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giovedì 17 novembre 2022

No alla Mafia!


Questa settimana, nell'ambito di Libriamoci, abbiamo letto e ascoltato le parole di chi è stato "dalla parte giusta", lasciandoci una grande eredità fatta di coraggio.

Abbiamo assistito alla determinazione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che insieme hanno fatto luce su cosa sia davvero la mafia.

Abbiamo "fatto nostre" le parole "pericolose" di Peppino Impastato che ha ridicolizzato uomini considerati intoccabili.

Abbiamo condiviso l'alternativa alla mafia e la possibilità di una vita diversa offerta ai giovani siciliani da don Pino Puglisi.

Abbiamo rivendicato il diritto a vivere libera di Lea Garofalo.

Noi diciamo NO alla mafia!

giovedì 3 novembre 2022

Libriamoci alla “Fogazzaro”: Dalla parte giusta

Inserendoci nel tema istituzionale, proposto dall’edizione di Libriamoci 2022, “La forza delle parole”, da lunedì 14, daremo il via alla nostra iniziativa Dalla parte giusta.
Fino a venerdì 18, ogni giorno, leggeremo e mediteremo su una storia di lotta alla mafia.


Le parole sono pietre.
Usiamole per costruire ponti, per unire le coscienze di chi non sopporta più la tirannide delle mafie, l'ipocrisia di chi dovrebbe combatterle e le menzogne di chi continua a girarsi dall'altra parte.
Nicola Gratteri

giovedì 3 marzo 2022

Il rapimento di Giuseppe Di Matteo ad opera della mafia

Era il ventitré novembre del 1993, un pomeriggio.

Il sole era ancora alto nel cielo e scaldava la terra brulla di fine estate; i raggi illuminavano il maneggio riflettendo le ombre di Giuseppe e del cavallo che si stavano esercitando su una nuova esecuzione. Il lieve venticello muoveva le chiome verdi degli alberi che ancora non si erano dipinte dei colori autunnali. Terminata la lezione di equitazione il ragazzo riportò il cavallo nel box; gli strigliò la folta criniera  e gli accarezzò il morbido pelo marrone mentre il quadrupede si riprendeva mangiando del fieno. Una macchina arrivò e frenando nella strada di sassi, sollevò un grande polverone che la nascose per qualche istante.

Giuseppe era ancora assieme al cavallo, quando una voce rimbombò nella stalla pronunciando il suo nome: “Giuseppe, vieni. Ti porto da papà”. Era un uomo, indossava una divisa con la pettorina della DIA (l’uomo apparteneva alla direzione investigativa antimafia). Il volto di Giuseppe si illuminò sentendo queste parole: l’enorme sorriso apparso sul suo viso gli fece spuntare delle fossette sulle guance e gli occhi lucidi sembrava che urlassero pieni di gioia: “Arrivo papà!”. Procedette di qualche passo per raggiungere l’uomo, che lo aspettava alla porta. Le sue gambe si muovevano a fatica per l’emozione: sembrava avessero un peso legato alle caviglie, che però non era abbastanza potente per farlo fermare. L’uomo gli poggiò una mano sulla spalla rigida, quasi immobile, e lo guidò fino all’auto.

Altri tre uomini lo aspettavano seduti con un’espressione maliziosa stampata sul volto. Giuseppe vide compiere delle strane e sospettose azioni da loro e iniziò ad allarmarsi. Uno dei quattro, seduto sul sedile anteriore, portò la mano fuori dal finestrino e staccò il lampeggiante dalla cappotta dell’auto; dopodiché si tolse la pettorina e la passò a un altro seduto dietro. Quest’ultimo la strinse in un pugno e con l'altra mano si portò l’indice alla bocca e disse al ragazzo di stare in silenzio. Spaventato, Giuseppe spostò lo sguardo dall’uomo, che sicuramente non era un poliziotto, incrociandone però, sullo specchietto, un altro ancora più cattivo. 

Qualche ora dopo si era fatta sera e le strade erano illuminate solo dai lampioni e dalle luci delle case. Adesso l’auto era parcheggiata con il povero ragazzo nel bagagliaio. I mafiosi stavano discutendo tra loro come se Giuseppe fosse solo un oggetto di commercio. Uno di loro si avvicinò all’auto aprendo il bagagliaio, afferrò il capo della lunga catena che teneva prigioniero il ragazzo e cominciò a tirarla passandosela da una mano all’altra.

Il forte tintinnio che faceva quando sbatteva nell’auto, graffiandone la vernice, faceva intuire quanto dolorose e pesanti fosse. La gioia e l’euforia di Giuseppe di poter rivedere il padre si erano trasformate nel terrore di morire. Le urla di sofferenza del ragazzo erano soffocate dalla benda di stoffa che le trasformava in mugolii…

Due anni dopo, l’undici gennaio 1996, i mafiosi decisero di liberarsi del ragazzo soffocandolo e sciogliendone il corpo nell’acido.

