venerdì 16 dicembre 2022

Domenica 18 dicembre: Natale in Piazza a La Salute di Livenza

 

Domenica 18 dicembre, dalle 10.00 fino al tramonto,

vi aspettiamo in piazza a La Salute di Livenza 

con il Mercatino di Natale delle Scuole.

Potrete trovare tante originali idee-regalo fatte a mano da noi,

dolci e leccornie degli stand delle Associazioni Macchia Verde e Peter Pan,

letture, musica e molto altro ancora.

Non potete assolutamente perdervi l'esibizione natalizia del coro della Fogazzaro alle 11.30!

A domenica!

lunedì 5 dicembre 2022

Il furto della collana di Margaret Davies


New York 2014, ore 23.30.

Stavo seduto sulla mia poltrona rossa davanti al caminetto, quando il telefono squillò. Alzai la cornetta (sì, noi investigatori abbiamo anche un telefono fisso, capite, per fare più scena) e risposi:

“Pronto? Sono il signor Fox, investigatore privato”

“Buonasera, signor Fox, sono Margaret Davies” mi salutò una voce debole, ma amichevole:

“Scusi l’orario, ma volevo contattarla per un furto. Vede, ieri sera era il compleanno di mio figlio, e quindi l’abbiamo festeggiato nella mia villa. Questa mattina mi sono svegliata e non ho più trovato la mia preziosa collana con diamanti, rubini, smeraldi e zaffiri.”

“Doveva valere una fortuna!” la interruppi.

“Ovviamente, ma per me non aveva solo un valore oggettivo, ma anche affettivo: me l’aveva regalata mio marito Jonathan, deceduto otto anni fa”.

“Quindi vorrebbe che io la ritrovassi?”

“Certo, se per lei va bene”.

“Raduni tutti gli ospiti che c’erano ieri sera: sto arrivando.” Abbassai la cornetta, mi misi un giubbotto e partii.

Arrivato davanti al cancello suonai il campanello. Al citofono mi rispose la stessa signora che mi aveva telefonato: “Chi è?”

“Sono il signor Fox”

“Entri pure”.

Il cancello si aprì. Una stretta stradina conduceva ad un'enorme villa che sorgeva su una collinetta.

Percorsa la stradina, bussai alla porta della villa. Mi accolse una vecchietta che dimostrava circa novant’anni. Indossava una vestaglia a fiori, portava occhiali tondi e aveva capelli grigi raccolti con buffi bigodini rosa.

“La signora Davies, presumo” dissi appena entrai in casa.

“Certo” rispose lei.

Mi tolsi il capotto, mentre la signora Davies mi accompagnava in cucina. Attorno al tavolo, vidi una decina di persone agitate che parlavano tra di loro. Pensai fossero i parenti e gli amici invitati alla festa: c’erano i due figli di Margaret con le loro mogli, i nipoti, la sorella, alcuni amici e la donna delle pulizie.

Li interrogai uno per uno, riuscendo a ricostruire gli avvenimenti della sera precedente: avevano mangiato, ballato e, verso mezzanotte, gli ospiti avevano iniziato a tornare alle proprie abitazioni.

Tutti si incolpavano a vicenda, ma molti sospettavano di David, il nipote della signora Davies. La stessa Margaret dubitava del nipote, visto che quella mattina si era comprato una nuova Ferrari, ma David aveva un alibi di ferro: era a Dubai per lavoro da qualche settimana.

Dopo di che andai ad ispezionare la camera da letto della signora Davies, visto che era  proprio lì che custodiva la sua collana. Trovai, per terra, uno straccio e lo mostrai alla signora Davies. Mi disse che apparteneva a Samantha, la donna delle pulizie e che, probabilmente, le era caduto mentre puliva la stanza. Cercai meglio e trovai un capello lungo e castano sul piedistallo su cui era custodita la collana. Pensai appartenesse al ladro e, per questo, lo feci analizzare da un amico che lavorava nella scientifica. Dopo circa venti minuti arrivò un riscontro: apparteneva ad una certa Kate Sullivan. Chiesi a Margaret se conosceva qualcuno con quel nome e lei, stupita, disse che era la moglie di suo figlio (cinquantenne). Stavo per uscire, quando sentii un gradevole, ma insolito profumo nell’aria. Non avevo mai sentito quello specifico profumo, ma riuscii a capire che apparteneva ad una linea di profumi, Nature&Co, che vendeva mia sorella Sarah.

Salutai la signora Davies e mi diressi verso casa mia.

Il giorno dopo andai a casa di Kate per farle alcune domande.

Bussai alla porta e mi aprì una ragazza di circa sedici anni, con i capelli biondi ed un vestito azzurro. Le mostrai il mio distintivo e le dissi che volevo parlare con Kate Sullivan.

Lei mi fece accomodare e chiamò sua madre, una signora di circa quarant’anni con i capelli castani e gli occhi verdi, che indossava maglietta e pantaloni grigi.

Mentre l’aspettavo sentii nell’aria lo stesso profumo che mi aveva incuriosito a casa della signora Davies.

