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domenica 15 gennaio 2023

Joyce Salvadori Lussu: la partigiana armata di poesia

Firenze, 8 maggio 1912 – Roma, 4 novembre 1998

Joyce Salvadori Lussu nacque nel 1912 a Firenze e crebbe in una famiglia antifascista.

Alla base della sua educazione ci fu sempre la libertà di pensiero e di parola. Tanto che  a nove anni, in pieno regime fascista, mentre andava a scuola, scrisse su un muro, con un pezzo di carbone, “ABBASSO IL FASCISMO. ABBASSO MUSSOLINI. VIVA LA REPUBBLICA”. Questo gesto le costò alcuni schiaffi da una camicia nera: lei non si pentì mai di quel  suo atto di ribellione al totalitarismo fascista.

Suo padre, Guglielmo Salvadori, che era docente di Filosofia all'Università (prima a Pisa poi a Roma) scrisse dei coraggiosi articoli antifascisti che vennero pubblicati da due giornali inglesi il "New Statesman" e "The Westminster Gazette". Una marchesa inglese, ammiratrice del regime, si affrettò a tradurli e a mandarli ad alcuni suoi amici fascisti in Italia.

Tutta la famiglia dovette così fuggire in Svizzera e viaggiare in ogni dove per scampare al fascismo.

A Ginevra, in una staffetta partigiana, conobbe quello che nel 1944 sarebbe diventato suo marito: Emilio Lussu, famoso scrittore sardo antifascista, scappato dall'Italia e ricercato dalla polizia segreta fascista, l'OVRA.

Nella sua vita Joyce fu dunque partigiana, ma anche insegnante, attivista femminista, scrittrice, poetessa e traduttrice, in quanto questo continuo viaggiare per salvarsi dal fascismo la portò in molti luoghi, di cui imparò le lingue. Tradusse alcuni dei grandi poeti e personaggi storici del Novecento, tra cui Fidel Castro, Nelson Mandela, Nazim Hikmet.

Alla fine della guerra, per il suo coraggio, venne insignita della Medaglia d'argento al valor militare, poiché fu anche capitano delle brigate Giustizia e Libertà.

Joyce ha scritto molte poesie e molti libri, ma il suo componimento  più famoso  è “C’è un paio di scarpette rosse", composto in seguito a una visita al lager di Buchenwald e Auschwitz.

"C'è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede

ancora la marca di fabbrica

Schulze Monaco

c'è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio

di scarpette infantili

a Buchenwald

più in là c'è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald

servivano a far coperte per i soldati

non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas

c'è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la domenica

a Buchenwald

erano di un bimbo di tre anni

forse di tre anni e mezzo

chissà di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto

lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini

li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l'eternità

perché i piedini dei bambini morti

non crescono

c'è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole"

Nel film capolavoro Schindler's List, Steven Spielberg ha reso omaggio a questa poesia poesia di Joyce Salvadori Lussu: il film è tutto in bianco e nero, tranne il particolare di una bambina che porta un cappotto e un paio di scarpette rosse.

Melanie Bincoletto IIIBL

martedì 12 febbraio 2019

Giorgio Perlasca (1910-1992): "Io credo di aver fatto qualcosa di normale... "


Giorgio Perlasca nacque a Como il 31 gennaio 1910. Dopo qualche mese, la sua famiglia si trasferì a Maserà, in provincia di Padova per motivi di lavoro.
Negli anni Venti aderì al Fascismo e partì come volontario per l'Africa orientale e per la Spagna.
Tornato in Italia, prese le distanze dal Fascismo: non approvava, infatti, le leggi razziali entrate in vigore nel 1938, né l'alleanza con la Germania nazista.
Durante la seconda guerra mondiale, venne mandato come diplomatico nei Paesi dell'Est per comprare carne per l'esercito italiano.
Nel 1943 si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e venne quindi imprigionato in Ungheria, in un castello riservato ai diplomatici.
Quando i tedeschi presero il potere, Perlasca riuscì a fuggire, si nascose presso conoscenti e poi trovò rifugio presso l'Ambasciata spagnola. Ottenne il passaporto spagnolo (con il nome di Jorge Perlasca) e cominciò a collaborare con l'ambasciatore Sanz Briz. Insieme cominciarono a consegnare salvacondotti per proteggere i cittadini ungheresi di religione ebraica dalla deportazione dei campi di sterminio
Quando l'ambasciatore lasciò Budapest per tornare in Spagna, Perlasca si finse il nuovo diplomatico e riuscì a salvare e proteggere 5.218 Ebrei ungheresi.
Dopo l'entrata in Budapest dell'Armata Rossa, Giorgio Perlasca tornò in Italia e tornò alla sua vita, non raccontando a nessuno quello che aveva fatto a Budapest.
Solo negli anni Ottanta, grazie a un gruppo di donne ebree ungheresi che erano vive grazie a Perlasca, il mondo conobbe questa storia e di come, fingendosi un ambasciatore spagnolo, egli era riuscito a salvare oltre 5.000 Ebrei.
Giorgio Perlasca ottenne il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni.
Morì a Maserà il 15 agosto 1992.

