martedì 30 gennaio 2018

SapereCoop-COOP Alleanza 3.0: LA COSTITUZIONE NEL QUOTIDIANO Libertà e regole nei gesti di ogni giorno.


Venerdì 26 gennaio dalle 10.00 alle 13.00 abbiamo sperimentato il laboratorio LA COSTITUZIONE NEL QUOTIDIANO Libertà e regole nei gesti di ogni giorno della COOP.


Barbara, l'educatrice Coop, per prima cosa ci ha letto un pezzettino del libro dell'ex-magistrato Gherardo Colombo Le regole raccontate ai bambini. Il brano scelto raccontava come nel paese di Allegropoli, gli abitanti infrangessero con molta disinvoltura regole e leggi: parcheggiavano sulle strisce pedonali, lasciavano sporcizia in giro...



Poi abbiamo fatto un gioco di ruolo: prima individualmente, poi in un piccolo gruppo e dopo ancora in un gruppo più grande abbiamo ideato, proposto e votato "leggi" (regole) per migliorare "lo stare bene" in classe e a scuola. Noi eravamo dunque i LEGISLATORI.

Partendo dalle riflessioni fatte insieme, abbiamo deciso di presentare delle proposte al Consiglio Comunale dei Ragazzi, visto che abbiamo due consiglieri in classe.



Barbara ci ha fatto riflettere sul fatto che, attraverso le votazioni, avevamo esercitato la democrazia, e ci ha introdotto storicamente la nostra Costituzione, presentandoci i primi 12 articoli: i PRINCIPI FONDAMENTALI.

Abbiamo trovato questo laboratorio molto utile, stimolante e coinvolgente.

IIBL

Per approfondire Sei Stato tu? di Gherardo Colombo e Anna Sarfatti

lunedì 29 gennaio 2018

Un ricordo d'infanzia - liberamente tratto da "Arrivederci ragazzi" di Louis Malle

illustrato dalla IIBL


1944
I fratelli Quentin, Julien e François, partono dalla stazione di Parigi, 
dopo le vacanze di Natale per recarsi al loro collegio, situato nella 
campagna francese.


I ragazzi sono tristi, soprattutto il più piccolo, Julen di dieci anni.



Al rientro al collegio, c'è una novità: è arrivato un nuovo compagno,
Jean Bonnet, appassionato di libri come Julien.


...il collegio rimane comunque un posto triste e freddo.


La guerra ormai è giunta anche in campagna, tanto che arrivano
dei soldati tedeschi, in collegio, a farsi confessare da Padre Jean.


Si soffre la fame e tutti cercano di sopravvivere nel migliore dei modi.
Joseph, il giovane inserviente del collegio, ad esempio, si dedica al 
mercato nero.


I ragazzi continuano le lezioni, nonostante la guerra. Julien non
sopporta proprio il nuovo arrivato, Jean, perché gli ha rubato il
posto di primo della classe e sembra essere superiore a tutto:
superiore agli scherzi degli altri compagni, superiore ai 
bombardamenti, superiore anche alle preghiere.


Una notte, mentre tutti dormono, Julien scopre che Jean prega in
un modo tutto suo...


I due ragazzi diventano amici grazie a una disavventura: si perdono
nel bosco durante una caccia al tesoro, organizzata dal collegio.
I due vengono ritrovati solo a notte fonda, da due tedeschi che li 
riportano in collegio.


Il giorno dopo quando entrambi sono in infermeria, a causa della
febbre presa la notte prima, Julien ha la conferma che Jean è ebreo
e si sta nascondendo dai tedeschi.


Ma la persecuzione è arrivata anche in quell'angolo remoto di 
campagna francese: tutto è iniziato con il divieto di andare ai 
bagni pubblici e al ristorante...


Un giorno l'inserviente Joseph viene beccato a rubare e viene
cacciato dal collegio.


Il ragazzo, per vendicarsi, denuncia ai tedeschi la presenza di 
alcuni Ebrei nel collegio.


I soldati arrivano e portano via il direttore del collegio, padre Jean
(che aveva cercato di salvarli), Jean  Bonnet e gli altri due ragazzi ebrei.


