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lunedì 12 maggio 2025

Incontro con la Storia: intervista a Giuseppe Franceschi

Venerdì 9 maggio 2025 il nostro Incontro con la Storia è stato con il signor Giuseppe Franceschi, originario di Gavinana (località vicina alla Linea Gotica), classe 1931.

Giuseppe ci ha veramente appassionato raccontandoci il suo vissuto. Parlando della scuola ai tempi del Fascismo ci ha detto: quando entravamo in classe si faceva il saluto al Duce e si cantavano gli inni a Mussolini. La maestra ci faceva fare aste e puntini, ma in realtà facevamo poco, lei pensava solo al fascismo, era una fanatica.  

Abbiamo ben compreso cosa sia un totalitarismo, quando ci ha descritto il sabato fascista. Io ero figlio della lupa. Indossavo pantaloni neri, camicia bianca, un fazzoletto bianco con una fascia. All’adunata dovevamo cantare “fischia il sasso, il nome squilla, il ragazzo fu d'acciaio e l'intrepido Balilla tra i giganti nella storia” e tante altre canzoni per Mussolini. 

Alla domanda Si ricorda l'entrata in guerra dell'Italia? Ci ha risposto:

Sì, fu un giorno terribile, mio padre mi disse “siamo entrati in guerra” e mi fece sentire alla radio (era l’unica del paese) il discorso di Mussolini: la gente applaudiva, era una cosa incredibile, erano tutti con lui.

Ci ha raccontato il terrore provato all’arrivo dei Tedeschi, dopo l’8 settembre 1943, e il terrore ancora più grande per gli aerei.

Quando passavano gli aerei, il cielo diventava nero. Diversi paesi vicino al mio vennero bombardati, il mio no, perché c’era un comando tedesco, ci venne anche Kesselring, un generale molto cattivo… poi ci venne pure il generale britannico Montgomery, quello che portava il cappello un po’ storto. 

Avevo paura anche dei tedeschi, ma meno che degli aerei, perché a noi ragazzi ci lasciavano stare. Invece dagli aerei ero terrorizzato: il solo rumore mi faceva star male.

Gli occhi  di Giuseppe sono diventati lucidi quando ci ha raccontato l’arrivo degli Americani

Una mattina i Tedeschi erano spariti e arrivarono gli Americani. Ero nell’orto dove il mio babbo coltivava le patate, i fagioli, l’insalata e dove tenevamo il maiale, le galline, i conigli… vidi gli aerei che volavano e sentii un forte rumore lungo la strada: erano gli Americani che arrivavano con le jeep. Sentii la liberazione, mi vien da piangere ancora a pensarci. [...] Ci tiravano le cioccolate, le gomme da masticare e si accamparono in paese, perché eravamo vicini alla Linea Gotica. Mi ricordo che facevano delle feste da ballo, con le musiche di Glenn Miller, Louis Armstrong che mi entrarono in testa. Prima non potevamo sentire la musica jazz perché Mussolini l’aveva proibita. Ancora oggi questa musica è una delle mie passioni.

La vita dopo la fine della guerra non era facile a Gavinana così Giuseppe decise di emigrare in Svizzera, dove gli Italiani non erano proprio accolti a braccia aperte.

Io sono stato voluto bene, perché mi comportavo bene, però c’era dell’astio nei confronti degli stranieri... Giocavo a calcio con una squadra di svizzeri e una sera si andò in un paese e vidi un cartello “vietato agli Italiani”... Quando mi sono sposato, mia moglie era già quattro cinque anni che era in Svizzera, si faticava a trovare casa perché tutti dicevano “non affittiamo agli Italiani” e noi ci comportavamo bene, lavoravamo lì, ci si era integrati, però eravamo sempre e comunque stranieri. Gli Svizzeri ci chiamavano con appellativi dispregiativi.

Poi per una serie di incroci della vita, Giuseppe è venuto a stare nel nostro paese ed è per questo che abbiamo avuto la possibilità di incontrarlo.

