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mercoledì 8 maggio 2019

Mia nonna Stella...



Mia nonna Stella mi ha raccontato che quando era piccola, fino a quando era una giovane sposa, i pasti non erano tanto vari, perché non c’era granché: mangiavano sempre fagioli e “muset” (cotechino) con la polenta. 
Per primi mangiavano gli uomini e i bambini, e per ultime le donne.
Si alzavano alle 3 di mattina per andare a tagliare “la spagna” (erba medica), per far foraggio per gli animali e usavano il “falzin”*: un attrezzo con un lungo manico di legno e una lama molto tagliente. Poi verso le 5 o le 6 del mattino tornavano a casa per dar da mangiare alle mucche, ai cavalli, ai maiali e alle galline. 
Per lavorare la terra usavano i buoi.
Abitavano lontano dal paese, ma lo raggiungevano sempre a piedi perché non avevano biciclette.
Per lavare i panni usavano la cenere della stufa e lavavano tutto a mano dentro il fiume.
Indossavano gli abiti dismessi delle famiglie ricche: mia nonna si teneva ciò che le andava bene e il resto lo dava alle altre famiglie.
Come calzature avevano solo gli zoccoli, d’estate e anche d’inverno.

Racconto della nonna di Sharon Gusso


lavoro ispirato dal testo "Se magnea tuti da na padea - Mangiavamo tutti da un'unica pentola : storie di vita contadina tra le foci di Piave e Livenza intorno alla metà del Novecento" di Andreetta Dino

*falcetto

venerdì 3 maggio 2019

Abbiamo bisogno di...


Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, di gente che ama gli alberi e riconosce il vento.
Bisognerebbe stare all'aria aperta almeno due ore al giorno.
Ascoltare gli anziani, lasciare che parlino della loro vita.
Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle.
Esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno.
Dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia.
Leggere poesie ad alta voce.
Far cantare chi ama cantare.
In questo modo non saremo tanto soli come adesso, impareremo di nuovo a sentire la terra su cui poggiamo i piedi e a provare una sincera simpatia per le creature del creato.

Franco Arminio Geografia commossa dell’Italia interna

giovedì 2 maggio 2019

Quando i miei nonni erano giovani...

Ciao, io sono Valentina. Sono nata il 19 ottobre 2006. I miei nonni, Caterina e Giancarlo, hanno rispettivamente 82 e 84 anni: mia nonna è nata il 30 gennaio 1937 e mio nonno è nato il 27 dicembre 1934.
Per una ricerca scolastica ho deciso, sulla scia dei loro racconti,  di fargli l’intervista che segue.
Questa intervista mi ha permesso di conoscere un po’ di più il loro passato e di capire quanto fosse dura la vita quando loro erano giovani.

*monega

Valentina: Quando eravate piccoli dove abitavate?
Caterina: Io abitavo a Villanova di Motta di Livenza, poi a tre anni sono andata ad abitare a Sant’Anastasio di Cessalto. In casa c’eravamo io, mio papà, mia mamma e mia sorella.
Giancarlo: Abitavo a Ca’ Cottoni con altre ventiquattro persone. Eravamo otto figli: tre femmine, cinque maschi. Abitavamo con due fratelli di mio papà; un di loro aveva nove figli: sette femmine e due maschi.

Valentina: Da piccoli cosa facevate?
Caterina: Cucivo. A 6 anni mia mamma mi ha insegnato a cucire. A 10 anni una signora si complimentò con me per la mia bravura…
Giancarlo: A 8 anni andavo già ad arare la terra con i buoi. Da adulto mi alzavo a mezzanotte per andare a lavorare la terra…avevamo 24 ettari. Andavamo ad arare con sei buoi messi a coppie. I buoi, che avevano tutti un nome proprio, erano così tanto addestrati che gli davamo indicazioni come “gira a destra” o “ gira a sinistra” e loro eseguivano.