I ragazzi moriranno ad Auschwitz, padre Jean a Mauthausen.


venerdì 26 gennaio 2018

Giornata della Memoria: L'ippocastano di Prinsengracht


e illustrato dalla IAL

Amsterdam

Sono un vecchio ippocastano di Prinsengracht e
voglio raccontarvi la storia di Anne: una ragazzina
che viveva nella soffitta, al numero 263 e che non
usciva mai...


Nella soffitta il tempo passava lento e nonostante ci 
abitassero otto persone, ci si annoiava. Per questo 
Anne passava il tempo scrivendo un diario e guardando
fuori dalla finestra...


Osservandomi lei assisteva all'alternarsi delle stagioni,
sperando che presto sarebbe giunta anche "la sua primavera"...

Purtroppo così non fu. Il 4 Agosto 1944 dei poliziotti
armati arrivarono a prendere quegli Ebrei nascosti nella
soffitta del 263 di Prinsengracht...


Anne morì di tifo, stenti e disperazione nel campo di 
concentramento di Bergen Belsen, nella primavera 
del 1945. Il suo diario, però, sopravvisse e ancor oggi
continua a far rivivere la memoria di Anne e di tutti 
i sei milioni di Ebrei vittime della Shoah.


sabato 13 gennaio 2018

Rita Levi Montalcini (1909-2012): "soprattutto, non temete i momenti difficili. Il meglio viene da lì."



Quando la sua tata morì di cancro, Rita decise di diventare una dottoressa.
Era particolarmente affascinata dai neuroni (ciò di cui è fatto il nostro cervello), così, dopo la laurea, cominciò le sue ricerche in questo campo insieme a uno straordinario professore di nome Giuseppe Levi e a un gruppo eccezionale di scienziati.
Erano nel bel mezzo di un'importante ricerca quando un crudele dittatore promulgò una legge: gli Ebrei non potevano lavorare all'università.
Rita fuggì in Belgio insieme al professore, che era ebreo come lei. Ma quando i nazisti invasero il Belgio, dovette fuggire e tornò in Italia.
E' difficile lavorare come scienziata quando devi nasconderti in continuazione e non hai accesso a un laboratorio, ma Rita non si arrese.
Trasformò la sua camera in un piccolo laboratorio di ricerca. Affilò gli aghi da cucito per creare strumenti chirurgici e sistemò un piccolo tavolo operatorio di fronte al letto, che usava per dissezionare i polli e studiare le cellule al microscopio.
Quando la sua città (Torino) fu bombardata, Rita fuggì un'altra volta, e poi un'altra ancora. Di nascondiglio in nascondiglio, tuttavia, qualunque fossero le difficoltà e ovunque si trovasse, continuava a lavorare.
Per la sua opera nel campo della neurobiologia, Rita ricevette il Nobel per la medicina: la terza persona della sua classe di medicina a ottenere questo risultato!

biografia tratta da "Storie della buonanotte per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo

Per approfondire Elogio dell'imperfezione di Rita Levi-Montalcini

Diario di una lezione straordinaria!


27/11/2017

Caro diario,
oggi mi è capitata una cosa che non mi era mai successa; ora te la racconto. Era l’ora di Lallo, stava spiegando un esercizio che avevo già capito.
Mi riposavo dunque, guardando la lavagna e… mi sono ipnotizzato. Mi succede spesso, però questa volta è stato diverso.
La lavagna è diventata enorme, erano spariti tutti, la mia immaginazione mi stava giocando un brutto scherzo. Un gessetto si è alzato, fluttuando nell'aria e scriveva numeri e formule, disegnava forme geometriche e risolveva problemi. Una volta riempita la lavagna, le formule hanno preso vita e volavano davanti a me: E= mC² , v=s/t, a=variazione velocità/intervallo di tempo…
Poi anche le figure geometriche: quadrato, rombo, rettangolo, trapezio, parallelogramma hanno cominciato a muoversi; ruotavano e danzavano seguendo una melodia impercettibile.
La lavagna si è poi svuotata e pian piano tutto è tornato normale… anche i miei compagni, ma le loro facce erano quelle dei più grandi matematici. Volevo tornare alla normalità e ho tentato di scuotermi, ma le cose sono peggiorate.
I numeri e le figure sono scomparse e hanno lasciato il posto alle parole, non parole qualsiasi però, ma versi della Divina Commedia, brani tratti da romanzi e tutto ciò che c’è da sapere sull’analisi logica. Stavo impazzendo? Di nuovo la lavagna è tornata normale, ma le facce dei miei compagni erano i volti dei più famosi scrittori. Era troppo, non potevo sopportare di più: odio letteratura e grammatica!!
Ma quel mondo ancora mi teneva: ero in Germania nel 1521, vicino a Martin Lutero. Buon modo per ripassare…!!
Tutto procedeva velocemente, non capivo: sapevo che ero in un sogno, però non riuscivo a svegliarmi… “Driiiinn”. Finalmente, eccomi di nuovo nella realtà!
I miei compagni mi sono apparsi uguali a loro stessi, ignari di quello che erano stati solo pochi minuti prima.
Ora ho un terribile mal di testa, inoltre non ho capito niente della spiegazione del nuovo argomento di matematica…
Pazienza, mi rifarò!!
Ti lascio, non ho più niente da dirti.
Ciao!