Parlando con Kate, capii che era molto affascinata dalla collana, ma, appena le dissi del capello, scattò subito sulla difensiva. Molto sospetto, ma non avevo tante prove. Perciò, deluso ma motivato, tornai a casa mia e pensai, pensai e pensai, ma senza risultati. Il giorno dopo tornai a casa Davies, sulla scena del crimine. Riflettei sulle prove trovate: un capello, il profumo e, anche se non importante, lo straccio. Tutte riconducevano a Kate. Mancava solo un pezzo del puzzle: in che modo avrebbe potuto rubare la collana? Era stata sempre insieme al marito la sera della festa.

Così si creò un'idea dentro la mia testa, corsi subito nella camera di Margaret, e lì trovai la donna delle pulizie intenta a cancellare le prove! Restai a bocca aperta; questo era uno dei più gravi reati nel mondo del crimine: occultare le prove ostacolando le indagini! La bloccai subito e la arrestai.

Interrogandola, crollò rivelando tutto: era molto invidiosa di quella collana e quindi, la sera della festa, la rubò.

Venne messa in prigione e, il giorno dopo, venne ritrovata la collana.

La signora Davies mi ringraziò moltissimo, ma io le dissi che non era stata un’impresa difficile.

Tornai a casa e continuai quello che avevo lasciato a metà: accesi il caminetto, mi sedetti sulla mia poltrona rossa, aprii il mio libro e cominciai a leggere.

Tommaso Vio IIBL

martedì 22 novembre 2022

Perché la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne si celebra il 25 novembre?



La giornata internazionale contro la violenza sulle donne è stata istituita dall'Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana durante la crudele dittatura di Raphael Trujillo.

Le sorelle Mirabal erano quattro: Minerva, Patria, Maria Teresa e Dedé. La gente le chiamava "Las Mariposas", "Le Farfalle".

Tre di loro Minerva, Maria Teresa e Patria  vennero uccise in quel lontano 25 novembre per le loro idee politiche e perché reputavano un dovere l'esporsi per sostenerle. Vennero uccise perché la loro sfrontata femminilità, il loro modo di essere donne irritava il regime.

I loro cadaveri furono messi in macchina per simulare un incidente al quale però nessuno credette. Nonostante la censura imposta dal regime di Trujillo, fu subito chiaro che le sorelle Mirabal erano state uccise e molte coscienze si scossero.

Il coraggio delle sorelle Mirabal fu di grande ispirazione per i domenicani e diede loro la forza di opporsi alla dittatura. Alla fine Trujillo fu abbattuto.

Sull'obelisco alto più di quaranta metri che Trujillo aveva fatto erigere, a Santo Domingo, per celebrare il suo potere, oggi c'è un murale che celebra le sorelle Mirabal, le quattro farfalle che sfidarono un tiranno.

Patria (27 febbraio 1924 - 25 novembre 1960)

Minerva (12 marzo 1926 - 25 novembre 1960)

Maria Teresa (15 ottobre 1935 - 25 novembre 1960)

Dedé (1 marzo 1925 - 1 febbraio 2014)


giovedì 17 novembre 2022

No alla Mafia!


Questa settimana, nell'ambito di Libriamoci, abbiamo letto e ascoltato le parole di chi è stato "dalla parte giusta", lasciandoci una grande eredità fatta di coraggio.

Abbiamo assistito alla determinazione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che insieme hanno fatto luce su cosa sia davvero la mafia.

Abbiamo "fatto nostre" le parole "pericolose" di Peppino Impastato che ha ridicolizzato uomini considerati intoccabili.

Abbiamo condiviso l'alternativa alla mafia e la possibilità di una vita diversa offerta ai giovani siciliani da don Pino Puglisi.

Abbiamo rivendicato il diritto a vivere libera di Lea Garofalo.

Noi diciamo NO alla mafia!

giovedì 10 novembre 2022

Ultimi giorni di #ioleggoperché


 #ioleggoperché termina domenica 13 novembre: fino a tale data potrete regalare un libro alla biblioteca scolastica della Scuola Secondaria di I° "A. Fogazzaro" recandovi presso la  cartolibreria BENEDET di SAN STINO DI LIVENZA.
Affrettatevi!

 

giovedì 3 novembre 2022

Libriamoci alla “Fogazzaro”: Dalla parte giusta

Inserendoci nel tema istituzionale, proposto dall’edizione di Libriamoci 2022, “La forza delle parole”, da lunedì 14, daremo il via alla nostra iniziativa Dalla parte giusta.
Fino a venerdì 18, ogni giorno, leggeremo e mediteremo su una storia di lotta alla mafia.


Le parole sono pietre.
Usiamole per costruire ponti, per unire le coscienze di chi non sopporta più la tirannide delle mafie, l'ipocrisia di chi dovrebbe combatterle e le menzogne di chi continua a girarsi dall'altra parte.
Nicola Gratteri

mercoledì 19 ottobre 2022

Flash card: un metodo efficace e veloce per memorizzare

Le flash card sono dei foglietti di carta di dimensioni uguali – che puoi ritagliare agevolmente da solo – sui quali scrivi da un lato una domanda e sull'altro la sua risposta. 