Valentina: E nel tempo libero?
Giancarlo: Giocavamo a nascondino e a “vivi e morti”: si mettevano in piedi delle pietre e con un sasso le si colpiva, le pietre che cadevano erano “i morti”, quelle che rimanevano in piedi “i vivi”. Oppure si giocava con modellini di legno, di ferro o a calcio con un pallone fatto di carta e stracci.

Valentina: Come affrontavate l’inverno senza il riscaldamento?
Giancarlo: Per riscaldarci andavamo in stalla, ci riscaldava il calore delle mucche. In stalla c’erano una trentina di bestie: mucche, buoi e vitelli. Si utilizzava anche la “monega”*.
Caterina: Dal momento che non avevo bestiame, a casa mia ci si scaldava con la stufa a legna, oppure andavo dalle famiglie che avevano il bestiame… anche per passare un po’ il tempo insieme. Mia mamma scaldava il letto, con la “monega”, oppure metteva un mattone, prima messo nella stufa, e poi avvolto in alcune maglie vecchie.

Valentina: E come facevate per avere la luce?
Caterina: Si utilizzava il “carburo” (lampada ad acetilene) e l’olio.

Valentina: Come facevate senza servizi igienici?
Giancarlo: Si faceva “tutto” per terra. Fuori casa c’era un buco, circondato da un muro di canne e per pulirci usavamo l’erba e  “i scartossi” (foglie secche) delle pannocchie.

Valentina: Come facevate per avere l’acqua?
Caterina: Andavo a prendere l’acqua al pozzo e se ci si doveva fare il bagno in quella stessa acqua ci si lavava in tre.
Giancarlo: In estate si andava a lavarsi nel canale. D’inverno avevamo una pompa, ma non era solo per noi, serviva anche per dare da bere al bestiame.

Valentina: Dove facevate la spesa?
Caterina: Andavamo in un piccolo negozio detto “casoin”, dove trovavamo di tutto.
Giancarlo: …per comprare le sigarette rubavo le uova di gallina: tre uova per tre sigarette.

Valentina: Cosa vi ricordate della fine della Seconda Guerra Mondiale?
Giancarlo: Avevo 11 anni. Ricordo che il cognato di mia sorella è stato torturato dai tedeschi (gli hanno tolto le unghie), poi lo hanno legato e buttato nel fiume, perché i tedeschi pensavano che lui fosse un partigiano.
Caterina: Avevo 8 anni, per andare a scuola, dovevo fare 4 km a piedi, attraversando i fossi… se quando arrivavamo avevamo le mani sporche la maestra ci picchiava le mani con una bacchetta. Sentivamo e vedevamo i bombardamenti e spesso succedeva che di notte i tedeschi o i partigiani chiedessero da mangiare. Mia mamma gli faceva la polenta.

Valentina: Come vi siete conosciuti?
Caterina: Ci siamo conosciuti perché Giancarlo è venuto a casa mia a fare dei lavori (faceva anche il muratore). Siamo stati fidanzati tre mesi e subito dopo ci siamo sposati.
Giancarlo:…ma non perché Caterina fosse incinta. Io avevo 40 anni e Caterina 37.

Intervista di Valentina Gaetani IIAL

lavoro ispirato dal testo "Se magnea tuti da na padea - Mangiavamo tutti da un'unica pentola : storie di vita contadina tra le foci di Piave e Livenza intorno alla metà del Novecento" di Andreetta Dino



* Ingombrante oggetto in legno di forma ellittica utilizzato per riscaldare il letto; entro un telaio esteso da archi atti a tenere sollevate le lenzuola si trova una base di metallo, sulla quale si poggia un contenitore per le braci opportunamente prelevate dalla stufa.

martedì 9 aprile 2019

Giocando con il nostro dialetto...



El saez el piansea
parché tutti
quealtri alberi
i vea xa i buti,
e lu no!

Il salice piangeva
perché tutti
gli altri alberi
avevano già le gemme,
e lui no!

Giorgia Moro 



Me fradel se gha morsegà i lavari
da drio a palada:
ghe go dat un scufiot,
parché el stachea bacheti dal saez.

Mio fratello si mordeva le labbra
dietro la siepe:
gli ho dato uno schiaffo
perché staccava i rami dal salice.