Mattia Gabatel IID  

lunedì 8 gennaio 2018

Margherita Hack (1922 - 2013): "le stelle non sono molto diverse da noi, nascono, crescono..."



Una volta, in una via di Firenze chiamata Via delle Cento Stelle, nacque una bambina. Si chiamava Margherita e da grande sarebbe diventata una straordinaria astrofisica, una scienziata che studia le proprietà delle stelle e dei pianeti.
Mentre studiava fisica, Margherita si interessò sempre di più alle stelle.
"Siamo parte dell'evoluzione dell'universo" diceva. "Dal calcio delle nostre ossa al ferro del nostro sangue, siamo fatti interamente di elementi creati nel cuore delle stelle. Siamo davvero figli delle stelle."
Il posto preferito di Margherita era l'Osservatorio di Arcetri. Su una collina di Firenze, scrutava i cieli attraverso un enorme telescopio, con la testa piena di domande: come si evolvono le galassie? Quanto distano le stelle l'una dall'altra? Cosa possiamo imparare dalla loro luce?
Margherita viaggiò in tutto il mondo, tenendo conferenze e ispirando altri a studiare le stelle. Tornata a Firenze, divenne la prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico.
Diceva che alcune delle sue migliori amiche erano stelle. Si chiamavano Eta Boo, Zeta Her, Omega Tau e 55 Cygni. C'è perfino un asteroide che porta il suo nome!
Per Margherita, essere una scienziata significava basare la propria conoscenza del mondo naturale sui fatti, sulle osservazioni e sugli esperimenti, e avere un'instancabile curiosità per il mistero della vita.

biografia tratta da "Storie della buonanotte per bambine ribelli" di Elena Favilli e Francesca Cavallo
scelta dalla IIBL

Per approfondire Qualcosa di inaspettato di Margherita Hack

venerdì 5 gennaio 2018

SapereCoop-COOP Alleanza 3.0: RIPERCORRIAMO LE FILIERE dal prodotto al processo

Il 7 Dicembre 2017 abbiamo abbiamo imparato, divertendoci, con l'attività RIPERCORRIAMO LE FILIERE della COOP.


Francesca, l'esperta, ci ha chiesto cosa fosse, per noi, una FILIERA. Le risposte sono state varie, ma non siamo arrivati ad una definizione precisa, per questa ragione Francesca ci ha fatto fare "un gioco" che ci chiarisse le idee.



Siamo stati divisi in gruppi e attraverso delle schedine abbiamo ricostruito una filiera. Una volta messo in ordine le carte, ogni gruppo ha spiegato, agli atri, il processo di realizzazione dal campo al supermercato di un determinato prodotto.


Abbiamo analizzato prodotti realizzati con diversi cereali: riso, orzo, avena, farro, mais...(così abbiamo anche imparato a riconoscerli!)

Dopo tre ore abbiamo capito proprio bene il concetto di filiera.

Grazie Francesca! Grazie COOP!

IAL

giovedì 4 gennaio 2018

Progetto Macchia Verde: il Labirinto del Minotauro con il pittore Pasquale Luongo


Tra il mese di Novembre e Dicembre, ogni martedì per due ore, abbiamo lavorato a questo progetto, con il pittore Pasquale Luongo e due volontari dell'Associazione Culturale la Macchia Verde.




