martedì 15 marzo 2016

L'alfabeto dei nostri racconti: C-H

CALCIO


Quella sera, ero tornato a casa stanchissimo, avevo mal di gambe e mi sono tuffato sul divano. Dopo un paio di minuti in dormiveglia cominciai a ricordare: era una domenica mattina e ad un certo punto il cellulare di mio papà ha iniziato a squillare. Lui rispose e sentì una voce che diceva "Sono Valentino della Liventina. Vostro figlio si è dimostrato pronto all'allenamento di giovedì scorso...volevo chiedere se per lui e per voi andrebbe bene far parte della nostra squadra".  Mio padre me lo venne a chiedere immediatamente e io risposi subito di sì.
Mi dissero che avrei iniziato ad allenarmi con loro regolarmente dalla settimana successiva. Al primo giorno di allenamento, quando arrivai davanti al cancello del campo sportivo, ero felicissimo: avevo raggiunto il mio primo obiettivo. Feci subito amicizia con i miei nuovi compagni di squadra.
Arrivò la domenica, giorno della mia prima partita, fuori casa, con la Liventina, indossavo la maglia con il numero 11. Iniziò la partita e dopo qualche minuto eravamo già in vantaggio.
Al ventesimo minuto del secondo tempo mi trovai da solo davanti alla porta e feci un gran bel gol. Ero gioia pura, e lo fui ancora di più quando i miei compagni di squadra mi vennero ad abbracciare.
Quando tornarono a casa loro raccontarono del mio bel goal e i loro genitori dicevano: "ma allora è proprio forte quello nuovo!".
Tornato a casa io andai subito a lavare le mie belle scarpe, che comunque non avevano nessun merito nel goal...
Ritornai alla realtà a causa di uno squillo del telefono, che mi fece venire in mente quella domenica di tanto tempo prima, e sentii: "Ciao Nicolò, ho avuto il tuo numero da un nostro conoscente in comune, Tony...non so se ti ricordi ancora di me sono Filippo, il tuo compagno di squadra di quando avevano tredici anni"...Certo che mi ricordavo; abbiamo iniziato a parlare un po' della nostra vita: ora ero sposato, avevo due bambini, lavoravo duro per mantenere la famiglia, ma ricordavo ancora quel periodo, la maglia verde e le scarpe grigio-argento, ma soprattutto  quello che mi diceva papà prima della partita "usa la testa!".

Nicolò Stoppa IIIB

DANZA



Appena suonata la sveglia balzo giù dal letto, senza esitare nemmeno un istante prima di alzarmi, malgrado abbia dormito solo cinque ore e mezza.
Sono troppo agitata per pensare al sonno. Questo giorno potrebbe cambiare la mia vita per sempre.
Mi preparo in fretta, sempre accompagnata dall'ansia, e arrivate le nove e mezza finalmente mi dirigo verso l'accademia di danza, più prestigiosa della città.
Devo riuscire ad entrare a tutti i costi: sarebbe il mio sogno che si realizza.
Arrivata all'ingresso della scuola trovo molti altri ragazzi, che come me, sono qui per fare i provini.
Dopo cinque minuti arriva una signora, ad accoglierci, e devo dire che non sembra molto simpatica, ma poco importa. Ci dirigiamo verso gli spogliatoi per cambiarci, metterci le punte e sistemarci i capelli.
Intanto faccio amicizia con alcune ragazze che sono lì con me, parliamo e cerchiamo, in qualche modo, di scaricare la tensione, ma con scarsi risultati.
Entra nello spogliatoio la stessa signora che ci aveva accolto, per dirci di entrare nella sala delle audizioni. Una volta entrata si  presenta e presenta tutti gli altri giudici, e ci dice che pochi di noi o addirittura nessuno di noi riuscirà ad entrare...
Impallidisco, temo di non farcela...e poi, come può sapere quanti di noi sono bravi o meno, senza nemmeno averci visto? Forse è una specie di sensitiva? Non credo proprio!
Ognuno di noi si è preparato un balletto da presentare.
"Bene, possiamo iniziare!", dice un giudice, "partiamo da te!", indicando una compagna.
Devo dire che è davvero brava, ma non mi preoccupo poi così tanto.
Arrivato il mio turno, mi posiziono al centro della stanza. Parte la musica e inizio a danzare, lasciandomi trasportare dalle dolci note. L'ansia, le preoccupazioni, la tensione...tutto svanito: ci sono solo io e la musica.
Una volta che abbiamo finito tutti quanti di ballare, ci fanno uscire per bere e riposarci un po'...intanto loro devono decidere chi è stato ammesso e chi no.
Dopo circa un quarto d'ora esce un giudice che dice: "Ok, noi abbiamo deciso. Su questo foglio trovate la lista degli ammessi, se sentirete il vostro nome andrete diretti a casa a fare le valigie. Domani mattina vi vogliamo qua.Va bene...i ragazzi che hanno passato i provini sono..."
Non mi sono mai sentita così in ansia, come in questo momento, e non credo di essere l'unica. Sento una serie di nomi, mi gira la testa, non capisco più niente. All'improvviso sento il mio nome e una sensazione di sollievo, felicità e liberazione mi avvolge, non sono mai stata così felice: il mio sogno si è realizzato e la mia vita è cambiata per sempre.