Emma Calcinotto, Marco Tullio, Nicolas Bottosso




Coi bacheti cascadi dae palade
me tache un bel foghet
par scaldarme e man

Con i rami caduti dalle siepi
mi accendo un bel fuocherello
per scaldarmi le mani


Alice Donè



A fameja a xe importante
parchè a xe cara come l'oro
ma no tuti i ga sto dono

La famiglia è importante
perché è preziosa come l'oro
ma non tutti hanno questo dono

Matilde Salvador



Il nostro poeta: Romano Pascutto (1909-1982)


C’era una volta un uomo di nome Romano.
Romano era nato in una calda giornata di Luglio, in un piccolo paese sulle sponde del fiume Livenza.
Lui amava tanto la sua terra quanto odiava la prepotenza e l’ingiustizia. Fu così che, ancora studente, disse apertamente “no” al regime che faceva tacere chi gli era contro.
Per questo, a vent'anni fu costretto a raggiungere il fratello Sante, emigrato in Libia.
Fu allora che promise a se stesso che avrebbe lottato senza sosta per la libertà e per un mondo migliore. Tale idea mosse il cuore di molti, tanto che questi cuori si organizzarono per Resistere.
Tornato al paese nel 1942, Romano partecipo’ attivamente alla Resistenza, finendo in carcere.
Tanti luoghi qui attorno ci ricordano che il regime non era, di certo, tenero con chi resisteva: lo sanno le piazze, lo sanno gli alberi e anche i muri.
Arrivò il 1945 e la tanto sospirata Liberazione.
Romano era finalmente libero e continuò a tenere fede alla sua promessa, si impegnò, a oltranza, per migliorare il mondo, partendo proprio dal suo amato paese.
Lui diventò Sindaco di San Stino di Livenza, e fu anche il poeta che ne elevò il dialetto a lingua letteraria, non dimenticando mai l’impegno civile.
Romano scrisse della sua gente: gente di campagna che si affacciava alla ripresa del dopoguerra, tra sfruttamento e grandi valori del mondo contadino, gente che viveva, che soffriva, che gioiva, che moriva, lasciando in eredità un solo grande insegnamento, si piange da soli e si ride in compagnia.

Eredità
I me veci no m'ha lassà nissuna eredità.
I m'ha insegnà 'na roba che no bute via:
a pianzer da sol e a rider in compagnia.

(Romano Pascutto, L'acqua, la piera, la tera)

martedì 16 ottobre 2018

Il mito di Prometeo, il ladro del fuoco



Prometeo e Zeus erano molto amici e spesso mangiavano insieme.
Un giorno Prometeo consigliò al padre degli dèi di creare gli uomini. 
Zeus propose a Prometeo di plasmare delle statuette di  argilla, per dargli un modello di come dovessero essere creati l'uomo e la donna.
Lui lo fece e Zeus diede vita alle due statuette.
Prometeo amava davvero queste creature e decise di donargli l'intelligenza.
A lui piaceva davvero molto stare con gli uomini, anzi gli piaceva stare più con gli uomini che con gli dèi: Zeus ne diventò geloso.
Il padre degli dèi, per testare se potesse ancora fidarsi di Prometeo o meno, lo mise alla prova: invitò lui e i suoi amici uomini a pranzo sull'Olimpo.
Zeus prese un bue intero e disse a Prometeo di dividere, in due, la carne per il pasto (una parte per il padre degli dèi e una parte per gli uomini), aspettandosi che la miglior scelta di carne sarebbe andata a lui.
Prometeo per non far arrabbiare subito Zeus, e per far felici gli uomini, mise in un sacco la carne migliore coprendola però con lo stomaco del bue (una parte non molto buona) e mise in un altro sacco le ossa con sopra il grasso, la parte più gustosa.
Zeus, sbirciando all'interno dei sacchi, prese per sé il secondo sacco.
Dopo essersi accorto dell'inganno, il padre degli dèi decise di punire Prometeo, punendo i suoi cari amici uomini, togliendogli il fuoco.
Prometeo di nascosto riuscì a riprenderselo, mentre Zeus e gli altri dèi dormivano.
Quando il padre degli dèi se ne accorse punì severamente Prometeo, che aveva osato sfidarlo, facendolo legare ad una roccia e mandandogli ogni notte un'aquila dal becco ricurvo che costantemente gli mangiava il fegato, che continuava a rigenerarsi.
Questa punizione durò anni, finché un giorno Eracle uccise l'aquila e liberò Prometeo.
Quando Zeus lo seppe, dapprima si arrabbiò, ma poi decise che la punizione che aveva inflitto a Prometeo era durata abbastanza e gli consentì di tornare a vivere una vita normale, tra gli uomini che aveva sempre difeso.