Dopo aver letto e approfondito il mito del Minotauro, abbiamo lavorato sulla costruzione di un labirinto cretese.

Ci siamo cimentati con le diverse tecniche, compreso il carboncino, realizzando figure umane.


Abbiamo iniziato provando a fare un ritratto di un nostro compagno.


Pasquale ci ha fatto confrontare con i diversi tori dipinti da Pablo Picasso, lavorare sui colori, utilizzando anche quelli naturali.


Ognuno di noi ha poi realizzato il proprio libro illustrato sul mito del Minotauro e infine ne abbiamo fatto uno di classe.


Ci siamo divertiti tantissimo e non vediamo l'ora che arrivi primavera, perché finalmente potremo finire questo progetto, realizzando un vero e proprio labirinto lungo l'argine del nostro fiume Livenza.

IAL

Per approfondire Teseo e il Minotauro e altre storie di Geraldine McCaughrean

Continuità primaria/secondaria: il nostro romanzo ad immagini


Il progetto "continuità" è il modo attraverso il quale noi ragazzi di prima introduciamo gli alunni dell'ultimo anno della Scuola Primaria alla Scuola Secondaria.

Di fatto il progetto "continuità" consiste in lezioni-laboratorio, che hanno luogo da dicembre a febbraio, e che prevedono la realizzazione di un lavoro che verrà esposto in occasione della festa di fine anno, assieme ai lavori delle altre classi della nostra scuola. Quest'anno però lo esporremo anche alla Mostra del libro di Maggio, visto che si tratta di un lavoro su un romanzo: Il mio amico Asdrubale di Gianni Biondillo.


Questo libro parla dell'amicizia tra Mirka e Marco, due ragazzini che trascorrono molto tempo con Asdrubale, il loro amico albero, minacciato da un assessore che vuole abbatterlo per creare un parcheggio...



Abbiamo iniziato  l'illustrazione del libro, lavorando parallelamente sulla lettura e sul  riassunto.

I disegni sono stilizzati e semplificati nelle forme poiché devono essere colorati dai bambini delle classi prime della Scuola Primaria e dall'ultima classe della Scuola d'Infanzia.



Le tecniche che proponiamo, per colorare, sono il frottage, il graffito, lo stampo.

- Il  frottage consiste nel ricalcare stoffe o altri materiali, con dei colori a cera, sul foglio da disegno.

- Per ottenere il graffito prima si colora un disegno con i colori a cera, poi lo si ricolora con della tempera nera e alla fine con chiodi, stuzzicadenti e altri oggetti appuntiti si graffia la superficie. L'effetto è un disegno colorato in modo molto particolare.

- Per quanto riguardo lo stampo, creiamo dei "timbri" con patate o spugne, che poi intingiamo nella tempera e stampiamo sulla carta.



In questo post vi abbiamo dato un piccolo assaggio del nostro capolavoro!


I AL

mercoledì 3 gennaio 2018

Blowin' in the wind (1963, Bob Dylan)

This song speaks about humanity, war, peace and other questions that people refuse to answer.

Click and listen!

How many roads must a man walk down
Before you can call him a man?
Yes, 'n' how many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, 'n' how many times must the cannonballs fly
Before they're forever banned?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

How many years can a mountain exist
Before it's washed to the sea?
Yes, 'n' how many years can some people exist
Before they're allowed to be free?
Yes, 'n' how many times can a man turn his head,
Pretending he just doesn't see?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind

How many times must a man look up
Before he can see the sky?
Yes, 'n' how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind. 


BOB DYLAN RECEIVED THE NOBEL PRIZE FOR LITERATURE IN 2016.