Devi creare tanti foglietti quanti sono i concetti da memorizzare.

Una volta scritte tutte le tue flash card, le impili, in modo tale che il lato visibile sia quello su cui hai scritto la domanda.

Prendi la prima carta, leggi la domanda e provi a dare la risposta. 

Dopo averlo fatto controlla se la tua risposta è corretta e passa alla carta successiva.

Mentre stai provando a rispondere alle domande crea due mazzetti di carte:

- un mazzetto composto dalle carte alle quali hai risposto correttamente, quelle che hai già memorizzato

- un mazzetto composto da quelle flash card alle quali non hai saputo rispondere.

Così facendo, in un secondo momento, potrai concentrarti sulla memorizzazione delle carte che nella prima fase non hai ricordato. 

Puoi andare avanti con questa distinzione finché non avrai memorizzato tutte le tue flash card.

Ricorda: il principio secondo il quale le flash card funzionano è la ripetizione!


giovedì 6 ottobre 2022

Kamishibai: racconti in valigia

Il kamishibai, dal giapponese kami (carta) e shibai (teatro), è un teatro itinerante di immagini e parole che ebbe grande diffusione fra il 1920 e il 1950.

Il narratore si spostava in bicicletta di villaggio in villaggio portando sul portapacchi una cassetta di legno, simile a una cartella scolastica. Una volta aperta si trasformava nel proscenio di un teatrino sul fondo del quale scorrevano le immagini di personaggi e ambienti, disegnati su cartoncini rettangolari.

Il narratore raccontava storie che avevano come protagonisti animali, mostri, personaggi fantastici,  bambini e a volte suonava strumenti a percussione o piccoli gong montati sulla bicicletta.

L'usanza del kamishibai è stata quasi del tutto soppiantata dall'arrivo della televisione negli anni Cinquanta, ma è stata recentemente rilanciata nelle biblioteche e nelle scuole giapponesi.


Anche noi abbiamo voluto provare ad inventare dei racconti, illustrandoli e dandogli voce e suono, attraverso il nostro piccolo teatro di legno. 


IIAL

venerdì 30 settembre 2022

Il Veneto Legge: oltre la lettura...

Come ogni anno la Maratona di Lettura è stata un bello stimolo!

Oltre alle letture…

abbiamo fatto un'interessante visita virtuale sulle Dolomiti (imparando un sacco di cose nuove),


abbiamo parlato di Vaia e del bosco dei violini,


abbiamo ascoltato e meditato su Suite for Vajont di Remo Anzovino,



abbiamo illustrato fiabe,


e infine abbiamo condiviso i nostri ricordi e l’amore per la montagna.



Che dire oltre?

Noi siamo già pronti per nuove letture che ci facciano aprire altre finestre sul mondo.

venerdì 23 settembre 2022

Montagna Viva: fascino, magia e rabbia di una natura che non è mai in silenzio

Dalle 8.00 alle 13.00 di venerdì 30 settembre, presso la Scuola Secondaria di Primo Grado "A. Fogazzaro" di La Salute di Livenza, si terrà la Maratona di Lettura che avrà come protagoniste le storie di montagna.

Partiremo dalle fiabe e passando per "Il segreto del Bosco Vecchio" di Dino Buzzati, arriveremo a raccontare la storia senza perdono del Vajont (9 ottobre 1963).

venerdì 27 maggio 2022

Posa del Minotauro di Gastone Barbetta alla scuola "A. Fogazzaro" di La Salute di Livenza

 

IL MINOTAURO, opera lignea di Gastone Barbetta

Quattro anni fa, con i nostri amici dell'associazione La Macchia Verde, abbiamo intrapreso un interessante percorso, con l'artista Pasquale Luongo, sul mito del Minotauro. Da quel laboratorio sono nate "cose" bellissime come il LABIRINTO DI CNOSSO, l'opera di land art che si trova nel parco golenale della Livenza, a La Salute di Livenza, vicino alla nostra scuola.

da sinistra a destra Steve Ongaro, Gastone Barbetta e
Claudio Schiavon dell'Associazione La Macchia Verde,
 l'assessore Rita Fanton e la responsabile
di plesso la Prof.ssa Rosaria Imbesi

Oggi finalmente, dopo una lunga pausa dovuta alla pandemia, siamo riusciti a concludere il percorso, con la posa, nel giardino della nostra scuola, dell'opera di Gastone Barbetta,  IL MINOTAURO, ricavata da un tronco di  robinia.

tutti insieme all'aria aperta

Gli alunni hanno impreziosito la manifestazione leggendo il mito del Minotauro e suonando tastiere, metallofoni, chitarre, diretti dalla Prof.ssa Anna Piasentier. E' stata proprio una bella mattinata!

come sempre
GRAZIE MACCHIA VERDE!

domenica 22 maggio 2022

Miriam Makeba: la voce del Sudafrica

 

(Johannesburg, 4 marzo 1932 – Castel Volturno, 9 novembre 2008)

