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venerdì 27 maggio 2022

Posa del Minotauro di Gastone Barbetta alla scuola "A. Fogazzaro" di La Salute di Livenza

 

IL MINOTAURO, opera lignea di Gastone Barbetta

Quattro anni fa, con i nostri amici dell'associazione La Macchia Verde, abbiamo intrapreso un interessante percorso, con l'artista Pasquale Luongo, sul mito del Minotauro. Da quel laboratorio sono nate "cose" bellissime come il LABIRINTO DI CNOSSO, l'opera di land art che si trova nel parco golenale della Livenza, a La Salute di Livenza, vicino alla nostra scuola.

da sinistra a destra Steve Ongaro, Gastone Barbetta e
Claudio Schiavon dell'Associazione La Macchia Verde,
 l'assessore Rita Fanton e la responsabile
di plesso la Prof.ssa Rosaria Imbesi

Oggi finalmente, dopo una lunga pausa dovuta alla pandemia, siamo riusciti a concludere il percorso, con la posa, nel giardino della nostra scuola, dell'opera di Gastone Barbetta,  IL MINOTAURO, ricavata da un tronco di  robinia.

tutti insieme all'aria aperta

Gli alunni hanno impreziosito la manifestazione leggendo il mito del Minotauro e suonando tastiere, metallofoni, chitarre, diretti dalla Prof.ssa Anna Piasentier. E' stata proprio una bella mattinata!

come sempre
GRAZIE MACCHIA VERDE!

mercoledì 17 novembre 2021

Il mito di Aracne, la fanciulla che osò sfidare Atena

 

Aracne in un'incisione di Gustave Doré per il dodicesimo canto (c. XII) del Purgatorio

Aracne era una fanciulla abilissima nella tessitura, tanto che girava voce che avesse imparato l'arte direttamente da Atena, mentre lei affermava che fosse la dea ad aver imparato da lei. Ne era tanto sicura che sfidò la dea a duello.

Di lì a poco un'anziana signora si presentò ad Aracne, consigliandole di ritirare la sfida per non causare l'ira della dea. Quando lei replicò con sgarbo, la vecchia uscì dalle proprie spoglie rivelandosi come la dea Atena, e la gara iniziò.

Aracne scelse come tema della sua tessitura gli amori degli dei; il suo lavoro era così perfetto ed ironico verso le astuzie usate dagli dei per raggiungere i propri fini che Atena si adirò, distrusse la tela e colpì Aracne con la sua spola.

Aracne, disperata, cercò di impiccarsi, ma la dea la trasformò in un ragno costringendola a filare e tessere per tutta la vita dalla bocca, punendola così per l'arroganza dimostrata.