Ricerca a cura della IIIAL della Scuola Secondaria di Primo grado “A Fogazzaro” di La Salute di Livenza

Oskar Schindler (1908-1974): chiunque salva una vita, salva il mondo intero



Oskar Schindler nacque il 28 aprile 1908 in Moravia, che a quei tempi apparteneva all'Impero austro-ungarico.
Si diplomò presso un istituto tecnico, ma non riuscì a portare a compimento gli esami per entrare al College.
Si trasferì a Brno e intraprese diversi mestieri tra cui il parrucchiere.
Nel 1928 si sposò con Emilie Pelzl, figlia di un importante e benestante industriale. Dopo spostato, iniziò a lavorare per la Moravia Electrotechnic e prestò il servizio militare come caporale.
Nel 1931 venne assunto presso la Banca di Praga e qui lavorò per 7 anni. Nel frattempo divenne parte dei servizi segreti nazisti (dal 1936) e per questo venne arrestato e incarcerato per spionaggio dal governo ceco.
Nel 1939 divenne ufficialmente membro del partito nazista e cominciò a lavorare in Polonia. A Cracovia, nel 1942, fu costretto ad assistere con orrore ai rastrellamenti dei ghetti.
Aprì una fabbrica nel campo di concentramento di Plaszow e qui si rese conto della terribile tragedia che si stava compiendo.
Cominciò così a proteggere gli Ebrei che lavoravano nella sua fabbrica e quando fu ordinato di chiudere il campo di Plaszow e di trasferire tutti gli Ebrei ad Auschwitz, utilizzò tutti i suoi beni per salvare la vita a quante più persone possibili, trasferendoli a sue spese a Brunnlitz, una città della Cecoslovacchia, nel 1944.
Grazie a questo riuscì a salvare più di mille Ebrei.
Questa storia venne raccontata in un famoso film di Steven Spielberg: Schindler's list.
A conclusione della guerra, si trasferì con la moglie in Argentina, ma qui perse tutti i suoi soldi.
Tornato in Europa nel 1961, fu accolto con entusiasmo dai sopravvissuti dell'Olocausto in Israele e venne riconosciuto Giusto tra le Nazioni. Nel 1965 ricevette la Croce al Merito.
Morì a causa di un infarto nel 1974.

Ricerca a cura della IIIAL della Scuola Secondaria di Primo grado “A Fogazzaro” di La Salute di Livenza

mercoledì 6 febbraio 2019

Liliana Segre:"L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa"



Liliana Segre è nata a Milano nel 1930, in una famiglia ebraica. Da piccola viene espulsa dalla scuola a soli otto anni, a seguito dell'intensificarsi delle leggi razziali in Italia. Nel 1943 la famiglia cerca di sfuggire in Svizzera, ma viene respinta dalle guardie di frontiera: il giorno dopo lei e il padre vengono arrestati in provincia di Varese. A soli 13 anni, Liliana Segre viene internata nel campo di concentramento di Auschwitz - Birkenau, dove ha perso il padre e i nonni paterni e dal quale verrà liberata nel 1945. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati a Auschwitz, Liliana è tra i soli 25 sopravvissuti. Per molto tempo non ha voluto parlare della propria esperienza, poi nel 1990, ha cominciato a girare per le scuole a raccontare quegli anni terribili. Nel 2004 è stata insignita del titolo di Commendatore della Repubblica, su iniziativa di Carlo Azeglio Ciampi. Tra i libri in cui porta la sua importante testimonianza, ricordiamo Fino a quando la mia stella brillerà, La memoria rende liberi e Scolpitelo nel vostro cuore. È Presidente del comitato per le Pietre d'inciampo - Milano, che raccoglie tutte le associazioni legate alla memoria della Resistenza, delle deportazioni e dell'antifascismo. Nel 2008 ha ricevuto la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'università degli Studi di Trieste e nel 2010 quella in Scienze pedagogiche dall'università degli Studi di Verona. Nel 2018 è stata nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica  Mattarella per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale.
Ecco un breve estratto del suo discorso in occasione della nomina: «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare»

martedì 22 gennaio 2019

Da non perdere: "Figli del destino" di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli


Mercoledì 23 gennaio 2019, alle 21.25,  andrà in onda su Rai 1, la docufiction Figli del destino, per la regia di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli, che raccoglie le testimonianze e le storie di quattro bambini che, nel 1938, furono espulsi dalla scuola in quanto ebrei. 
Fra questi c'è anche la Senatrice Liliana Segre, da sempre in prima linea contro l'antisemitismo e le discriminazioni. Gli altri piccoli protagonisti sono Tullio Foà, Lia Levi e Guido Cava.