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giovedì 27 febbraio 2025

L’entrata all’inferno

Una goccia di rugiada mi svegliò bruscamente. Sollevai le pesanti palpebre e mi alzai lentamente. Un vento gelido mi travolse portandosi dietro un cumulo di foglie umidicce. Quando fui completamente in piedi, mi guardai intorno confuso.

Buio.

L’oscurità che avvolgeva la fitta selva mi terrorizzava. Anche se ci fosse stata un po' di luce, l’ubriachezza del peccato mi accecava.

Infine mi feci coraggio e mi addentrai nel folto intreccio di rami, rovi e alberi secolari dall’aspetto inquietante.

Quando tutto ormai era perduto vidi all’orizzonte un raggio di luce.

Lo rincorsi con le poche energie rimaste finché davanti a me apparve una piana con uno spettacolo divino. La città santa appariva in tutta la sua magnificenza e il suo splendore con grandi cupole.

Un po’ più a destra della città sorgeva un colle con tre croci illuminate da una luce stupenda. Una brezza leggera mi accarezzò ma subito sentii un ringhio e deglutii. Mi voltai e vidi tre belve feroci: una lupa, una lonza e un leone.

Cominciai un’improvvisata fuga ma continuavo a sentire il fiato degli animali sul mio delicato corpo.

Qualcuno mi toccò la spalla.

Rabbrividii.

Mi girai di colpo e vidi Virgilio in carne ed ossa… più o meno. Era pallido come un fantasma e aveva un aspetto tranquillo.

“Dante” cominciò il poeta con fare calmo. “Sono qui per farti fare un viaggio spirituale per condurti alla verità”.

“Non ne sono degno, Dominus” risposi automaticamente.

La mia non era umiltà, bensì paura. Il mio timore mi aveva di nuovo evitato una possibilità di cambiamento. Mi sentii un codardo e allo stesso tempo uno stupido. Come se mi avesse letto nel pensiero, la mia guida mi rispose:

“Non temere, Dante. Questo viaggio è voluto da Dio!”.

La cosa mi tranquillizzò. Dopo un po' che camminavamo ci apparse davanti una porta colossale. Era fatta di roccia e granito e dietro di essa fiamme infernali divampavano impietose su gente ululante e crani carbonizzati. Sulla porta di marmo erano incise parole in caratteri cubitali.

“Le tue risposte le troverai lì dentro" mi disse in tono amorevole.

Respirai lentamente.

Strinsi la mano alla mia saggia guida.

Feci un passo ed entrai nella porta colossale.

Intanto alle nostre spalle un tornado bollente sollevò un cumulo di ossa carbonizzate. L'aria si fece cupa e le porte dell’inferno si richiusero.

Giovanni Buriola IIDS 

martedì 4 febbraio 2025

Paolo e Francesca

Questa è una storia che parla di un amore doloroso e tragico, tuttavia eterno.

In un pomeriggio del 1275 nelle mani di Francesca c’è un libro, un racconto che narra di un amore lontano, di passione e di destino. Le parole accendono nel cuore di entrambi un desiderio che non possono controllare. Il romanzo che i due stanno leggendo parla di un destino irrealizzabile fra Lancillotto e Ginevra, il più potente cavaliere di Re Artù e la regina che tiene il suo cuore tra le mani.

La lettura di quel libro diventa il loro incontro segreto, il momento in cui si realizza l’amore proibito. 

Mentre leggono, si guardano negli occhi e sentono crescere un sentimento che non possono ignorare.

All’improvviso, senza dirsi nulla, si baciano. 

In quel momento, il mondo intorno a loro sparisce e restano solo loro due, legati da una passione che cambierà tutto. Quel bacio è l’inizio della loro sofferente storia d’amore.

Loro sono completamente ignari delle conseguenze, che porteranno al loro comune destino.

Un giorno Gianciotto, il marito di Francesca, scopre della relazione tra lei e Paolo, suo fratello minore. Gianciotto era figlio di Malatesta da Verrucchio, era un uomo sgraziato, deforme e anche severo e violento.

L’ira lo acceca in un impeto di rabbia, corre verso di loro, pronto a vendicarsi. Non c’è tempo di scappare: in un attimo il marito afferra una spada e colpisce profondamente e ripetutamente i due innamorati.

Francesca urla, ma ormai è troppo tardi: l’unica cosa che riusciva a intravedere durante i suoi ultimi battiti sono i loro corpi ancora uniti nella larga pozzanghera di sangue che li circondava. Una lacrima le scese sulla guancia prima di chiudere definitivamente gli occhi.