Irene Dal Tin e Mohamed Jacem Mtira di IIAL


giovedì 4 ottobre 2018

Film: la leggenda del pianista sull'oceano

La leggenda del pianista sull'oceano è un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco.



Il piroscafo Virginian arriva a New York.
Migranti di terza classe e ricchi di prima classe sbarcano.
Danny Boodman, un macchinista di colore del Virginian, fa un giro nel salone delle feste per cercare oggetti di valore, persi e/o dimenticati.
Non trova nulla di prezioso, ma sopra il pianoforte trova un neonato abbandonato dentro una cassetta di limoni, di marca T.D.
Decide di tenerlo con sé nel locale caldaia e di crescerlo.
Lo chiama Danny Lemon T.D. Novecento (perché il ritrovamento avviene nel gennaio del 1900).

A raccontare questa storia, attraverso dei flashback, è Max Tooney, trombettista del Virginian, amico di Novecento.

Danny Lemon T.D., a otto anni, rimane orfano una seconda volta: Danny Boodman muore a causa di un incidente sul lavoro.

Il piccolo crescerà all'interno del piroscafo, scoprendo l'amore per la musica e un innato talento per il pianoforte...

Nicolò Lucchetta IIIBL

lunedì 23 aprile 2018

Qualcosa (di Chiara Gamberale) per la Giornata Mondiale del libro


In  un regno, da un re e una regina nacque una bambina: Qualcosa di Troppo.
Un giorno, quando Qualcosa di Troppo, aveva tredici anni, la madre morì.
La ragazzina scappò in collina per sfogare, urlando, tutta la sua disperazione. Lì conobbe il Cavalier Niente che rimproverò Qualcosa di Troppo perché le sue urla lo distraevano dal suo non fare niente. La principessa si offese: il suo dolore non veniva rispettato, lei aveva un buco nel cuore.
Il Cavalier Niente le suggerì di non far nulla per guarire,  ma Qualcosa di Troppo non seguì il suo consiglio e fece tanto, troppo per non pensare e per non sentire, fino a quando.... (continua a legger il libro!)

Carolina Ronchiato, IAL

fumetto del romanzo realizzato dalla classe IAL

martedì 6 marzo 2018

Galileo Galilei (- 3 giorni alla visita d'istruzione a Padova)



Le invenzioni di Galileo

Era la terza volta che si alzava dal letto quella notte.
"Ancora una volta ho mangiato troppo, maledizione, e ora non riesco a dormire". Ma non era solo quello che lo rendeva così inquieto. Era quello che aveva visto con un aggeggio che andava perfezionando da un po': "il tubo" di un occhialaio olandese con cui si vedevano vicine le cose lontane. Pensava di venderlo alla Marina Veneziana: poteva essere un bel colpo, utilissimo per vedere le navi dei pirati dalmati che assalivano le navi della Repubblica Serenissima, prima di essere visti e così poter scappare. Ma quello che Galileo aveva visto alzando il cannocchiale al cielo lo aveva turbato a fondo e aveva acceso la sua curiosità. Aveva visto, 8 volte più grande che a occhio nudo, la Luna su cui c'erano montagne e ombre, crateri, deserti. Altro che corpo perfetto come si credeva! E quelle piccole stelle che aveva visto la prima volta il 7 gennaio 1610 vicino a Giove. Prima tre, poi due e poi quattro, tutto in 7 giorni. E non stavano fisse ma seguivano Giove: cos'erano? E come poteva accadere se, come si credeva, era la Terra al centro dell'Universo e le stelle giravano intorno? No, non poteva dirlo, nessuno gli avrebbe creduto. Era quasi l'alba del 16 gennaio 1610 quando smise di rimuginare. "Proprio io che insegno che quel che vale è l'evidenza delle esperienze che possiamo fare e rifare non posso stare zitto. Devo dire tutto e al diavolo se nessuno mi crederà".
Ritrovata la calma, Galileo prese carta e penna e iniziò a scrivere il Sidereus Nuncius (L'avviso astronomico), un libro in cui c'era tutto quello che aveva visto: da quel momento, quello che l'uomo pensava del cielo cambiò per sempre.