martedì 9 aprile 2019

La mia prima esperienza con il ciclope assieme ad Odisseo


Presi dalla stanchezza cercammo un rifugio, una grotta, qualunque cosa che sarebbe potuta esserci utile per ripararci. La ricerca durò ben due faticosissime ore, con il lerciume per i tanti mesi senza lavarsi, il sudore, lo stomaco che gorgogliava dalla fame e la gola arsa e secca per la sete. Eravamo tutti scoraggiati fino al fatale momento, anche se noi non gli credevamo, in cui Odisseo urlò: "Fermate la nave, ho visto una grotta!” A quelle parole tutti (io compreso) sussultammo facendo un sospiro di sollievo. Pensai: ”Finalmente una sosta, del cibo, dell’acqua!” Ero al massimo della felicità, non sapendo cosa ci stesse aspettando. Al culmine della gioia sbarcammo ed entrammo nella grotta, ignari della nostra orribile sorte. Festeggiammo ma probabilmente non avremmo dovuto cantare vittoria troppo presto perché proprio in quel momento udimmo dei passi, dei passi pesanti e la terra vibrare come un terremoto “BUM! BUM!” Da quei rumori restammo immobilizzati, a quel punto ci apparve un mostro, un mostro enorme: aveva un solo occhio, un solo spaventosissimo occhio, con delle vene di un rosso intenso e pulsanti. Era agghiacciante. Gridò parole che feci fatica a comprendere con quella voce rauca: "Andatevene se non volete morire sbranati!” Tutti ci guardammo impauriti e poi guardammo Odisseo, di lui ci saremmo fidati ciecamente, era un uomo furbo e ingegnoso, un eroe, ma lui rispose con lo sguardo di chi, in questo caso, non sapeva che fare. Il mostro allora prese due nostri compagni con la tozza mano e li strinse senza pietà. Vidi i miei compagni di viaggio lasciare la vita. La disgustosa creatura prese le loro teste e le sbatté a terra come uova e piano piano si mise a mangiare i loro arti uno ad uno. Il loro sangue scendeva impetuoso ed io ero terrorizzato: sapevo di poter essere il prossimo. L’alba arrivò svelta e noi eravamo completamente spaesati. L’indomani mattina l’orribile gigante si mangiò altri due nostri compagni. Fu a quel punto che Odisseo porse alla bestia un calice di vino e io intuii che aveva un piano. Alla belva il vino piacque talmente tanto che ne bevve tre calici. Si ubriacò, così noi affilammo un bastone e Odisseo disse al mostro: ”Se ci dai ospitalità io ti svelo il mio nome: Nessuno”. L’essere orribile si addormentò e fu così che ci armammo di coraggio e del bastone che ZAC! infilammo nell'occhio lasciandolo cieco. Quando il ciclope chiese aiuto ai suoi compagni, gli domandarono chi lo avesse ferito e lui rispose nessuno. Nel frattempo noi scappammo e, da una certa distanza, Odisseo gridò alla bestia la sua vera identità. Ringrazio ogni giorno gli Dèi per essere uscito vivo da quella tragedia.

Sofia Valente IC

martedì 16 ottobre 2018

Il mito di Prometeo, il ladro del fuoco



Prometeo e Zeus erano molto amici e spesso mangiavano insieme.
Un giorno Prometeo consigliò al padre degli dèi di creare gli uomini. 
Zeus propose a Prometeo di plasmare delle statuette di  argilla, per dargli un modello di come dovessero essere creati l'uomo e la donna.
Lui lo fece e Zeus diede vita alle due statuette.
Prometeo amava davvero queste creature e decise di donargli l'intelligenza.
A lui piaceva davvero molto stare con gli uomini, anzi gli piaceva stare più con gli uomini che con gli dèi: Zeus ne diventò geloso.
Il padre degli dèi, per testare se potesse ancora fidarsi di Prometeo o meno, lo mise alla prova: invitò lui e i suoi amici uomini a pranzo sull'Olimpo.
Zeus prese un bue intero e disse a Prometeo di dividere, in due, la carne per il pasto (una parte per il padre degli dèi e una parte per gli uomini), aspettandosi che la miglior scelta di carne sarebbe andata a lui.
Prometeo per non far arrabbiare subito Zeus, e per far felici gli uomini, mise in un sacco la carne migliore coprendola però con lo stomaco del bue (una parte non molto buona) e mise in un altro sacco le ossa con sopra il grasso, la parte più gustosa.
Zeus, sbirciando all'interno dei sacchi, prese per sé il secondo sacco.
Dopo essersi accorto dell'inganno, il padre degli dèi decise di punire Prometeo, punendo i suoi cari amici uomini, togliendogli il fuoco.
Prometeo di nascosto riuscì a riprenderselo, mentre Zeus e gli altri dèi dormivano.
Quando il padre degli dèi se ne accorse punì severamente Prometeo, che aveva osato sfidarlo, facendolo legare ad una roccia e mandandogli ogni notte un'aquila dal becco ricurvo che costantemente gli mangiava il fegato, che continuava a rigenerarsi.
Questa punizione durò anni, finché un giorno Eracle uccise l'aquila e liberò Prometeo.
Quando Zeus lo seppe, dapprima si arrabbiò, ma poi decise che la punizione che aveva inflitto a Prometeo era durata abbastanza e gli consentì di tornare a vivere una vita normale, tra gli uomini che aveva sempre difeso.

Irene Dal Tin e Mohamed Jacem Mtira di IIAL