più con noi.
Io, diario, devo essere sincero con te, da piccolo non vedevo l’ora di crescere; adesso ne ho il timore e vorrei tornare bambino e riprovare tutte quelle sensazioni, belle e brutte, vorrei rivivere lo stupore di tutte le prime volte, perché le prime volte non le scordi mai... purtroppo non è più possibile tornare indietro!
Ecco diario, questo è quello che sento quando ripenso alla felicità di essere piccolo.

Enrico Crosariol IIB 

mercoledì 7 febbraio 2018

Festival di Sanremo e grammatica in musica!

Facciamo un bel ripasso del congiuntivo con la simpaticissima canzone di Lorenzo Baglioni.


IL CONGIUNTIVO Lorenzo Baglioni (Sanremo 2018)
Che io ______________
che io ______________
che io ______________
oh-oh-oh 

Oggigiorno chi corteggia
incontra sempre più difficoltà
coi verbi al congiuntivo

Quindi è tempo di riaprire
il manuale di grammatica
che è, molto educativo

Gerundio imperativo
e infinito indicativo
molti tempi e molte coniugazioni ma...

Il congiuntivo ha un ruolo distintivo
e si usa per eventi
che ______________

E' relativo a ciò che è ______________
a differenza di altri modi verbali

E adesso che lo sai anche tu
non lo sbagli più 
Nel caso che il periodo sia della tipologia ______________ (si sa)
ci vuole il congiuntivo 
Tipo se tu ______________
il congiuntivo ______________
con lei non sarebbe andata poi male
condizionale
segui la consecutio temporum

Il congiuntivo ha un ruolo distintivo
e si usa per eventi
che non sono reali

E' relativo a ciò che è soggettivo
a differenza di altri modi verbali

E adesso ripassiamo un po' di verbi al congiuntivo
che io sia ______________
che io fossi ______________
che io sia stato ______________
che fossi stato ______________
che io abbia ______________
che io avessi ______________
che abbia avuto ______________
che avessi avuto ______________
che io... sarei

Il congiuntivo
come ti dicevo
si usa in questo tipo di costrutto sintattico

______________ e quasi riflessivo
descritto dal seguente esempio didattico

E adesso che lo sai anche tu
non lo sbagli più

sabato 13 gennaio 2018

Diario di una lezione straordinaria!


27/11/2017

Caro diario,
oggi mi è capitata una cosa che non mi era mai successa; ora te la racconto. Era l’ora di Lallo, stava spiegando un esercizio che avevo già capito.
Mi riposavo dunque, guardando la lavagna e… mi sono ipnotizzato. Mi succede spesso, però questa volta è stato diverso.
La lavagna è diventata enorme, erano spariti tutti, la mia immaginazione mi stava giocando un brutto scherzo. Un gessetto si è alzato, fluttuando nell'aria e scriveva numeri e formule, disegnava forme geometriche e risolveva problemi. Una volta riempita la lavagna, le formule hanno preso vita e volavano davanti a me: E= mC² , v=s/t, a=variazione velocità/intervallo di tempo…
Poi anche le figure geometriche: quadrato, rombo, rettangolo, trapezio, parallelogramma hanno cominciato a muoversi; ruotavano e danzavano seguendo una melodia impercettibile.
La lavagna si è poi svuotata e pian piano tutto è tornato normale… anche i miei compagni, ma le loro facce erano quelle dei più grandi matematici. Volevo tornare alla normalità e ho tentato di scuotermi, ma le cose sono peggiorate.
I numeri e le figure sono scomparse e hanno lasciato il posto alle parole, non parole qualsiasi però, ma versi della Divina Commedia, brani tratti da romanzi e tutto ciò che c’è da sapere sull’analisi logica. Stavo impazzendo? Di nuovo la lavagna è tornata normale, ma le facce dei miei compagni erano i volti dei più famosi scrittori. Era troppo, non potevo sopportare di più: odio letteratura e grammatica!!
Ma quel mondo ancora mi teneva: ero in Germania nel 1521, vicino a Martin Lutero. Buon modo per ripassare…!!
Tutto procedeva velocemente, non capivo: sapevo che ero in un sogno, però non riuscivo a svegliarmi… “Driiiinn”. Finalmente, eccomi di nuovo nella realtà!
I miei compagni mi sono apparsi uguali a loro stessi, ignari di quello che erano stati solo pochi minuti prima.
Ora ho un terribile mal di testa, inoltre non ho capito niente della spiegazione del nuovo argomento di matematica…
Pazienza, mi rifarò!!
Ti lascio, non ho più niente da dirti.
Ciao!