lunedì 5 marzo 2018

La città dei "4 senza" (- 4 giorni alla visita d'istruzione a Padova)


Caffè Pedrocchi


Padova viene definita la città dei "4 senza" perché
  • la Basilica di Sant'Antonio è talmente famosa da essere conosciuta solo come "il Santo", senza nome;
  • il grande cavallo ligneo di Donatello a Palazzo della Ragione è senza cavaliere;
  • il Caffè Pedrocchi, uno dei simboli della città, luogo di incontro per intellettuali e artisti, è stato definito "senza porte" perché dal 1831 al 1916 era aperto giorno e notte;
  • Prato della Valle non è un giardino, ma è una piazza, quindi viene definito senza erba, anche se in realtà c'è dell'erba, ma non quanta ci si aspetterebbe se fosse un prato.
Prato della Valle


Apriamo il tour di preparazione alla nostra visita d'istruzione proprio con Prato della Valle.

Prato della Valle è la piazza più grande d'Europa: ci si potrebbero costruire dentro addirittura 8 campi da calcio.
Ha 4 ponti che portano a una specie di isola con un canaletto di acqua intorno, una bella fontana che zampilla al centro e, lungo i bordi del canale, tante statue.
Per essere proprio precisi, le statue intorno a Prato della Valle sono 78 e rappresentano personaggi importanti che nei secoli passati hanno avuto a che fare con Padova, come Antenore, il leggendario fondatore della città, il celebre pittore Andrea Mantegna, il famoso poeta Torquato Tasso e molti altri ancora.
Tra questi personaggi quello che guarda in alto, verso il cielo, è il grande scienziato Galileo Galilei.

Classi II della Fogazzaro

sabato 13 gennaio 2018

Rita Levi Montalcini (1909-2012): "soprattutto, non temete i momenti difficili. Il meglio viene da lì."



Quando la sua tata morì di cancro, Rita decise di diventare una dottoressa.
Era particolarmente affascinata dai neuroni (ciò di cui è fatto il nostro cervello), così, dopo la laurea, cominciò le sue ricerche in questo campo insieme a uno straordinario professore di nome Giuseppe Levi e a un gruppo eccezionale di scienziati.
Erano nel bel mezzo di un'importante ricerca quando un crudele dittatore promulgò una legge: gli Ebrei non potevano lavorare all'università.
Rita fuggì in Belgio insieme al professore, che era ebreo come lei. Ma quando i nazisti invasero il Belgio, dovette fuggire e tornò in Italia.
E' difficile lavorare come scienziata quando devi nasconderti in continuazione e non hai accesso a un laboratorio, ma Rita non si arrese.
Trasformò la sua camera in un piccolo laboratorio di ricerca. Affilò gli aghi da cucito per creare strumenti chirurgici e sistemò un piccolo tavolo operatorio di fronte al letto, che usava per dissezionare i polli e studiare le cellule al microscopio.
Quando la sua città (Torino) fu bombardata, Rita fuggì un'altra volta, e poi un'altra ancora. Di nascondiglio in nascondiglio, tuttavia, qualunque fossero le difficoltà e ovunque si trovasse, continuava a lavorare.
Per la sua opera nel campo della neurobiologia, Rita ricevette il Nobel per la medicina: la terza persona della sua classe di medicina a ottenere questo risultato!

biografia tratta da "Storie della buonanotte per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo

Per approfondire Elogio dell'imperfezione di Rita Levi-Montalcini

lunedì 8 gennaio 2018

Margherita Hack (1922 - 2013): "le stelle non sono molto diverse da noi, nascono, crescono..."