Luna Comin IIIB

EVASIONI

Un giorno d'estate del lontano 2755 stavo tornando da una vacanza pluristellare nella galassia Chees Burger.
Mentre tornavo, vidi però un cinema multidimensionale con la modalità B-zeta, cioè la modalità in cuoi facevi parte del tuo film preferito o videogioco, e correvi qua e là, facevi l'avventuriero, esploravi e finivi di giocare quando era game-over, cioè quando venivi ucciso dai nemici.
Però quel sistema non veniva usato più, perché si diceva che c' erano state alcune anomalie e un virus si era infiltrato nel gioco Galaxian war, che riproduceva la quindicesima battaglia tra le galassie.
Quindi, incuriosito, lasciai la multistrada e con la mia cybercar mi diressi verso il cinema multidimensionale.
Appena arrivato vidi che era deserto ed entrando  venni accolto da due Borgoglasti verdi  che con i loro sorrisi smaglianti a 132 denti e le loro quattro braccia gli chiesero se volevo scegliere la dimensione  B-zeta, mostrandomi un permesso speciale del governo che gli autorizzava a possederla.
L'unico gioco, però, era galaxian war, il gioco con il virus!
Nonostante ciò mi fecero entrare nel simulatore dicendo che era del tutto sicuro.
Dopo aver distrutto dieci navicelle  madri del  Glardian e annientato  quattro pianeti (io ero un mago dei videogiochi) mi accorsi che le navi e i pianeti sparivano davanti a me: c'era solo una spiegazione... il virus!!
corsi subito a rifugiarmi in una zona buia e attivai la visione notturna. Poi , di colpo, un tentacolo mi spuntò davanti e sporgendomi vidi... il virus!!!
era u n mostro divora galassie e riuscivo a vederlo solo con la visione notturna negli ololibri di storia avevo letto che quei mostri avevano un unico punto debole: i loro occhi. Erano come un interruttore per il cervello. Allora azionai i turbopolitori e mi diressi verso il mostro. Con un primo colpo di sorpresa...tac!! via il primo occhio con un suo mega tentacolo mi schivo per un soffio e...tac!via un altro occhio. Ero pronto a colpire il terzo quando mi afferrò e iniziò a stritolare la mia navetta. Schiacciai il pulsante di espulsione e feci appena in tempo perché la navetta si distrusse in mille pezzi. Il mostro continuò con la sua avanzata. Però gli rimaneva solo un occhio e dovevano distruggerlo. Vidi una punta rimasta tra i loro rottami della mia navetta e sembrava una lancia e mi preparai a colpirlo. La lanciai...e Tac!Anche l'ultimo occhio era andato.
Di colpo il simulatore si spense e all'uscita del cinema trovai il re della galassia Gold-world che mi ringraziò di aver sconfitto il virus, che stava per invadere non solo le versioni B-zeta di tutte le galassie, ma anche ogni dispositivo con energia propria in tutte le galassie.
Da quel giorno diventai famoso con il nome di “the video-gamer” e tutti nelle galassie mi conoscono.

Mattiuzzo Paolo IIIB

FOLLIA


Un  giorno il signor Hackman anche chiamato ''l'uomo del mistero'' per la sua passione e bravura nel risolvere i misteri, si svegliò e scoprì che un nuovo caso lo aspettava.
Di lui si sapeva solo il nome, il suo lavoro e che aveva una passione per i misteri,quindi si poteva dire che anche la sua identità fosse un mistero.
Il signor Hackman viveva in  un piccolo paese nel regno unito,tra la gente del paese giravano delle voci su di lui, si diceva che si fosse trasferito lì dal Canada e che una volta fosse nell'esercito, ma nessuno sapeva la verità.
Quel giorno, il 24 ottobre 1981, il signor Hackman si svegliò, si guardò intorno e tutto era sparito..
Si ritrovò disteso per terra perché il letto, come tutti gli altri mobili della casa, era sparito.
Uscì da casa sua e non c'era nemmeno una persona, le strade erano deserte c'erano solo dei cani e dei gatti che passeggiavano.
Il signor Hackman decise di mettersi a camminare in cerca di persone; camminò per ore e ore e arrivò notte.
Era così stanco che si fermò a riposarsi in una casa.
C'era un silenzio incredibile, il solo rumore che si sentiva erano i versi degli animali notturni che uscivano dalle proprie tane.
Quella notte che lo spaventava come nient'altro sembrava non finire più. Il signor Hackman rimase sempre sveglio ma il giorno non arrivò mai più. Si mise a camminare ma le sue speranze erano ormai esaurite.
Era stanchissimo e per la sua mente giravano pensieri sempre più assurdi e per lui diventò tutto un mistero.
Passarono molti giorni e il signor Hackman non riusciva a risolvere quel mistero allora decise di uccidersi, prese un coltello e lo punto sul cuore, poi capì cosa fosse successo. Di colpo strizzò gli occhi,li riaprì e si ritrovò nel suo letto.
Quel mistero che lo stava per uccidere era solo un  incubo che lui si era creato con le sue paure. Nel momento in cui riaprì gli occhi sul mondo reale si richiusero subito ma non per la sua volontà. Il 4 dicembre 1981 si tenne il funerale del signor Hackman, trovato morto sul suo letto.
Vi starete chiedendo chi sono io e perché so tutta la storia. Beh, io sono la morte che ha seguito il signor Hackman fino a trovare il momento giusto per poterla via con me...
Carlo Vidotto IIIB