Mattia Gabatel IID  

giovedì 4 gennaio 2018

Progetto Macchia Verde: il Labirinto del Minotauro con il pittore Pasquale Luongo


Tra il mese di Novembre e Dicembre, ogni martedì per due ore, abbiamo lavorato a questo progetto, con il pittore Pasquale Luongo e due volontari dell'Associazione Culturale la Macchia Verde.




Dopo aver letto e approfondito il mito del Minotauro, abbiamo lavorato sulla costruzione di un labirinto cretese.

Ci siamo cimentati con le diverse tecniche, compreso il carboncino, realizzando figure umane.


Abbiamo iniziato provando a fare un ritratto di un nostro compagno.


Pasquale ci ha fatto confrontare con i diversi tori dipinti da Pablo Picasso, lavorare sui colori, utilizzando anche quelli naturali.


Ognuno di noi ha poi realizzato il proprio libro illustrato sul mito del Minotauro e infine ne abbiamo fatto uno di classe.


Ci siamo divertiti tantissimo e non vediamo l'ora che arrivi primavera, perché finalmente potremo finire questo progetto, realizzando un vero e proprio labirinto lungo l'argine del nostro fiume Livenza.

IAL

Per approfondire Teseo e il Minotauro e altre storie di Geraldine McCaughrean

mercoledì 3 gennaio 2018

Haiku della Nostra Terra


foto di Rachele Bianchi

Cielo grigio
nuvole nere e rossastre:
un tramonto.
Christian Rossetto IIBL


foto di Emma Calcinotto


Alberi
strada infinita:
cielo azzurro.
Nicolò Freguia IIBL

foto di Rachele Bianchi


Nuvole
strada:
tramonto triste.
Jona Buoso IIBL
foto di Emma Calcinotto


Tutto nero:
la morte arriva
solo la notte.
Nicolò Bonafini IIBL


Per approfondire Poesie. Haiku e scritti poetici. di Matsuo Bashô


venerdì 8 dicembre 2017

Le mie cadute da cavallo


La cosa più brutta, quando cadi da cavallo, non è il dolore che provi fisicamente, ma il dispiacere che avverti vedendo il tuo cavallo che ti scaraventa per terra perché ha paura di te.
Da giovane, nella mia vita di amazzone, ho fatto parecchie cadute da cavallo. Alcune erano causate da me, mentre il cavallo non era colpevole, altre erano dovute al cavallo che si comportava come un pazzo scatenato. 
La prima caduta della mia vita la feci da un asino, in un allevamento di montagna, dove io e la mia famiglia eravamo andati a pranzo. L'animale si chiamava Luiso, aveva il manto pezzato bianco e marrone. Lo cavalcai senza sella e fu proprio per quello che caddi. Non so come, l'asino si spaventò, partì in un galoppo velocissimo e io finii per terra. Poco divertente dato che, tutto sommato, avrebbe potuto anche calpestarmi.
La seconda caduta della mia vita la feci da un pony di nome Nino, anche lui pezzato. 
All'improvviso sgroppò e quindi mi scrollò di sella. 
In seguito, per circa cinque anni, non mi capitò più di risalire a cavallo due o più volte, di ritrovarmi piena di polvere e magari con un bel pestone... questo fino a quando non cambiai maneggio. 
Era il 23 aprile 2017 quando andai a fare l'esame pratico di lavoro in piano. Quella volta montai un purosangue arabo di nome Argento, ex campione di corse. Iniziai a pulirlo e in seguito a sellarlo, per poi montarlo ed iniziare l'esame d'ammissione. Andò tutto bene, ma la volta dopo iniziò il vero lavoro. La mia allenatrice mi fece galoppare senza staffe e dopo un po' mi fece superare un oxer di C90, sempre senza staffe. Feci un tale volo che, se fossi salita tre centimetri più in alto, avrei potuto togliere le ragnatele dal soffitto. Strano ma vero, atterrai in piedi. 
Da quel giorno non saltai mai un ostacolo senza staffe. 
Un'altra delle tante cadute da cavallo la feci mentre cavalcavo Vulivia, una olandese di 1.80 centimetri circa. Stavo galoppando per saltare un verticale di B100, mi tuffai prima di lei e lei si bloccò facendomi fare una giravolta in avanti e in quell'occasione sì che mi feci male alla schiena.
Le cadute successive, e anche quelle più dolorose, le feci da Jack Avril D'erminè, un sella francese di vent'anni. Era un cavallo molto allegro, che aveva partecipato a molte edizioni nazionali ed internazionali ed era un fenomeno. E, come ogni fenomeno che si rispetti, qualche volta si dimostrava imprevedibile e quindi sgroppava. Stavo procedendo tranquillamente quando tirò una sgroppata e mi scaraventò a terra. Non mi calpestò per miracolo, ma mi feci comunque male al collo. Risalii: iniziai nuovamente a galoppare, feci due giri di campo e finii di nuovo per terra. Riuscii ad alzarmi per miracolo. Montai per la millesima volta e, per fortuna, andò tutto bene. 
Ho imparato molte cose cadendo da cavallo, una delle tante è che bisogna sempre rispettare il nostro amico a quattro zampe, in qualsiasi momento; che sia vecchio o giovane non conta, poiché esso è sempre il tuo cavallo.