Una volta, in una via di Firenze chiamata Via delle Cento Stelle, nacque una bambina. Si chiamava Margherita e da grande sarebbe diventata una straordinaria astrofisica, una scienziata che studia le proprietà delle stelle e dei pianeti.
Mentre studiava fisica, Margherita si interessò sempre di più alle stelle.
"Siamo parte dell'evoluzione dell'universo" diceva. "Dal calcio delle nostre ossa al ferro del nostro sangue, siamo fatti interamente di elementi creati nel cuore delle stelle. Siamo davvero figli delle stelle."
Il posto preferito di Margherita era l'Osservatorio di Arcetri. Su una collina di Firenze, scrutava i cieli attraverso un enorme telescopio, con la testa piena di domande: come si evolvono le galassie? Quanto distano le stelle l'una dall'altra? Cosa possiamo imparare dalla loro luce?
Margherita viaggiò in tutto il mondo, tenendo conferenze e ispirando altri a studiare le stelle. Tornata a Firenze, divenne la prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico.
Diceva che alcune delle sue migliori amiche erano stelle. Si chiamavano Eta Boo, Zeta Her, Omega Tau e 55 Cygni. C'è perfino un asteroide che porta il suo nome!
Per Margherita, essere una scienziata significava basare la propria conoscenza del mondo naturale sui fatti, sulle osservazioni e sugli esperimenti, e avere un'instancabile curiosità per il mistero della vita.

biografia tratta da "Storie della buonanotte per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo
scelta dalla IIBL

Per approfondire Qualcosa di inaspettato di Margherita Hack

domenica 26 novembre 2017

Malala Yousafzai: "Quando tutto il mondo tace, anche una sola voce diventa potente"



C'era una volta una bambina a cui piaceva molto andare a a scuola. Si chiamava Malala.  Malala abitava in un tranquillo villaggio del Pakistan. Un giorno, un gruppo di uomini armati chiamati talebani prese il controllo della valle, terrorizzando la gente con i suoi fucili.
I talebani proibirono alle bambine e alle ragazze di andare a scuola.
Molte persone non erano d'accordo, ma per sicurezza preferirono tenere le loro figlie a casa.
Malala pensava che fosse ingiusto, e lo scrisse nel suo blog. Amava molto la scuola, perciò un giorno disse in TV: "L'istruzione è potere per le donne. I talebani stanno chiudendo le scuole femminili perché non vogliono che le donne abbiano potere".
Qualche giorno dopo, Malala prese il suo scuolabus come al solito. Ad un tratto, però, due talebani fermarono l'autobus e gridarono: "Chi di voi è Malala?"
Quando le sue amiche la guardarono, gli uomini spararono e la colpirono alla testa.
Malala fu subito portata in ospedale e non morì. Migliaia di bambini e bambine le scrissero di guarire presto, e lei si riprese più in fretta di quanto si potesse immaginare.
"Pensavano di farci tacere con i proiettili, ma non ci sono riusciti" ha detto. Anzi, anzi nel 2014 Malala è stata la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la Pace.
"Prendiamo i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo."

scelta da Carolina Brichese e Nicolò Lucchetta IIBL

Alfonsina Strada (1891 - 1959): "Nessuno può fermare la mia bicicletta."