Un tempo gli abitanti del Sudafrica venivano trattati in modi molto diversi a seconda del colore della pelle.
I bianchi e i neri non potevano trascorrere del tempo insieme e non potevano nemmeno innamorarsi e avere figli tra loro: era illegale.
Questo sistema crudele si chiamava "apartheid".
Fu in questo mondo che nacque Miriam, una bambina che amava cantare. Ogni domenica, Miriam andava in chiesa con sua madre. Desiderava così ardentemente cantare nel coro che si intrufolava nel retro della chiesa ogni volta che c'erano le prove.
Quando Miriam crebbe, registrò più di cento canzoni con il suo gruppo femminile, le Skylarks.
Cantava della vita in Sudafrica: cosa le dava gioia, cosa la rendeva triste, cosa la faceva arrabbiare. Cantava della gioia di ballare e cantava dell'apartheid.
La gente amava le sue canzoni, soprattutto una, intitolata Pata Pata, che era il suo più grande successo. Ma al governo non piaceva il messaggio anti-apartheid della musica di Miriam. Voleva mettere a tacere la sua voce di protesta. E quando Miriam lasciò il Paese per andare in tour, le tolsero il passaporto e non le permisero di tornare.
Miriam cantò in tutto il mondo e divenne un simbolo della fiera battaglia africana per la libertà e la giustizia. La gente cominciò a chiamarla "Mama Africa".
Passarono trentun anni e alla fine le permisero di tornare a casa. Poco tempo dopo, l'apartheid fu finalmente sconfitto.

da Storie della buonanotte per bambine ribelli di Elena Favilli e Francesca Cavallo

lunedì 2 maggio 2022

I nostri frammenti di poesia per la Fiera dei Fiori di San Stino di Livenza

 


Le rose

sono

l'essenziale 

per il mondo

Melanie IBL


Il giardino dei gentili pensieri racconta fantasia

Angelica IBL


Quando ritornerai 

ti regalerò delle 

rose. E' un segreto

Sofia IBL


L'amore è la cosa più bella.

Masha IBL


Le farfalle volarono

via e dissero 

"Addio"

Rachele IAL


Meravigliosa 

rosa bella

vuota, semplice

cuore

Nicole IAL


Ognuno possiede un vocabolario gentile e amorevole

come un fiore.

Giacomo IIAL


In questo tempo ho dimenticato tutto quello che hai ripetuto

Alessia IAL


Fiori stravaganti c'erano.

Sembravano facce.

Greta IAL


Ti regalerò una rosa, se mi

farai del bene al cuore.

Valentina IIAL


Fiori grandi e stravaganti

parlavano

Sofia IBL


Nel giardino di Viperetta c'erano tulipani e

orchidee. I fiori le insegnarono parole belle!

Anna IAL


Un giorno

il villaggio

si addormenterà, con tutti

gli abitanti

in attesa di pace.

Luna IBL


Violetta blu guardati allo specchio e vedi che bel fiore sei!

Caterina IBL


E' invisibile il

tempo che 

hai perduto

Ginevra IAL


C'erano tulipani, fucsie, ranuncoli, orchidee

tutti quei fiori erano bellissimi.

Rachele IAL


Una cosa da non dimenticare mai è l'amicizia.

Caterina IBL


Le bimbe sono dei fiori.

Valentina IIAL

venerdì 8 aprile 2022

La Verità, Le Rose e Il Grano

 


Non morire per tacere,
perché la verità è l'essenziale
per rivedere le rose e il colore
del grano dimenticato da giorni.

Diego IAL

sabato 2 aprile 2022

Albert Einstein: il genio pacifista

Albert Einstein è nato a Ulm il 14 marzo 1879.

Lavorò, come impiegato, all'ufficio brevetti di Berna, dedicando comunque molto tempo allo studio delle fisica, i cui frutti raccolse a partire dal 1905, quando pubblicò i suoi primi lavori scientifici.

Ricevette il Nobel per la fisica nel 1921.

Lo scienziato aveva vissuto sulla sua pelle le persecuzioni che Hitler riservava agli Ebrei, quindi decise di emigrare negli Stati Uniti.

Diventò cittadino americano. Abitava a Princeton e lavorava nell'omonima università.

Nell'estate del 1939, Leó Szilárd e Eugene Wigner, due scienziati ungheresi, si recarono da Einstein, allarmati dalle notizie che davano Hitler ad un passo dall'ottenere la bomba atomica. Lo convinsero a far valere la sua autorità e a scrivere la famigerata lettera con cui il 2 agosto 1939 lo scienziato sollecitò l'allora presidente degli Stati Uniti a impegnarsi nella ricerca atomica. 

Einstein si era convinto che impedire che la Germania nazista fosse l'unica a possedere degli ordigni atomici sarebbe servito come deterrente per scoraggiare chiunque dall'usare un'arma così micidiale.

Lui non prese parte in alcun modo allo sviluppo della bomba. 