Battistin  Anna  IIA     

Storia di una bicicletta (quasi) rubata


Nel piccolo paesino di San Stino tutto trascorreva in modo tranquillo. Era una giornata di inizio settembre e mi stavo placidamente rilassando in camera mia, sul letto, con in mano il mio telefono.
Pensavo che tutto sarebbe trascorso tranquillamente... e invece no.                                        Mia mamma mi chiamò dal salotto, probabilmente perché doveva rimproverarmi per qualche malanno commesso in sala o altrove.
Ma non fu così: stava piegando la tovaglia in cucina e aveva un'aria parecchio strana. La guardai tranquillamente e le chiesi: "Che c'è?" come se fosse tutto normale.
"Ieri, dove hai lasciato la bici dopo aver fatto il tuo giretto?" mi domandò. 
Me lo ricordavo perfettamente: il giorno prima ero in casa a non fare assolutamente niente e, per prendere una boccata d'aria, avevo deciso di andare a fare un giro in bicicletta. Era un'uscita molto ristretta: mi ero limitato a recarmi all'oratorio passando per il campo sportivo dietro casa mia, facendo una strada che non percorrevo mai, ma che avevo seguito per il solo piacere di farlo.                           
Arrivato a casa, andai nel garage dietro la mia abitazione e la misi vicino alla porta che immetteva nelle cantine, dove sono posti tutti i meccanismi per far funzionare l'ascensore. Non avendo un lucchetto e non volendo suonare il citofono per chiamare mia madre e farle aprire il cancello del nostro "parcheggio privato", la posai lì sotto, dove la appoggio tutt’oggi.
Le risposi: "Dove la metto sempre" con un tono piuttosto seccato perché mi stava chiedendo una cosa molto stupida.
Non ero ancora a conoscenza della disavventura accaduta alla mia cara e vecchia bici.        "Perché, sai, stavo sbattendo la tovaglia e non l'ho vista" mi rispose preoccupata. 
"Ma come?" risposi, mentre mi recavo nel balconcino per verificare la sua affermazione.        Era vero, c'era solo la bicicletta di Michele nello scomparto. La cosa, però, non mi dette fastidio. Anzi, ero quasi rallegrato: il mio mezzo di trasporto a due ruote era piccolo e vecchio, di un colore rosso che mi ripugnava. Si aggiunga il fatto che, se me l'avessero rubata, ciò avrebbe significato che me ne sarei presa una nuova, una bici alta e con un cestino che desideravo moltissimo.
Tornando da lei non sapevo cosa dirle. Non potevo mica risponderle; "E vai! Finalmente avrò una bici nuova e che non faccia schifo!". No. Mi limitai ad aggiungere: "Allora me l'avranno rubata quando sono entrato in casa". Però me ne andai rallegrato: a breve avrei avuto una bici nuova di zecca che avrei usato molto di più rispetto alla precedente.
Ma non andò in questo modo, per niente.
Dopo qualche oretta, mentre ero alla scrivania col computer e mi rilassavo con la mia serie tv preferita, entrò mia madre: "Filippo, ti hanno ritrovato la bici!" disse guardando il suo telefono e me lo mise davanti alla faccia. 
Ed eccola lì a terra, la mia bicicletta, nella stradina dietro a casa mia che, strana coincidenza, avevo percorso il giorno prima.
"Davvero?" risposi. Era una domanda retorica: la vedevo con i miei occhi, mentre il mio sogno di avere una bici scintillante col cestino si infrangeva.