C'era una volta una bambina che era velocissima sulla sua bicicletta. Quando passava lei, era come veder passare un lampo. "Non andare così forte, Alfonsina!" le gridavano i suoi genitori. Troppo tardi: era già sparita.
Quando la bambina diventò grande e si sposò, i suoi sperarono che finalmente avrebbe abbandonato l'idea folle di diventare una ciclista. Invece, il giorno delle nozze, suo marito le fece un dono: una bici da corsa nuova di zecca. I due si trasferirono a Milano, e Alfonsina cominciò ad allenarsi come una professionista.
Era così veloce e così forte, che alcuni anni dopo si iscrisse al Giro d'Italia, una delle corse più dure del mondo. Nessun'altra donna ci aveva mai provato. "Non ce la farà mai " diceva la gente. Ma nessuno poteva fermare Alfonsina.
La corsa era lunga e molto faticosa, con dodici tappe in un giorno ciascuna, e si inerpicava per alcune delle strade di montagna più ripide d'Europa. Dei novanta ciclisti alla partenza, solo trenta tagliarono il traguardo: Alfonsina era una di loro. Fu accolta come un'eroina.
L'anno seguente, tuttavia, le fu proibito di partecipare. "Il Giro d'Italia è una corsa per soli uomini" dichiararono gli organizzatori. Ma neanche questo la fermò.
Continuò a correre e stabilì un record di velocità che rimase insuperato per ventisei anni, nonostante la sua bicicletta pesasse venti chili e avesse un'unica marcia!
Oggi il ciclismo femminile è uno sport molto popolare ed è perfino diventato disciplina olimpica. Alfonsina sarebbe felice di sapere che le cose sono cambiate molto da quando era bambina.

biografia tratta da "Storie della buonanotte  per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo scelta da Angela Lucchetta IIBL

Per approfondire Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada di Paolo Facchinetti

martedì 31 ottobre 2017

Cinema: Big Fish

Edward Bloom affascina tutti con incredibili storie sul proprio passato: imprese divertenti e surreali che comprendono giganti, streghe, lupi mannari e, naturalmente, un grosso pesce che rifiuta di farsi catturare.
I suoi racconti incantano chiunque, tranne il figlio Will. Ma quando Edward si ammala, Will tenta finalmente di separare il mito dalla realtà e di fare i conti una volta per tutte con le grandi imprese e i fallimenti del padre.


Questo film mi è piaciuto molto!
L'ho trovato interessante perché c'erano una storia reale insieme a una fantastica, momenti in cui si è riso e parti più toccanti.
Sharon Gusso IAL

E' stato divertente, pauroso ed emozionante, tutto allo stesso tempo.
Le storie di Edward erano bellissime.
Mi è piaciuto l'episodio del licantropo, in cui Edward dice che alcune creature sembrano cattive, ma in realtà sono solo sole.
Mi ha commosso la parte in cui a raccontare la storia, non è più Edward, ma Will, che  con la sua narrazione, continua a rendere la vita del padre una bellissima favola.
Dal Tin Irene IAL

lunedì 16 ottobre 2017

Voce alle ragazze!


*Sogni, lotte, dubbi, sconfitte e vittorie delle ragazze di ieri e di oggi
*scienziate, donne di spettacolo, sportive, politiche, artiste che hanno faticato e faticano a far sentire la loro voce
*il potere di cambiare le cose attraverso il duro lavoro e la fiducia nella possibilità di cambiare il mondo
*passione, curiosità e generosità
e molto altro ancora...
Questi saranno i temi delle letture ad alta voce che le ragazze della Scuola Secondaria di I grado 'Fogazzaro' faranno nelle loro incursioni letterarie nelle varie classi della scuola, dal 24 al 27 Ottobre.



Martedì 24 ottobre le ragazze della IAL leggono le biografie di:
Mercoledì 25 ottobre le ragazze della IBL leggono le biografie di: 
Giovedì 26 ottobre le ragazze di IIIAL leggono le biografie di:
Venerdì 27 ottobre le ragazze si IIBL leggono le biografie di:


venerdì 15 settembre 2017

Abbiamo iniziato gli allenamenti per Il Veneto Legge!


