martedì 16 ottobre 2018

Il mito di Prometeo, il ladro del fuoco



Prometeo e Zeus erano molto amici e spesso mangiavano insieme.
Un giorno Prometeo consigliò al padre degli dèi di creare gli uomini. 
Zeus propose a Prometeo di plasmare delle statuette di  argilla, per dargli un modello di come dovessero essere creati l'uomo e la donna.
Lui lo fece e Zeus diede vita alle due statuette.
Prometeo amava davvero queste creature e decise di donargli l'intelligenza.
A lui piaceva davvero molto stare con gli uomini, anzi gli piaceva stare più con gli uomini che con gli dèi: Zeus ne diventò geloso.
Il padre degli dèi, per testare se potesse ancora fidarsi di Prometeo o meno, lo mise alla prova: invitò lui e i suoi amici uomini a pranzo sull'Olimpo.
Zeus prese un bue intero e disse a Prometeo di dividere, in due, la carne per il pasto (una parte per il padre degli dèi e una parte per gli uomini), aspettandosi che la miglior scelta di carne sarebbe andata a lui.
Prometeo per non far arrabbiare subito Zeus, e per far felici gli uomini, mise in un sacco la carne migliore coprendola però con lo stomaco del bue (una parte non molto buona) e mise in un altro sacco le ossa con sopra il grasso, la parte più gustosa.
Zeus, sbirciando all'interno dei sacchi, prese per sé il secondo sacco.
Dopo essersi accorto dell'inganno, il padre degli dèi decise di punire Prometeo, punendo i suoi cari amici uomini, togliendogli il fuoco.
Prometeo di nascosto riuscì a riprenderselo, mentre Zeus e gli altri dèi dormivano.
Quando il padre degli dèi se ne accorse punì severamente Prometeo, che aveva osato sfidarlo, facendolo legare ad una roccia e mandandogli ogni notte un'aquila dal becco ricurvo che costantemente gli mangiava il fegato, che continuava a rigenerarsi.
Questa punizione durò anni, finché un giorno Eracle uccise l'aquila e liberò Prometeo.
Quando Zeus lo seppe, dapprima si arrabbiò, ma poi decise che la punizione che aveva inflitto a Prometeo era durata abbastanza e gli consentì di tornare a vivere una vita normale, tra gli uomini che aveva sempre difeso.

Irene Dal Tin e Mohamed Jacem Mtira di IIAL


Mary Wollstonecraft Shelley (1797-1851): "Attenti: Siccome non ho paura, posso fare qualsiasi cosa!"



C'era una volta una ragazzina che si chiamava Mary e che aveva perso la mamma pochi giorni dopo la sua nascita. La matrigna non era gentile con lei, e Mary sentiva tantissimo la mancanza di una madre. La sua unica consolazione era l'enorme biblioteca di casa, da cui prendeva ogni giorno un libro diverso che poi andava a leggere sulla tomba di sua madre.
I libri la affascinavano e la trasportavano lontano da quella casa in cui si sentiva sola e infelice. Ben presto cominciò a scrivere lei stessa racconti e poesie.
Un giorno conobbe un giovane poeta di nome Percy. I due si diedero appuntamento per la prima volta sulla tomba della madre di Mary, e lì capirono di essere profondamente innamorati. Il padre di Mary, però, era contrario al loro amore, così furono costretti a fuggire a Parigi per stare insieme.
Viaggiarono attraverso l'Europa, facendo amicizia con molti altri artisti e scrittori.
In una notte di tempesta, Mary, Percy e alcuni amici cominciarono a raccontarsi storie del terrore. Dopo un po', uno di loro propose che tutti tornassero nelle proprie stanze a scrivere storie di fantasmi, per poi vedere chi sarebbe stato l'autore della più spaventosa.
Quella notte, a Mary venne l'idea di un folle scienziato che creava un mostro composto da pezzi di cadaveri e lo riportava in vita tramite l'elettricità. Furono tutti d'accordo: la storia del dottor Victor Frankenstein era quella che faceva più paura.
Il romanzo di Mary, Frankenstein o il moderno Promoteo, ebbe un successo strepitoso. Ancor oggi, a duecento anni di distanza, la gente ama leggere del dottor Frankenstein e della sua orrenda creatura, invenzioni della straordinaria fantasia di Mary Wollstonecraft Shelley.

biografia tratta da "Storie della buonanotte per bambine ribelli 2" di Elena Favilli e Francesca Cavallo

giovedì 11 ottobre 2018

Ruby: la bambina coraggiosa, protagonista del più famoso quadro di Norman Rockwell


Norman Rockwell Museum , Stockbridge, Massachusetts

Il problema con cui tutti viviamo è un dipinto, olio su tela (91cm x150cm), del 1964 di Norman Rockwell. 

È considerato un'immagine iconica del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.

Raffigura Ruby Bridges, una bambina afroamericana di sei anni, sulla strada per la scuola elementare William Frantz (una scuola pubblica completamente bianca), il 14 novembre 1960, durante il periodo di segregazione scolastica a New Orleans.

A causa di minacce di violenze contro di lei, Ruby è scortata da quattro vice marescialli statunitensi; il dipinto è incorniciato in modo tale che le teste dei marescialli siano tagliate alle spalle.