Veronica Manzatto  IIIDS

La mafia, conoscerla per combatterla

 

La mafia è una organizzazione che comanda il territorio in cui si trova, tramite azioni criminali. In Italia si trovano molti tipi di mafie: a Napoli troviamo la Camorra, in Calabria l’Ndrangheta e in Sicilia Cosa Nostra. Ogni clan ha il proprio boss. Egli comanda tutte le attività illecite e viene chiamato molte volte con l’appellativo di “Don”. 

La mafia però è diversa dai comuni delinquenti, essa comanda la vita quotidiana delle persone e tramite usure ed estorsioni mette in difficoltà i cittadini e le loro attività. A causa di ciò per esempio alcuni imprenditori  non riescono a permettersi il proprio negozio e talvolta la propria casa. La mafia è famosa anche per alcune azioni eclatanti, come l’esplosione di Capaci, l’esplosione di Via D’Amelio e l’uccisione del piccolo Giuseppe, sciolto nell’acido. 

I più celebri modelli di eroi antimafia sono stati tutti uccisi dalla mafia, ma sono ricordati per il loro coraggio e per la loro determinazione a pulire l’Italia da questi rifiuti. Uno dei più famosi, o forse il più famoso, è stato Giovanni Falcone, un magistrato che insieme al pool-antimafia costituì il primo megaprocesso contro Cosa Nostra e riuscì a mettere dietro le sbarre centinaia di mafiosi. Un altro dei più conosciuti è Giuseppe Impastato, giornalista e conduttore radiofonico che attraverso manifestazioni e articoli combatté contro la mafia e fece capire alle altre persone quale fosse la verità.

Anch’io ho delle proposte contro la mafia: non bisogna avere paura e, anzi, si deve denunciare questi atti, iniziando a parlarne prima di non accorgersi più di niente. 

 Riccardo Vidal III DS

giovedì 18 marzo 2021

Lea Garofalo (24.04.1974 Petilia Policastro - 24.11.2010 Monza) e la figlia Denise

Lea e Denise Garofalo sono rispettivamente una madre e una figlia. Lea era nata nel 1974 a Petilia Policastro in una famiglia molto nota per lo spaccio di droga. Sin da quando era piccola voleva andarsene da quel posto, sperava che il mondo fuori da lì fosse diverso. Un giorno si innamorò di Carlo Cosco. Anche lui sembrava innamorato, ma in realtà voleva arrivare alla sua famiglia per entrare nel giro dello spaccio di droga. Loro due non si sposarono ma, nel 1991, ebbero una figlia di nome Denise. Subito dopo la sua nascita si trasferirono a Milano per potere espandere “l’attività”. Andarono lì insieme ai fratelli di Lea. Quando Carlo riuscì ad arrivare ad avere più controllo sullo spaccio, diventò sempre più cattivo e violento con Lea.

Un giorno quest’ultima disse a Carlo che non voleva più vivere e far vivere Denise in quella situazione e che voleva andarsene. Carlo si infuriò e iniziò a picchiarla. Un giorno arrivò la polizia che portò in questura Carlo e i fratelli di Lea per fargli delle domande. Lea colse l’occasione per scappare. Nel 2002 lei e sua figlia entrarono in un programma di protezione come testimoni di giustizia ma nel 2006 furono espulse con l’accusa di essere complici. Nel 2007 poi riuscirono a rientrare nel programma grazie al Consiglio di Stato. Con l’aiuto di questo programma si rifugiarono a Campobasso e tutto sommato vivevano bene. Lea, poco prima di morire, decide di fidarsi di nuovo del padre di sua figlia e gli chiede i soldi per il suo futuro.

Allora si incontrano in un quartiere di Monza. Carlo uccise Lea e la sciolse nell’acido per sbarazzarsi del suo corpo.

Ciò che rimaneva del corpo fu trovato un anno dopo. 

Denise andò a testimoniare contro il padre e rientrò in un programma di protezione, nel quale si trova ancor oggi.

 I funerali di Lea si svolsero il 19.10.2013 a Milano, a lei fu dedicato un giardino in viale Montello. 

Al funerale partecipò anche l’associazione LIBERA contro le mafie. 

Denise non poté partecipare per ragioni di sicurezza ma salutò la madre in diretta telefonica con questa frase: ”Tutto quello che è successo è stato per il mio bene, non smetterò mai di ringraziarti, grazie mamma”. 

Lea viene ricordata il 21 Marzo, come tutte le altre vittime della mafia.

Greta IIIIBL