Lorenzo Fiorentino, Angela Lucchetta, Davide Masiero


Venezia, vista dall'alto, è una colossale sogliola stesa sul fondo della laguna, che si è fermata nell'Adriatico dopo aver vagato per tutto il mondo.
Girando per il globo, questo pesce si è portato sulle squame un pezzettino di ogni paese che ha costeggiato, fermandosi poi, esausto, nel Mediterraneo.
In seguito l'animaletto ha abboccato all'amo: un ponte l'ha legato alla terraferma e per paura che ripartisse è stato pure ancorato.
Il modo in cui Venezia è stata inchiodata al fondale ricorda un romanzo di Bohumil Hrabal , Ho servito il re d'Inghilterra, dove un bambino ha l'ossessione dei chiodi: li pianta su qualsiasi pavimento. 
Le fondamenta di Venezia sono, infatti, milioni e milioni di pali di legno conficcati nel terreno fangoso della laguna. 
Tutti questi tronchi formano un bosco capovolto, che regge l'antica città... sembra quasi l'invenzione di uno scrittore di fantascienza, invece è tutto reale.

Carolina Brichese, Nicolò Lucchetta, Christian Rossetto (IIBL)


sabato 8 ottobre 2016

La versione di Alice della fiaba "il gallo d'oro" di Aleksandr Sergeevič Puškin



C'era una volta un re, molto vecchio, che non aveva mai tempo di riposarsi, perché i suoi nemici lo attaccavano in continuazione.
Un giorno arrivò al castello un saggio che regalò al re un gallo d'oro. 
Il saggio spiegò al sovrano che se il gallo avesse cantato, da lì a poco sarebbe iniziata una battaglia, e lui avrebbe così saputo anticipare i nemici.
Il re, per ringraziare il saggio, disse che avrebbe realizzato qualsiasi suo desiderio.
Un giorno il gallo cantò e il re mandò il figlio maggiore ad affrontare i nemici.
Dopo poco tempo il gallo ricantò e il re mandò il figlio minore ad affrontare i nemici...ma i due figli non tornarono più indietro.
Allora il re in persona si recò nel punto in cui c'era stata la battaglia e vide che i suoi figli e tutti i suoi soldati erano morti.
Proprio mentre il re era lì, uscì da una tenda una bellissima principessa, che invitò il re a farle compagnia nella sua abitazione. I due rimasero insieme una settimana.
Il re decise di portare la bella principessa al suo palazzo.
Lì incontrarono il saggio che espresse al re il suo desiderio: avere la mano della bella principessa.
Il re non gliela concesse e con un colpo di scettro, sul capo, uccise l'insistente saggio.
Il gallo d'oro si vendicò, beccando a morte il re...e la principessa scomparve nel nulla.

mercoledì 18 novembre 2015

C'era una volta

Biagio
C'era una pecorella verde di nome Biagio. A lui piaceva tanto dormire sull'erba, ma questo gli comportava un sacco di problemi: il suo padrone non lo vedeva e spesso veniva scambiato per erba, dalle altre pecore, che finivano per brucargli le orecchie e calpestarlo.
Un giorno d'inverno, dopo una nevicata, Biagio si rotolò sulla neve, coprendo così il suo manto, che diventò bianco. Stava proprio mostrando il suo candido pelo alle altre pecore, quando spuntò il sole che sciolse la neve, e Biagio ritornò verde.
Un giorno d'autunno, dopo una fitta pioggia, Biagio si rotolò sul fango, ma quando ritornò a piovere il fango colò e Biagio ritornò verde.
Un giorno di primavera Biagio entrò nella casa del suo pastore e si rotolò sulla cenere del camino, diventando nero. Uscì dalla casa e cominciò a vantarsi, con il resto del gregge, del suo splendido manto nero, quando iniziò a soffiare un forte vento che gli portò via tutta la cenere e Biagio ritornò verde.
La pecorella verde era molto triste: non mangiava e non dormiva più.
Il pastore e sua moglie erano molto preoccupati, così un pomeriggio d'estate, la moglie del pastore disse a Biagio che se lui avesse voluto, lei avrebbe potuto colorarlo con i coloranti per i maglioni, ma né di nero, né di marrone, né di bianco, perché non possedeva quei colori.
Biagio accettò: era diventato una pecorella rosa shocking, ed era molto, ma molto felice di poter dormire tranquillamente sull'erba.
Alexandra Lobont e Alessia Zago (IA)