Durante l'intervista Giuseppe ci ha dato, anche, dei buoni consigli di vita: mai arrendersi, bisogna contare sulla vita... E poi bisogna darsi da fare, appassionarsi alle cose.

Il nostro incontro si è concluso chiedendogli un'impressione sulle guerre in corso e non c'è dubbio su come la pensi.

Fanno schifo. Ma questi capi di Stato non la guardano la televisione? Ai miei tempi non c’era la televisione, ma oggi loro li vedono i morti, vedono i bambini massacrati, non capiscono… Speriamo che questo Papa risolva qualcosa. Non è possibile assistere indifferenti ogni giorno a questo massacro di civili. La guerra è brutta, io ci sono passato, la guerra è molto brutta: ti trasforma, non vivi… bisogna combatterla in tutti i modi.

Grazie Giuseppe e grazie di cuore anche a Rita che ci ha aiutato ad organizzare questo bellissimo e indimenticabile incontro.

Classi Terze della Scuola Secondaria di I grado "Antonio Fogazzaro" di La Salute di Livenza

lunedì 10 febbraio 2020

Testo umoristico: la fratellanza


Giovanni e Paolo sono due fratelli gemelli che si assomigliano in tutto: nell'aspetto, nel modo di vestirsi e nella voce. Entrambi portano gli occhiali dello stesso colore… però nel carattere sono tutto l’opposto: a Paolo piace tecnologia ed è un genio in scienze, storia e musica; invece a Giacomo piace ginnastica ed è bravo in geografia, italiano, arte e grammatica. Un giorno i due gemelli arrivarono in ritardo a scuola e la professoressa Rossi Rosa, la prof. di Paolo, prese Giacomo urlando: “Paolo, sei in ritardo! Domani mi farai vedere la giustificazione!” “No… aspetti io non sono chi crede che lei sia.” Disse Giacomo. Quando Paolo cercò di intervenire il prof. di ginnastica - di Giacomo però - lo prese di colpo stritolandogli il polso con la sua forza bruta. Il prof. era un omone grande e grosso però con una vocina stridula: “Ehi campione, per fortuna non sei assente!” “Cosa io n-…” “Vedo che, però non hai la sacca!” lo interruppe il prof. “Oh… oh, siii… l’ho dimenticata cavoli!” “Tranquillo campione, ho le scarpe dimenticate di qualcuno Usa quelle” “Oh, bello.” Disse Paolo a malincuore. Intanto Giacomo veniva interrogato in storia. “Paolo stai facendo scena muta!!!” urlò la prof, quando Giacomo stava per rispondere si ricordò di tutte le volte in cui Paolo si vantava dei suoi voti. “Prof ecco senta…” “Cosa?” Giacomo sganciò uno scorreggione. La prof divenne pallida e con voce tremante disse: “Paolo, 4 e nota disciplinare.” Giacomo rideva con gusto. Paolo, in palestra, stava giocando a staffetta quando si ricordò di tutte le volte in cui suo fratello gli diceva che era una schiappa a ginnastica. Così quando gli arrivò il testimone rimase immobile e urlò al prof: “Aiuto, non riesco a muovermi.” “Che succede Giacomo?” chiese il prof “Non riesco a muovermi.” E quando il prof si avvicinò Paolo gli diede un calcio negli stinchi “Ooooh… bene, Giacomo nota disciplinare!”. Finita la scuola quando la mamma andò a prendere i due gemelli disse: “Bene… vedo che entrambi avete preso delle note.” “COSA???”