Haiku della Nostra Terra


foto di Rachele Bianchi

Cielo grigio
nuvole nere e rossastre:
un tramonto.
Christian Rossetto IIBL


foto di Emma Calcinotto


Alberi
strada infinita:
cielo azzurro.
Nicolò Freguia IIBL

foto di Rachele Bianchi


Nuvole
strada:
tramonto triste.
Jona Buoso IIBL
foto di Emma Calcinotto


Tutto nero:
la morte arriva
solo la notte.
Nicolò Bonafini IIBL


Per approfondire Poesie. Haiku e scritti poetici. di Matsuo Bashô


venerdì 8 dicembre 2017

Le mie cadute da cavallo


La cosa più brutta, quando cadi da cavallo, non è il dolore che provi fisicamente, ma il dispiacere che avverti vedendo il tuo cavallo che ti scaraventa per terra perché ha paura di te.
Da giovane, nella mia vita di amazzone, ho fatto parecchie cadute da cavallo. Alcune erano causate da me, mentre il cavallo non era colpevole, altre erano dovute al cavallo che si comportava come un pazzo scatenato. 
La prima caduta della mia vita la feci da un asino, in un allevamento di montagna, dove io e la mia famiglia eravamo andati a pranzo. L'animale si chiamava Luiso, aveva il manto pezzato bianco e marrone. Lo cavalcai senza sella e fu proprio per quello che caddi. Non so come, l'asino si spaventò, partì in un galoppo velocissimo e io finii per terra. Poco divertente dato che, tutto sommato, avrebbe potuto anche calpestarmi.
La seconda caduta della mia vita la feci da un pony di nome Nino, anche lui pezzato. 
All'improvviso sgroppò e quindi mi scrollò di sella. 
In seguito, per circa cinque anni, non mi capitò più di risalire a cavallo due o più volte, di ritrovarmi piena di polvere e magari con un bel pestone... questo fino a quando non cambiai maneggio. 
Era il 23 aprile 2017 quando andai a fare l'esame pratico di lavoro in piano. Quella volta montai un purosangue arabo di nome Argento, ex campione di corse. Iniziai a pulirlo e in seguito a sellarlo, per poi montarlo ed iniziare l'esame d'ammissione. Andò tutto bene, ma la volta dopo iniziò il vero lavoro. La mia allenatrice mi fece galoppare senza staffe e dopo un po' mi fece superare un oxer di C90, sempre senza staffe. Feci un tale volo che, se fossi salita tre centimetri più in alto, avrei potuto togliere le ragnatele dal soffitto. Strano ma vero, atterrai in piedi. 
Da quel giorno non saltai mai un ostacolo senza staffe. 
Un'altra delle tante cadute da cavallo la feci mentre cavalcavo Vulivia, una olandese di 1.80 centimetri circa. Stavo galoppando per saltare un verticale di B100, mi tuffai prima di lei e lei si bloccò facendomi fare una giravolta in avanti e in quell'occasione sì che mi feci male alla schiena.
Le cadute successive, e anche quelle più dolorose, le feci da Jack Avril D'erminè, un sella francese di vent'anni. Era un cavallo molto allegro, che aveva partecipato a molte edizioni nazionali ed internazionali ed era un fenomeno. E, come ogni fenomeno che si rispetti, qualche volta si dimostrava imprevedibile e quindi sgroppava. Stavo procedendo tranquillamente quando tirò una sgroppata e mi scaraventò a terra. Non mi calpestò per miracolo, ma mi feci comunque male al collo. Risalii: iniziai nuovamente a galoppare, feci due giri di campo e finii di nuovo per terra. Riuscii ad alzarmi per miracolo. Montai per la millesima volta e, per fortuna, andò tutto bene. 
Ho imparato molte cose cadendo da cavallo, una delle tante è che bisogna sempre rispettare il nostro amico a quattro zampe, in qualsiasi momento; che sia vecchio o giovane non conta, poiché esso è sempre il tuo cavallo.