 "Sì, e quando arriva il papà la vai a prendere" ordinò.
Poco dopo mio padre rientrò a casa dal lavoro e ci recammo direttamente dai carabinieri.      Non ero mai entrato in quella che pensavo fosse una centrale di polizia: aveva un corridoio piccolo e stretto, con qualche sedia blu all'angolo a sinistra della porta. Andati più avanti vedemmo tre carabinieri, due uomini e una donna, che ci fissavano con un sorriso alquanto terrificante.
"Salve" cominciò mio padre "siamo venuti a ritirare una bicicletta rossa".
L'agente donna ci fece qualche domanda e poco dopo ci restituì la bicicletta. L'ultima cosa che ci disse era che se qualcuno fosse giunto per effettuare la denuncia di furto di una bicicletta, l'avremmo dovuta restituire subito.
Il che era impossibile, dato che era davvero di mia proprietà. Purtroppo.
Usciti dalla centrale, mio padre mi disse di andare a casa, mentre lui si sarebbe fermato a prendere le sigarette.
Così mi avviai verso casa. Durante il corto tragitto accesi il telefono e vidi dei messaggi, uno dei quali proveniva da mia zia, sempre aggiornata sui fatti del paese tramite Facebook e il Comune, luogo in cui lavorava.
Mi aveva mandato la stessa immagine che mi aveva fatto vedere mia madre dal suo cellulare e che ritraeva la mia bici, con sotto la scritta: "Ciao, questa è la tua bicicletta?".
Non mi ero accorto che il mio sogno di avere una bici più bella e moderna si fosse infranto molto prima che me l'avesse detto mia mamma.

Filippo Sandrin IIA   

domenica 26 novembre 2017

Alfonsina Strada (1891 - 1959): "Nessuno può fermare la mia bicicletta."



C'era una volta una bambina che era velocissima sulla sua bicicletta. Quando passava lei, era come veder passare un lampo. "Non andare così forte, Alfonsina!" le gridavano i suoi genitori. Troppo tardi: era già sparita.
Quando la bambina diventò grande e si sposò, i suoi sperarono che finalmente avrebbe abbandonato l'idea folle di diventare una ciclista. Invece, il giorno delle nozze, suo marito le fece un dono: una bici da corsa nuova di zecca. I due si trasferirono a Milano, e Alfonsina cominciò ad allenarsi come una professionista.
Era così veloce e così forte, che alcuni anni dopo si iscrisse al Giro d'Italia, una delle corse più dure del mondo. Nessun'altra donna ci aveva mai provato. "Non ce la farà mai " diceva la gente. Ma nessuno poteva fermare Alfonsina.
La corsa era lunga e molto faticosa, con dodici tappe in un giorno ciascuna, e si inerpicava per alcune delle strade di montagna più ripide d'Europa. Dei novanta ciclisti alla partenza, solo trenta tagliarono il traguardo: Alfonsina era una di loro. Fu accolta come un'eroina.
L'anno seguente, tuttavia, le fu proibito di partecipare. "Il Giro d'Italia è una corsa per soli uomini" dichiararono gli organizzatori. Ma neanche questo la fermò.
Continuò a correre e stabilì un record di velocità che rimase insuperato per ventisei anni, nonostante la sua bicicletta pesasse venti chili e avesse un'unica marcia!
Oggi il ciclismo femminile è uno sport molto popolare ed è perfino diventato disciplina olimpica. Alfonsina sarebbe felice di sapere che le cose sono cambiate molto da quando era bambina.