Paolo e Francesca, adesso due anime perdute nell’inferno, camminano fianco a fianco nel secondo cerchio, quello dei lussuriosi, travolti dalla tempesta infernale.

Da oggi i due saranno condannati a vivere all’interno di una terribile e malvagia bufera, così come hanno preferito in vita la bufera della passione.

Insieme, Paolo e Francesca si stringono sofferenti e cercano conforto nell’amore che li ha legati in vita e che ora li tormenterà per l’eternità.

Margherita Zanette 2DS

mercoledì 25 marzo 2020

Buon Dantedì!

Oggi, 25 marzo, data che gli studiosi individuano come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia, si celebra per la prima volta il Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri recentemente istituita dal Governo.
‪Il sommo Poeta è il simbolo della cultura e della lingua italiana, ricordarlo insieme sarà un modo per unire ancora di più il Paese in questo momento difficile, condividendo versi dal fascino senza tempo.
Noi faremo, in videoconferenza, un flash mob per "dichiarare il nostro amore per l'Italia con Dante".


In molti hanno deciso di aprire le finestre e i balconi delle proprie case per leggere parte del canto V dell'Inferno, in cui Paolo e Francesca "raccontano" il  loro amore .


Francesca da Rimini, figlia di Guido Minore da Polenta, signore di Ravenna, va in sposa intorno al 1275 a Giovanni Malatesta, signore di Rimini, chiamato Gianciotto perché "ciotto", sciancato; da lui ha una figlia di nome Concordia.
Paolo, cavaliere nobile, bello e cortese, fratello minore di Giovanni, s'innamora della cognata e Giovanni, messo in allarme da un servitore, li coglie in flagrante e li uccide.
L'episodio di Paolo e Francesca, tratto dalla Divina Commedia (Inferno, Canto V), ha avuto nel corso dei secoli grande risalto nella storia dell'arte.

Ecco la storia del loro amore in  quattro grandi opere d'arte, di pittori provenienti da diversi paesi e di diverse epoche.
Anselm Feuerbach, Paolo e Francesca, 1864

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Paolo e Francesca, 1819


Gaetano Previati, Paolo e Francesca, 1901

Gustave Doré, Paolo e Francesca, 1861

Buon Dantedì!
IIAL

lunedì 11 febbraio 2019

-10 giorni al viaggio d'istruzione delle classi Terze: geni toscani


DANTE ALIGHIERI (Firenze 1265- Ravenna 1321): poeta dei poeti

Nacque nel 1265 in una Firenze vivace e fremente, governata da banchieri e mercanti. Veniva da una stirpe di affaristi, ma visse una vita differente: niente commerci ma lettere, niente affari ma pensiero, niente denaro ma letteratura. Lui è il padre del nostro modo di raccontare, il poeta dei poeti. La sua Divina Commedia è considerata il più grande capolavoro letterario del mondo!
Nel 1302 venne esiliato da Firenze per ragioni politiche, da allora non poté più tornare nella sua amata città. Morì di malaria a Ravenna, nel 1321.


LEONARDO DA VINCI  (Vinci 1452- Amboise 1519): inventore di mondi

Nacque a Vinci nel 1452. Trascorse l’infanzia in campagna dai nonni e ricevette un’educazione disordinata. Imparò a scrivere con la sinistra e alla rovescia: quello che scriveva poteva essere letto soltanto allo specchio. A diciassette anni si trasferì a Firenze e andò a bottega da Andrea del Verrocchio, noto artista dell’epoca. Leonardo scriveva tantissimo e inventò anche dei marchingegni prodigiosi: ordigni a vapore, opere idrauliche, strumenti musicali, macchine volanti…Dove tutti gli altri vedevano qualcosa di impossibile da realizzare, Leonardo invece vedeva un’idea di come realizzarlo. “Se puoi immaginare una cosa, puoi farla, - pensava. -Perché il destino ci vende tutto ciò che vogliamo e il solo prezzo che ci chiede è il nostro lavoro.”



MICHELANGELO BUONARROTI (Caprese 1475 - Roma 1564): gigante tormentato

Figlio di un padre violento e di una madre che morì presto, da bambino Michelangelo non aveva nessuna voglia di studiare. Lo interessava solo il disegno. A tredici anni se ne andò a Firenze (era nato a Caprese, vicino ad Arezzo) e cominciò a lavorare come apprendista presso un famoso artista dell’epoca, Domenico Ghirlandaio. Dopo un anno Michelangelo lasciò la bottega, poi Lorenzo de’ Medici lo accolse alla sua corte. Lorenzo si era accorto che quel giovane scapestrato aveva un talento eccezionale: aveva capito che la sua aggressività era solo “il guscio ringhioso di un’anima dolente”.