Battistin  Anna  IIA     

Storia di una bicicletta (quasi) rubata


Nel piccolo paesino di San Stino tutto trascorreva in modo tranquillo. Era una giornata di inizio settembre e mi stavo placidamente rilassando in camera mia, sul letto, con in mano il mio telefono.
Pensavo che tutto sarebbe trascorso tranquillamente... e invece no.                                        Mia mamma mi chiamò dal salotto, probabilmente perché doveva rimproverarmi per qualche malanno commesso in sala o altrove.
Ma non fu così: stava piegando la tovaglia in cucina e aveva un'aria parecchio strana. La guardai tranquillamente e le chiesi: "Che c'è?" come se fosse tutto normale.
"Ieri, dove hai lasciato la bici dopo aver fatto il tuo giretto?" mi domandò. 
Me lo ricordavo perfettamente: il giorno prima ero in casa a non fare assolutamente niente e, per prendere una boccata d'aria, avevo deciso di andare a fare un giro in bicicletta. Era un'uscita molto ristretta: mi ero limitato a recarmi all'oratorio passando per il campo sportivo dietro casa mia, facendo una strada che non percorrevo mai, ma che avevo seguito per il solo piacere di farlo.                           
Arrivato a casa, andai nel garage dietro la mia abitazione e la misi vicino alla porta che immetteva nelle cantine, dove sono posti tutti i meccanismi per far funzionare l'ascensore. Non avendo un lucchetto e non volendo suonare il citofono per chiamare mia madre e farle aprire il cancello del nostro "parcheggio privato", la posai lì sotto, dove la appoggio tutt’oggi.
Le risposi: "Dove la metto sempre" con un tono piuttosto seccato perché mi stava chiedendo una cosa molto stupida.
Non ero ancora a conoscenza della disavventura accaduta alla mia cara e vecchia bici.        "Perché, sai, stavo sbattendo la tovaglia e non l'ho vista" mi rispose preoccupata. 
"Ma come?" risposi, mentre mi recavo nel balconcino per verificare la sua affermazione.        Era vero, c'era solo la bicicletta di Michele nello scomparto. La cosa, però, non mi dette fastidio. Anzi, ero quasi rallegrato: il mio mezzo di trasporto a due ruote era piccolo e vecchio, di un colore rosso che mi ripugnava. Si aggiunga il fatto che, se me l'avessero rubata, ciò avrebbe significato che me ne sarei presa una nuova, una bici alta e con un cestino che desideravo moltissimo.
Tornando da lei non sapevo cosa dirle. Non potevo mica risponderle; "E vai! Finalmente avrò una bici nuova e che non faccia schifo!". No. Mi limitai ad aggiungere: "Allora me l'avranno rubata quando sono entrato in casa". Però me ne andai rallegrato: a breve avrei avuto una bici nuova di zecca che avrei usato molto di più rispetto alla precedente.
Ma non andò in questo modo, per niente.
Dopo qualche oretta, mentre ero alla scrivania col computer e mi rilassavo con la mia serie tv preferita, entrò mia madre: "Filippo, ti hanno ritrovato la bici!" disse guardando il suo telefono e me lo mise davanti alla faccia. 
Ed eccola lì a terra, la mia bicicletta, nella stradina dietro a casa mia che, strana coincidenza, avevo percorso il giorno prima.
"Davvero?" risposi. Era una domanda retorica: la vedevo con i miei occhi, mentre il mio sogno di avere una bici scintillante col cestino si infrangeva.
 "Sì, e quando arriva il papà la vai a prendere" ordinò.
Poco dopo mio padre rientrò a casa dal lavoro e ci recammo direttamente dai carabinieri.      Non ero mai entrato in quella che pensavo fosse una centrale di polizia: aveva un corridoio piccolo e stretto, con qualche sedia blu all'angolo a sinistra della porta. Andati più avanti vedemmo tre carabinieri, due uomini e una donna, che ci fissavano con un sorriso alquanto terrificante.
"Salve" cominciò mio padre "siamo venuti a ritirare una bicicletta rossa".
L'agente donna ci fece qualche domanda e poco dopo ci restituì la bicicletta. L'ultima cosa che ci disse era che se qualcuno fosse giunto per effettuare la denuncia di furto di una bicicletta, l'avremmo dovuta restituire subito.
Il che era impossibile, dato che era davvero di mia proprietà. Purtroppo.
Usciti dalla centrale, mio padre mi disse di andare a casa, mentre lui si sarebbe fermato a prendere le sigarette.
Così mi avviai verso casa. Durante il corto tragitto accesi il telefono e vidi dei messaggi, uno dei quali proveniva da mia zia, sempre aggiornata sui fatti del paese tramite Facebook e il Comune, luogo in cui lavorava.
Mi aveva mandato la stessa immagine che mi aveva fatto vedere mia madre dal suo cellulare e che ritraeva la mia bici, con sotto la scritta: "Ciao, questa è la tua bicicletta?".
Non mi ero accorto che il mio sogno di avere una bici più bella e moderna si fosse infranto molto prima che me l'avesse detto mia mamma.

Filippo Sandrin IIA