biografia tratta da "Storie della buonanotte  per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo scelta da Angela Lucchetta IIBL

Per approfondire Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada di Paolo Facchinetti

mercoledì 18 ottobre 2017

Se io fossi...



Se io fossi un gatto, tutto il giorno dormirei
Se io fossi un cane, tante feste al mio padrone farei
Se io fossi un canarino, volerei per tutto il mondo
Se io fossi un ghiro, farei un sonno profondo

Se io fossi un folletto, una pentola d'oro avrei
Se io fossi un gigante, tutti dall'alto guarderei
Se io fossi un mago, tutti i  malvagi farei scomparire
Se io fossi un dottore, tutti i malati farei guarire

Se io fossi un maestro, agli alunni bene insegnerei
Se io fossi un cavaliere, i più deboli aiuterei
Se io fossi un soldato, per tutti la pace vorrei

Se io fossi un ragazzo, come sono realmente,
tutte queste cose non farei
ma con i miei amici volentieri starei.

Nicolas Bottosso (IIBL)

Ispirato da S'i' fosse foco di Cecco Angiolieri (Siena 1260 circa - Siena 1313)
Vi consigliamo l'ascolto della versione in musica di Fabrizio de Andrè

lunedì 16 ottobre 2017

Voce alle ragazze!


*Sogni, lotte, dubbi, sconfitte e vittorie delle ragazze di ieri e di oggi
*scienziate, donne di spettacolo, sportive, politiche, artiste che hanno faticato e faticano a far sentire la loro voce
*il potere di cambiare le cose attraverso il duro lavoro e la fiducia nella possibilità di cambiare il mondo
*passione, curiosità e generosità
e molto altro ancora...
Questi saranno i temi delle letture ad alta voce che le ragazze della Scuola Secondaria di I grado 'Fogazzaro' faranno nelle loro incursioni letterarie nelle varie classi della scuola, dal 24 al 27 Ottobre.



Martedì 24 ottobre le ragazze della IAL leggono le biografie di:
Mercoledì 25 ottobre le ragazze della IBL leggono le biografie di: 
Giovedì 26 ottobre le ragazze di IIIAL leggono le biografie di:
Venerdì 27 ottobre le ragazze si IIBL leggono le biografie di:


venerdì 15 settembre 2017

Abbiamo iniziato gli allenamenti per Il Veneto Legge!


Lorenzo Fiorentino, Angela Lucchetta, Davide Masiero


Venezia, vista dall'alto, è una colossale sogliola stesa sul fondo della laguna, che si è fermata nell'Adriatico dopo aver vagato per tutto il mondo.
Girando per il globo, questo pesce si è portato sulle squame un pezzettino di ogni paese che ha costeggiato, fermandosi poi, esausto, nel Mediterraneo.
In seguito l'animaletto ha abboccato all'amo: un ponte l'ha legato alla terraferma e per paura che ripartisse è stato pure ancorato.
Il modo in cui Venezia è stata inchiodata al fondale ricorda un romanzo di Bohumil Hrabal , Ho servito il re d'Inghilterra, dove un bambino ha l'ossessione dei chiodi: li pianta su qualsiasi pavimento. 
Le fondamenta di Venezia sono, infatti, milioni e milioni di pali di legno conficcati nel terreno fangoso della laguna. 
Tutti questi tronchi formano un bosco capovolto, che regge l'antica città... sembra quasi l'invenzione di uno scrittore di fantascienza, invece è tutto reale.

Carolina Brichese, Nicolò Lucchetta, Christian Rossetto (IIBL)