Alessandro Gabrielli IIC

lunedì 11 novembre 2019

"Chissà come si divertivano!" di Isaac Asimov (1977)



Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera.  Sulla pagina che portava la data 17 maggio 2157, scrisse: “Oggi Tommy ha trovato un vero libro!”
Era un libro antichissimo. Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quand'era bambino lui, suo nonno gli aveva detto che c’era stata un’epoca in cui tutte le storie e i racconti erano stampati su carta.
Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, com’era previsto che facessero: su uno schermo, è logico. E poi, quando si tornava alla pagina precedente, sopra c’erano le stesse parole che loro avevano già letto la prima volta.
- Mamma mia, che spreco – disse Tommy. – Quando uno è arrivato in fondo al libro, che cosa fa? Lo butta via, immagino. Il nostro schermo televisivo deve avere avuto un milione di libri, sopra, ed è ancora buono per chissà quanti altri. Chi si sognerebbe di buttarlo via?
- Lo stesso vale per il mio – disse Margie. 
Aveva undici anni, lei, e non aveva visto tanti telelibri quanti ne aveva visti Tommy. Lui di anni ne aveva tredici.
- Dove l’hai trovato? – gli domandò, - In casa. – Indicò senza guardare, perché era occupatissimo a leggere. 
– In solaio.
- Di cosa parla? - Di scuola.
- Di scuola? – Il tono di Margie era sprezzante. – Cosa c’è da scrivere, sulla scuola? Io, la scuola, la odio....


Se volete sapere come continua cercatelo in una delle antologie dell'autore:
La Terra è abbastanza grande
Il meglio di Asimov 
Le migliori opere di fantascienza 
Tutti i racconti 

mercoledì 21 novembre 2018

Consiglio di lettura: "Drilla" di Andrew Clements


Nick Allen è un bambino davvero intelligente e anche molto furbo... lo sanno tutti.
Ed è per questo che nessuno si stupisce più di tanto, quando decide che la penna non si chiamerà più "penna" ma “drilla”.

Tutti quanti, a scuola, cominceranno ad utilizzare la nuova parola "drilla" al posto della consueta parola "penna".

L'insegnante di lettere di Nick, Mrs. Granger, che ha la passione e il gusto delle parole, non può incoraggiare questo piccolo colpo di stato. Deve imporre la sua autorità.

Come andrà a finire questo "braccio di ferro" tra Nick e Mrs. Granger?

Scopritelo, leggendo questo divertentissimo libro!

IIAL

mercoledì 6 giugno 2018

Film: Caterina va in città



Caterina è una ragazza di dodici anni, con la passione per la lirica, che vive nel paesino di Montalto di Castro. 
Nel 2002 si trasferisce con i suoi genitori a Roma, perché il padre, professore di ragioneria, prende una cattedra in città. Lui confida molto in questo trasloco: spera di poter lì realizzare il suo grande sogno di diventare uno scrittore.
In realtà questo cambiamento con gli gioverà molto, contrariamente alle sue aspettative, l’ambiente scolastico urbano lo farà uscire di testa, portandolo poi ad avere seri problemi con la moglie Agata.

Caterina è in terza media.
Inizialmente a scuola non riesce ad integrarsi, ma poi fa amicizia con Margherita e Daniela: la prima alternativa e ribelle figlia di due intellettuali, la seconda ricchissima e viziata figlia di un politico.
Un giorno, mentre Caterina è chiusa nel bagno dello spogliatoio della palestra a scuola, sente Daniela e altre ragazze che la definiscono “sfigata, un caso irrecuperabile”. Arrabbiata per quanto ha sentito Caterina durante l’ora di motoria spinge Daniela a terra e da lì nasce una rissa. 
Caterina scappa da scuola.
Ad aiutarla a risolvere “il casino combinato” sarà Edward…

“Caterina va in città” è un film molto divertente, su temi fondamentali come la ricerca della felicità, le passioni che fanno crescere progetti, il perseguire i propri sogni.

 GUARDATELO!

