lunedì 9 marzo 2020

Italo Svevo e "La coscienza di Zeno"

Hector Schmitz nasce, nel 1861, a Trieste, quando la città fa parte ancora dell'Impero austo-ungarico. Di padre austriaco e madre italiana, lo scrittore sceglie lo pseudonimo di Italo Svevo, che sintetizza la sua doppia identità culturale. Affacciata sull'Europa, crocevia di lingue e culture diverse, Trieste è una città di confine viva e aperta alle più moderne tendenze letterarie, filosofiche e scientifiche. Svevo, dopo aver studiato in Germania, torna a Trieste dove trova impiego in banca ma, al tempo stesso, inizia a frequentare scrittori italiani ed europei e si interessa alle teorie di Sigmund Freud, padre della psicanalisi. Nello stesso periodo, Svevo inizia a scrivere, ma i primi insuccessi e la necessità di dedicarsi all'azienda del suocero, che dopo il matrimonio gli è stata affidata, lo allontanano per lungo tempo dalla letteratura. 
Il successo per Svevo arriva tardi, nel 1923, quando ha più di sessant'anni, grazie a quello che ancora oggi è considerato il suo romanzo più riuscito, La coscienza di Zeno: racconto autobiografico in cui il protagonista, Zeno Cosini, su consiglio dello psicanalista, scava dentro di sé, dando libero corso al fluire dei suoi ricordi, per capire le cause del suo disagio esistenziale. 
Cinque anni dopo, nel 1928, Svevo muore in un incidente d'auto.



La coscienza di Zeno viene accolto dai contemporanei come un romanzo molto innovativo, sia per la struttura che per i contenuti:
-la storia non viene raccontata cronologicamente, dall'inizio alla fine, ma secondo l'ordine in cui i ricordi si presentano alla mente del protagonista;
-il racconto prosegue per episodi, immagini che si presentano alla mente del narratore come "flusso di coscienza" cioè una libera esposizione dei pensieri, così come compaiono nella mente.

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