Le ricerche erano iniziate solo due anni dopo quella lettera, ed erano state portate avanti da altri scienziati, come l'italiano Enrico Fermi e lo statunitense Robert Oppenheimer. L'operazione top secret, denominata "Progetto Manhattan", aveva impiegato oltre centoventimila persone a tempo pieno, che si erano trasferite in gran segreto nel deserto di Los Alamos, in New Mexico, per lavorare alla bomba. Einstein era stato tenuto all'oscuro di tutto per le sue posizioni pacifiste.

Il 6 agosto 1945 gli USA sganciarono la prima bomba atomica su Hiroshima: morirono in un solo colpo duecentomila persone, molte altre morirono dopo in seguito alle radiazioni. Tre giorni dopo (il 9 Agosto 1945), alle 11.02, una seconda bomba fu sganciata su Nagasaki. Si contarono più di 210.000 morti.

Il primo luglio 1946, il Time, il più importante settimanale americano, mise Einstein in copertina con sullo sfondo il fungo atomico, la formula E=mc2 e il titolo "Cosmoclast Einstein ", Einstein il distruttore del mondo. 

L'articolo che lo riguardava terminava così "Einstein è il padre della bomba per due ragioni fondamentali: è stato per sua iniziativa che gli Stati Uniti hanno iniziato la ricerca sulla bomba ed è stata la sua equazione che ha reso teoricamente possibile la bomba atomica".

Einstein fece battere a macchina alla sua segretaria, Helen Dukas, una lunga lettera rivolta al popolo giapponese nella quale ribadiva la sua completa estraneità a quella terribile faccenda della bomba atomica, per poi spedirla a una rivista in Giappone. "Se avessi saputo che i tedeschi non sarebbero riusciti a realizzare una bomba atomica, non avrei mai mosso un solo dito", diceva con grande rammarico. E il finale era davvero sconsolato: "Gli Stati Uniti hanno vinto la guerra, ma non la pace".

Albert Einstein nella sua vita fece un'unica apparizione in tv (che era appena nata), con la quale sperava di raggiungere il cuore degli americani, accettando l'invito della giornalista Eleanor Roosvelt, moglie del defunto presidente. Quando la donna, che aveva posizioni simili a quelle pacifiste di Einstein, gli domandò quali sarebbero state le armi impiegate in una ipotetica Terza Guerra mondiale, lo scienziato rispose con la sua solita spietata ironia: "Io non lo so, ma posso dirle con quali armi combatteremo la Quarta: le pietre"

Fino a una settimana prima della morte, che avvenne il 18 aprile 1955, il professor Albert Einstein non smise mai di rivolgere al mondo il suo appello per un disarmo totale e definitivo.


venerdì 4 marzo 2022

Beatrice Vio: "Non accetto un no come risposta"

E' nata a Venezia il 4 marzo del 1997

C'era una volta una ragazzina italiana che era una formidabile schermitrice. Si chiamava Beatrice, ma tutti la chiamavano Bebe.

Durante le scuole medie, Bebe si ammalò gravemente. Quando i genitori la portarono in ospedale, lottava già tra la vita e la morte. Aveva contratto la meningite, una grave malattia che attacca il cervello e la spina dorsale, e per salvarle la vita, i medici dovettero amputarle le gambe e le braccia.

Bebe rimase in ospedale per più di cento giorni. Quando si riprese dall'operazione, aveva un solo obiettivo: tornare alla scherma. Quasi tutti le dissero che era impossibile. Ma Bebe aveva un piano.

Per prima cosa, imparò di nuovo a camminare, a farsi la doccia, ad aprire le finestre e a lavarsi i denti. Insegnò persino ai suoi compagni di classe a usare le sue nuove protesi! Poi si legò il fioretto al braccio e ricominciò ad allenarsi. Era l'unica schermitrice al mondo su sedia a rotelle priva delle braccia e delle gambe, perciò Bebe dovette inventarsi una tecnica che funzionasse solo per lei. Dopo qualche tempo, fu pronta per gareggiare di nuovo.

Nel giro di qualche anno, e con l'aiuto delle più famose allenatrici italiane, Federica Berton e Alice Esposito, Bebe è diventata una campionessa. Ha vinto la Coppa del Mondo in Canada, i Campionati Europei in Italia, il Campionato del Mondo in Ungheria, la medaglia d'oro alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro e a Tokyo.

"Per essere speciale" dice Bebe "devi trasformare la tua debolezza nella cosa di cui sei più fiera".

da Storie della Buonanotte per bambine ribelli 2

giovedì 3 marzo 2022

Ginettaccio: Giusto tra le Nazioni

Gino Bartali (Ponte a Ema, 18 luglio 1914 – Firenze, 5 maggio 2000), soprannominato Ginettaccio, iniziò a correre in bici a tredici anni. 

La sua carriera, così come quella dell'amico-rivale Fausto Coppi, venne interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale, durante la quale Gino trasportò nella canna della bicicletta documenti falsi destinati ad alcuni ebrei per salvarli dalla deportazione. Nascose inoltre nella sua cantina una famiglia ebrea. Per queste ragioni nel 2013, Bartali fu stato dichiarato Giusto tra le nazioni.

