I personaggi dei libri sono "figli" dell'autore, spesso però non sono felici di come vengono trattati, ecco perché a volte si lamentano, come fa Pinocchio che scrive al Tribunale dei minori...
Illustrissimo Signor Presidente, io sottoscritto Pinocchio, burattino (e tale voglio restare) nato a Roma (ma di babbo toscano) nel "Giornale per i bambini" il 7 luglio 1881, non voglio diventare "un ragazzino per bene" come tutti gli altri. Prima di tutto perché così voleva il mio babbo. Signorsì, il mio povero babbo Collodi, che mi ha inventato, smise subito di raccontare la mia storia: il 27 ottobre di quello stesso anno. Mi lasciò appeso all'albero dove mi avevano legato quei due malvagi che poi erano il Gatto e la Volpe.
Però è sempre meglio restare appeso ad un albero che diventare un ragazzino in questo mondo. E lì mi avrebbe lasciato legato il mio povero babbo, ma c'erano i lettori che protestavano, il Direttore del Giornale che insisteva. Così mi fece scender giù - ma solo dopo quattro mesi - e mi rimise in movimento, il 16 febbraio 1882. [...]
I lettori tanto fecero e tanto scrissero che il mio babbo [...] mi rimise per strada. [...]Finché come Dio volle, nella puntata finale del 25 gennaio 1883, mi ritrovai trasformato in un bel bambino, che io proprio non volevo.[...]
Rispettosamente
Pinocchio
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