IAL

venerdì 18 maggio 2018

Nostalgia portami via


Carissimo lettore,
il nostro professore di italiano ci ha detto che per casa dovevamo scrivere un “testo autobiografico” dove raccontavamo di un momento/periodo della nostra vita di cui avevamo nostalgia. E allora io mi sono chiesta: qual è il momento più bello della mia vita di cui ho nostalgia?
Sono sicura che mi dirai che dovrei saperlo, ma ripercorrendo la mia vita non ho trovato un momento così forte da farmi venire nostalgia. Potrei mentire spudoratamente al professore, facendo l’ipocrita e dire che “Il momento di cui ho tanta nostalgia è quando andavo all'asilo nido” e raccontare tutte le cose poco impegnative che facevamo quando usavamo ancora il pannolino. Che poi è vero che io, a volte, rimpiango questi momenti, ma non ne ho nostalgia perché, è vero, a tutti piacerebbe non fare niente in alcuni attimi di stress, ma non so se anche tu rinunceresti veramente a tutte le tue conoscenze per ritornare a fartela addosso.
Sicuramente, alla fine della 5a elementare, l’ultimo giorno di scuola (e quando dico ultimo, era veramente l’ultimo), mi sarebbe piaciuto ritornare in prima e rifarmi tutti i cinque anni di scuola primaria, ma solo perché in quel preciso giorno mi sembrava veramente di avere un legame forte con tutti i ventidue compagni di classe: era il venerdì della prima settimana di giugno del 2016, un giorno caldo, passato a divertirci con il resto della scuola; quel giorno era passato velocemente e il divertimento aveva fatto scorrere il tempo in modo supersonico (pensa ad una Lamborghini fusa con una Ferrari) e ormai la giornata di scuola era finita. Stavo facendo lo zaino e ormai mi mancavano pochi libri da sistemare; non mi ricordo come e non mi ricordo perché ma ci ritrovammo tutti a piangere: forse perché eravamo stanchi, forse perché non riuscivamo a lasciare la classe, forse perché eravamo consapevoli che non ci saremmo più visti, ma ci ritrovammo a piangere e ad abbracciarci. Pure una mia compagna sempre impassibile si era messa a piangere: cosa che non era quasi mai successa in cinque anni di scuola. Fatto sta che tutte le classi che sono passate davanti alla nostra porta aperta (e sì, anche la classe del mio caro fratellino, che poi mi ha detto, quando l’ho accusato che stava ridendo di noi, che in quel momento stava ridendo per una cosa che gli aveva detto uno dei suoi compagni) si sono messe a ridere, inconsapevoli del nostro puro dolore e alla fine sono venuti a prenderci i nostri genitori, con gli ombrelli in mano, e quella giornata che incominciò col caldo e la felicità si trasformò in un lugubre, triste e piovoso giorno di fine primavera. In quel momento ero sicura che il tempo invece era consapevole di ciò che provavamo (come la natura in “Solo e pensoso” di Petrarca), ma non avevo capito che il meteo in primavera fa molto spesso questi scherzi. 
Passò un’estate all’insegna del divertimento, della spensieratezza e della paura per la scuola media; all’inizio dell’anno scolastico ci ritrovammo tutti in cortile, a parte uno o due compagni che erano andati a frequentare scuole in altri paesi. Eravamo tutti felici di rivederci e le prime settimane ci salutavamo sempre, ma poi, a fine settembre, cominciammo a ignorare l’esistenza di tutti i nostri ex-compagni. Tant’è vero che me la sono pure presa perché una di loro, che consideravo la mia migliore amica, mi ha invitato al suo compleanno e mi ha ignorato per tutto il tempo e sono rimasta con gli altri maschi e suo fratello a giocare a braccio di ferro (alle elementari riusciva a battermi, ma poi l’ho sconfitto con una rivincita). In quel momento avevo aperto gli occhi su quello che stava accadendo alla nostra amicizia: mi sentivo così stupida. Alla fine ho capito che certe amicizie sono vere come il sole che sorge ogni giorno, altre invece sono false come le ultime tre paia di costole della gabbia toracica. Comunque mi sono ritrovata nella nuova classe con compagni simpatici e con qualcuno di loro ho stretto un’amicizia divertente.
Chissà se in prima superiore rimpiangerò la seconda media.

Selma Matilde Ahmed Mohammed IIC