Finita la guerra vinse numerose gare tra cui il Giro d'Italia nel 1946 e il Tour de France nel 1948.

Paolo Conte gli ha dedicato una canzone.

Per sapere qualcosa in più sulla vita di Gino Bartali, su RAI Play è disponibile la miniserie Gino Bartali: l'intramontabile.

Il rapimento di Giuseppe Di Matteo ad opera della mafia

Era il ventitré novembre del 1993, un pomeriggio.

Il sole era ancora alto nel cielo e scaldava la terra brulla di fine estate; i raggi illuminavano il maneggio riflettendo le ombre di Giuseppe e del cavallo che si stavano esercitando su una nuova esecuzione. Il lieve venticello muoveva le chiome verdi degli alberi che ancora non si erano dipinte dei colori autunnali. Terminata la lezione di equitazione il ragazzo riportò il cavallo nel box; gli strigliò la folta criniera  e gli accarezzò il morbido pelo marrone mentre il quadrupede si riprendeva mangiando del fieno. Una macchina arrivò e frenando nella strada di sassi, sollevò un grande polverone che la nascose per qualche istante.

Giuseppe era ancora assieme al cavallo, quando una voce rimbombò nella stalla pronunciando il suo nome: “Giuseppe, vieni. Ti porto da papà”. Era un uomo, indossava una divisa con la pettorina della DIA (l’uomo apparteneva alla direzione investigativa antimafia). Il volto di Giuseppe si illuminò sentendo queste parole: l’enorme sorriso apparso sul suo viso gli fece spuntare delle fossette sulle guance e gli occhi lucidi sembrava che urlassero pieni di gioia: “Arrivo papà!”. Procedette di qualche passo per raggiungere l’uomo, che lo aspettava alla porta. Le sue gambe si muovevano a fatica per l’emozione: sembrava avessero un peso legato alle caviglie, che però non era abbastanza potente per farlo fermare. L’uomo gli poggiò una mano sulla spalla rigida, quasi immobile, e lo guidò fino all’auto.

Altri tre uomini lo aspettavano seduti con un’espressione maliziosa stampata sul volto. Giuseppe vide compiere delle strane e sospettose azioni da loro e iniziò ad allarmarsi. Uno dei quattro, seduto sul sedile anteriore, portò la mano fuori dal finestrino e staccò il lampeggiante dalla cappotta dell’auto; dopodiché si tolse la pettorina e la passò a un altro seduto dietro. Quest’ultimo la strinse in un pugno e con l'altra mano si portò l’indice alla bocca e disse al ragazzo di stare in silenzio. Spaventato, Giuseppe spostò lo sguardo dall’uomo, che sicuramente non era un poliziotto, incrociandone però, sullo specchietto, un altro ancora più cattivo. 

Qualche ora dopo si era fatta sera e le strade erano illuminate solo dai lampioni e dalle luci delle case. Adesso l’auto era parcheggiata con il povero ragazzo nel bagagliaio. I mafiosi stavano discutendo tra loro come se Giuseppe fosse solo un oggetto di commercio. Uno di loro si avvicinò all’auto aprendo il bagagliaio, afferrò il capo della lunga catena che teneva prigioniero il ragazzo e cominciò a tirarla passandosela da una mano all’altra.

Il forte tintinnio che faceva quando sbatteva nell’auto, graffiandone la vernice, faceva intuire quanto dolorose e pesanti fosse. La gioia e l’euforia di Giuseppe di poter rivedere il padre si erano trasformate nel terrore di morire. Le urla di sofferenza del ragazzo erano soffocate dalla benda di stoffa che le trasformava in mugolii…

Due anni dopo, l’undici gennaio 1996, i mafiosi decisero di liberarsi del ragazzo soffocandolo e sciogliendone il corpo nell’acido.

Veronica Manzatto  IIIDS

La mafia, conoscerla per combatterla

 

La mafia è una organizzazione che comanda il territorio in cui si trova, tramite azioni criminali. In Italia si trovano molti tipi di mafie: a Napoli troviamo la Camorra, in Calabria l’Ndrangheta e in Sicilia Cosa Nostra. Ogni clan ha il proprio boss. Egli comanda tutte le attività illecite e viene chiamato molte volte con l’appellativo di “Don”. 

La mafia però è diversa dai comuni delinquenti, essa comanda la vita quotidiana delle persone e tramite usure ed estorsioni mette in difficoltà i cittadini e le loro attività. A causa di ciò per esempio alcuni imprenditori  non riescono a permettersi il proprio negozio e talvolta la propria casa. La mafia è famosa anche per alcune azioni eclatanti, come l’esplosione di Capaci, l’esplosione di Via D’Amelio e l’uccisione del piccolo Giuseppe, sciolto nell’acido. 