Sulla parete dietro di lei è scritto il motto razziale "nigger" e le lettere "KKK"; è anche visibile un pomodoro schiacciato e schizzato contro il muro.

I manifestanti bianchi non sono visibili, dal momento che lo spettatore guarda la scena dal loro punto di vista.

Ricerca a cura della IIAL

martedì 9 ottobre 2018

Consiglio di lettura: "l'uomo che piantava gli alberi" di Jean Giono



Si aggirava per i monti della Provenza un uomo che cercava un po' di tranquillità.
Aveva molta sete, ma non trovava un goccio d'acqua. 
Ad un certo punto vide un'ombra e avvicinandosi scoprì che era un pastore.
L'uomo gli chiese dell'acqua, il pastore lo fece bere dalla sua borraccia e lo invitò da lui.
Una volta a casa, il pastore estrasse delle ghiande da un sacchetto, selezionandole. 
L'uomo gli chiese cosa stesse facendo, ma il pastore non rispose.
L'uomo chiese al pastore di poter passare la notte e il giorno successivo a casa sua, per riposarsi, ma in realtà voleva saperne di più sulle ghiande.
Il giorno dopo il pastore portò a pascolare le pecore e portò con sé anche le ghiande.
L'uomo lo seguì, prendendo una strada parallela. 
Arrivarono entrambi ad un ampio terreno e il pastore si mise a sotterrare le ghiande: piantava querce.
Il terreno però non era suo e non sapeva nemmeno di chi fosse.
Arrivò la guerra del '14 e l'uomo si dimenticò del pastore.
Una volta finita la guerra, l'uomo tornò in quei luoghi: davanti a sé vide una grandissima foresta, creata dal pastore... (la storia continua, continuate a leggere il libro!)

Gaia Bartoli IIIBL

giovedì 4 ottobre 2018

Film: la leggenda del pianista sull'oceano

La leggenda del pianista sull'oceano è un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco.



Il piroscafo Virginian arriva a New York.
Migranti di terza classe e ricchi di prima classe sbarcano.
Danny Boodman, un macchinista di colore del Virginian, fa un giro nel salone delle feste per cercare oggetti di valore, persi e/o dimenticati.
Non trova nulla di prezioso, ma sopra il pianoforte trova un neonato abbandonato dentro una cassetta di limoni, di marca T.D.
Decide di tenerlo con sé nel locale caldaia e di crescerlo.
Lo chiama Danny Lemon T.D. Novecento (perché il ritrovamento avviene nel gennaio del 1900).

A raccontare questa storia, attraverso dei flashback, è Max Tooney, trombettista del Virginian, amico di Novecento.

Danny Lemon T.D., a otto anni, rimane orfano una seconda volta: Danny Boodman muore a causa di un incidente sul lavoro.

Il piccolo crescerà all'interno del piroscafo, scoprendo l'amore per la musica e un innato talento per il pianoforte...

Nicolò Lucchetta IIIBL

mercoledì 3 ottobre 2018

Storia di Gina: piccola migrante veneta


Un giorno Gina torna a casa da scuola, quel giorno però non è come tutti gli altri...
Il padre tiene in mano una lettera che viene dall'America. La zia invita una delle figlie del fratello, tra cui Gina, a raggiungerla in "Merica" per lavorare e aiutare così la famiglia, che vive in povertà a Forno di Zoldo. 
Gina è la più grande, ha undici anni, e dunque sarà lei a partire.
Il giorno dell'imbarco sul piroscafo, Gina e i suoi documenti vengono affidati a un caro amico di famiglia, Polone, anche lui diretto in America. 
Una volta saliti sulla nave, però, i due vengono separati: i maschi devono stare da una parte e le femmine da un'altra.
Gina si sente tanto sola, così tira fuori dalla tasca, un regalo che le aveva fatto la maestra: un quaderno e una matita. 
Il 10 Ottobre 1900, Gina inizia a scrivere un diario. Lo scriverà per tutta la traversata da Genova all'America e oltre.
Il 10 Novembre 1900, la ragazzina riporta di aver visto tutta la gente correre sul ponte, indicando la Statua della Libertà, urlando "Nuovaiorche". 
La nave, però, non si ferma a New York, prosegue per Ellis Island: lì i migranti vengono controllati ed eventualmente rispediti al luogo di partenza.
Gina non ha i documenti con sé (li ha Polone), così viene prima affidata a una donna e poi portata da un poliziotto. Il poliziotto non parla l'italiano e Gina non parla inglese. Allora la bambina per farsi capire fa un disegno di se stessa con Polone, scrivendo i loro nomi accanto alle immagini. 
Polone viene chiamato; i due si ritrovano. 
Essendo in perfetta salute e avendo i documenti con sé, ora anche la piccola può dirigersi verso New York.
Gina lavorerà per diversi anni in "Merica", mantenendo la famiglia in Veneto e riuscirà anche a mettersi da parte un gruzzolo, per ritornare in Italia e aprire, con le sorelle, una merceria nel suo paesello d'origine.

Emma Calcinotto IIIBL

ispirato da "Verso la Merica" di Vanna Cercenà tratto da A braccia aperte. Storie di bambini migranti (Mondadori)