GIORNO

Quel giorno ero più stanca del solito perché ero appena tornata dalla palestra.
Mi ero buttata sul divano mentre mia mamma stirava e guardava “ l' eredità “ con  Carlo Conti che era il nostro presentatore preferito.
Ero totalmente stanca che all'improvviso mi addormentai “ vedevo una fila di persone, più o meno della mia età, che avevano dei fogli in mano.Anche io ero in fila, dietro di me c' era una ragazza con la gomma in bocca che faceva le bolle e le scoppiava in continuazione. Non capivo dove mi trovassi poi notai una scritta sulla porta “ il sapere è il destino di tutti “. Da quella porta entravano tutti uno alla volta e quando uscivano le loro espressioni erano diverse, alcune addirittura piangevano. Quel posto mi era familiare ma nonostante ciò, non capivo. Avevo anche io dei fogli in mano e spontaneamente incomincio a leggere.
Avevo capito: ERO ALL'ESAME DI MATURITÀ.
Mi assalì il panico, volevo lasciare la fila ma non potevo allora mi affrettai a leggere la mia tesina.
Quando varcai la soglia della porta, mi sentii morire perché non capivo, ero confusa.
La professoressa mi aveva chiesto di esporre la 1°  Guerra Mondiale.
Fortunatamente sapevo rispondere ma mentre parlavo vedevo le figure dei prof svanire”
Mia madre  mi svegliò : “ Tessa svegliati, vai a dormire nel letto”.
Io disorientata andai in camera pensando al sogno. Pensandoci notai che la sensazione dell' ansia mentre eri in fila era la stessa di quanto lo fatto nella vita reale.
È stato bello riprovare quella situazione di vuoto.
Alessia Marino IIIB

HOUUUU


Nel maggio del 2003 Mary e una sua amica giocano nella soffitta con una palla e Mary la tira in mezzo a degli scatoloni, va subito a riprenderla, ma trova qualcos'altro, una vecchia scatola piena di polvere con sopra la scritta “La scatola “.
Loro incuriosite scendono dalla soffitta, entrano subito in camera e la aprono.Dentro trovano una freccia di legno con una luce al centro, una tavola sempre di legno con scritto sopra l'alfabeto e le istruzioni.
Per giocare bastava tenersi per mano e far girare la freccia  di legno nell'alfabeto. Mary e la sua amica Rita ci provano ma non succede nulla .
Sfogliando le istruzioni le due ragazze capiscono che quel gioco serve per mettersi in contatto con i morti, si spaventano, chiudono la scatola e la riportano in soffitta .
Dopo circa dieci anni Mary torna nella soffitta per cercare un libro, ma trova “ La scatola “, la porta in salotto e inizia a giocarci.Quando i suoi genitori tornano a casa trovano Mary impiccata con le luci natalizie dell'albero di Natale.
Dopo aver fatto il suo funerale, la sua amica e il suo ex ragazzo John indagano sulla sua morte
Scoprono che in salotto c'era una telecamera che ha ripreso la morte di Mary.Nel video registrato della telecamera vedono Mary che gioca con “La scatola” e subito dopo che si alza, spegne le luci natalizie, fa un nodo intorno alla balaustra della scala e si butta.
I due ragazzi rimangono scioccati e decidono di fare indagini su quel gioco.
Mentre stavano cercando degli indizi,in soffitta, scoprono una carta di proprietà e scoprono che nella casa dove è morta Mary molti anni prima era morta una donna e la sua casa è stata venduta ai genitori di Mary.Grazie a questo indizio capiscono che Mary era riuscita a mettersi in contatto con quella donne che l'ha uccisa.
Rita e John si incontrarono nella casa di Mary per giocare al gioco e cacciare il fantasma di quella donna .
Appena iniziano a giocare la freccia che teneva Rita in mano si sposta nell'alfabeto e    

lettera per lettera scrive “ sto arrivando”.John sente una mano che stringe il suo piede e viene trascinato nello scantinato della donna.Rita li segue, ma ormai il fantasma aveva già ucciso John, allora Rita cerca un oggetto di utilizzare contro il fantasma, trova una piccola boccetta di acqua santa, la apre e gliela lancia contro.Grazie a quell'acqua il fantasma si scioglie.
Claudio Timis IIIB

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