I più celebri modelli di eroi antimafia sono stati tutti uccisi dalla mafia, ma sono ricordati per il loro coraggio e per la loro determinazione a pulire l’Italia da questi rifiuti. Uno dei più famosi, o forse il più famoso, è stato Giovanni Falcone, un magistrato che insieme al pool-antimafia costituì il primo megaprocesso contro Cosa Nostra e riuscì a mettere dietro le sbarre centinaia di mafiosi. Un altro dei più conosciuti è Giuseppe Impastato, giornalista e conduttore radiofonico che attraverso manifestazioni e articoli combatté contro la mafia e fece capire alle altre persone quale fosse la verità.

Anch’io ho delle proposte contro la mafia: non bisogna avere paura e, anzi, si deve denunciare questi atti, iniziando a parlarne prima di non accorgersi più di niente. 

 Riccardo Vidal III DS

giovedì 24 febbraio 2022

Laura Conti (Udine, 31 marzo 1921 – Milano, 25 maggio 1993): l'ecologia e la politica



Laura Conti nasce, nel 1921, a Udine da genitori antifascisti. La sua famiglia è costretta a cambiare più volte città per sfuggire al regime; infine si stabilisce a Milano.
Nel 1944 viene arrestata perché partigiana e viene internata nel campo di transito di Bolzano-Gries, ma per fortuna la guerra finisce prima che venga spedita in Germania.
Una volta libera, torna a fare la studentessa e nel 1949 si laurea in medicina.
Nel 1951 inizia il suo impegno politico, mentre continua a esercitare come medico.
Nel 1976 è consigliere regionale per la Lombardia (ormai da sei anni), quando si trova ad assistere al disastro di Seveso: tragedia che segnerà i suoi interessi e la sua carriera.
Nel 1980, per la sua sensibilità ambientale, è una delle fondatrici di Legambiente.
Nel 1984 si ritira dalla professione di medico e nel 1987 viene eletta deputata.
Grazie a lei, l'ecologia divenne un argomento politico, degno di discussioni in parlamento e di provvedimenti pubblici.

lunedì 7 febbraio 2022

10 febbraio, giorno del ricordo: in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata

Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria”: il Magazzino n. 18. Una sedia, accatastata insieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”, simile la catalogazione per armadi, materassi, letti, stoviglie, fotografie, giocattoli e altri oggetti ancora. Beni comuni di tante vite interrotte dalla Storia e dall’Esodo: con il Trattato di Pace del 1947 l’Italia cedette vasti territori del confine orientale alla  Jugoslavia. Circa 300 mila persone scelsero di lasciare la loro terra natale.


Magazzino 18 è anche il titolo di un musical scritto da Simone Cristicchi, che racconta proprio l'esodo istriano, fiumano e dalmata.

Se volete vedere lo spettacolo cliccate sopra l'immagine del Magazzino 18.

lunedì 31 gennaio 2022

Le nostre regole sull'uso di WhatsApp

1. Un gruppo WhatsApp va utilizzato per lo scopo per cui è nato

2. Non si offende e non ci deve essere turpiloquio

3. Non si deve violare la privacy altrui, inviando foto o messaggi personali

4. Si deve rispettare l'orario concordato:

dal lunedì al sabato dalle 15.00 alle 19.00

il sabato e la domenica dalle 11.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 19.00

5. I messaggi scritti devono essere comprensibili (no abbreviazioni e/o messaggi frammentati) e si devono usare gli audio solo quando è strettamente necessario

6. Non si deve essere insistenti nell'invio dei messaggi

7. Non si devono inviare catene di Sant'Antonio

8. Gli stickers devono essere usati con parsimonia (massimo 2)

9. Si devono leggere i messaggi anche per evitare risposte multiple (spesso uguali)

10. Non si deve eccedere con i video

IAL

lunedì 24 gennaio 2022

Attività SapereCoop: ASCOLTARE LE IMMAGINI

 


Un silent book è un libro che non si legge, perché è costituito da sole immagini, senza parole.
Con l'esperto di SapereCoop abbiamo "letto" tre silent book: The silent red book, The silent blue book dell'artista Maya Walczak e La Porta della sudcoreana Ji Hyeon Lee.

Non vi racconterò la storia di nessuno di questi libri, perché ogni persona che li "legge" formula l'interpretazione che più le piace, dato che essendoci solo immagini la storia fornisce al "lettore" l'opportunità di crearsi il proprio racconto.

In generale i silent book sono un mezzo, non solo per comunicare messaggi o emozioni, essi forniscono inoltre un modo per raccontare la propria storia, anche a persone di nazionalità diverse.

Per concludere, consiglio a tutti di provare a leggere un silent book: è un'esperienza magica che permette di allenare la propria fantasia!

Michele IIIAL


venerdì 21 gennaio 2022

Caviardage d'inverno

 

Il freddo mi congela
i pomeriggi sono bui
le ore passano veloci

Aurora IIIAL



Sulla neve avevo freddo
maglie mi avvolgevano
ma erano troppo sottili

Matteo IIIAL

venerdì 14 gennaio 2022

Tele e camaleonti: opinioni di un Anonimo sul conformismo

Il conformismo è un fenomeno che tutti vedono sotto una cattiva luce. In realtà il conformismo varia, tanto che può essere sia positivo che negativo. A parare mio lo si può sperimentare a qualsiasi età, però il periodo in cui si è più soggetti a questo processo è sicuramente quello adolescenziale. Il periodo più confusionario di tutti, quando si pensa solo ad essere accettati, inclusi nel gruppo, e se si viene rifiutati si è disposti a stravolgere il proprio carattere e il proprio fisico. Comunque credo di essere stato soggetto a questa evoluzione pure io: una volta, prima delle medie, nel gruppo di amici ero sempre solare e felice ma anche permaloso. Mentre ora sono diverso: non apatico, ma sicuramente più spento. Ciò è dovuto ai miei denti. Da piccolo li trascurai tanto, perciò si sono ingialliti e per quanto io li lavassi non sono tornati bianchi come quelli delle altre persone. Quindi ho pensato che, ridendo meno, la gente non mi avrebbe detto nulla riguardo alla mia bocca, e così accadde. Fortunatamente oggi ci sono le mascherine... Per cui mi estraneo un po' dalla comitiva di amici, ma ci sono comunque persone che mi fanno stare bene e di cui mi piace il carattere; quindi le imito. Un po’ come se io fossi un camaleonte e i miei amici una tela piena di sfumature colorate, nella quale posso mimetizzarmi. Perciò credo che il conformismo sia un qualcosa di positivo finché si mantiene un po’ della propria personalità. Invece diventa negativo quando si stravolge totalmente il proprio carattere e il proprio modo di essere. Il mio parere è che si possa essere sia tele che contemporaneamente camaleonti.


L'adolescenza e i suoi imprevisti

L’adolescenza è un vero e proprio caos: infinite emozioni invadono la mente senza farti capire più nulla… 

Rabbia e tristezza si fanno sentire sempre più frequentemente facendo volar via intere giornate, rovinandole.

Si iniziano a fare dei sacrifici, prendere delle decisioni, organizzare le giornate, prendersi cura di sé  stessi (cosa che in precedenza richiedeva il sostegno dei genitori). Insomma, si impara a vivere!

E’ il periodo dello sviluppo, quando litigi e incomprensioni sono in cima alla classifica degli imprevisti da gestire ed è proprio questa la parte complicata: il controllo delle emozioni.

Iniziamo a conoscerci veramente provando (spesso fallendo) ad accettare i propri cambiamenti fisici: il suono arzillo e squillante della voce dei bambini si trasforma in cupo e rimbombante, alcune parti del corpo si allargano accompagnate dai soliti insulti di questi tempi.

E’ il periodo della sopportazione, forse per il semplice motivo che ci rendiamo conto del vero significato delle opinioni (spesso negative) altrui e dell’importante peso che possono assumere.

Per adeguarsi a queste critiche si cerca di modificare la propria personalità e integrarsi in un gruppo. Proprio per questo durante l’ adolescenza è complicato sentirsi a proprio agio con le altre persone…

Ovviamente si cambia anche caratterialmente: i modi di fare di noi ragazzi/e è palesemente cambiato. Siamo suscettibili, facilmente irritabili e permalosi; tutto ciò perché nella maggior parte dei casi c’è una mancanza di assistenza da parte di una figura adulta. Quella dei genitori è un’altra enorme parentesi difficile da chiudere.

Ormai anche il rapporto con loro è rovinato: parecchie volte ci ritroviamo in disaccordo, situazione che porta noi giovani a fare delle scelte insensate e immature che a loro volta vengono giudicate dal mondo intero.

Non credo di aver esagerato, infatti in quest’età ci si sente sempre al centro dell’attenzione in modo costante con miliardi e miliardi di occhi puntati addosso, bocche che si aprono per contraddirti continuamente e mani pronte a spingerti in fondo a un burrone.

Per risalire questo precipizio, l’unica cosa da fare è resistere e adeguarsi al pianeta Terra e alla sua evoluzione, magari anche scivolando con un piede durante la scalata. Ma è proprio in questo momento che bisogna essere rapidi a riaggrapparsi alla parete del burrone e riprendere la salita.

Questa arrampicata per me rappresenta la crescita: dura, faticosa e colma di imprevisti, ma alla fin fine ognuno arriverà in cima.

Chiara B. IIIDS

martedì 11 gennaio 2022

Che cosa è "il Manifesto della comunicazione non ostile"?

Il Manifesto della comunicazione non ostile è una carta che elenca dieci princìpi utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete.  

Se i suoi principi venissero rispettati, la Rete diventerebbe un luogo accogliente e sicuro per tutti.

Ecco il decalogo del Manifesto:

1. Virtuale è reale

Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.

2. Si è ciò che si comunica

Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.

3. Le parole danno forma al pensiero

Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.

4. Prima di parlare bisogna ascoltare

Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.

5. Le parole sono un ponte

Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.

6. Le parole hanno conseguenze

So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.

7. Condividere è una responsabilità

Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.

8. Le idee si possono discutere.

Le persone si devono rispettare

Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.

9. Gli insulti non sono argomenti

Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.

10. Anche il silenzio comunica

Quando la scelta migliore è tacere, taccio.