lunedì 27 maggio 2019

Ieri è stata inaugurata l'ottava mostra del libro e noi...

Abbiamo presentato "Se magnea tuti da na padea" di Dino Andreetta: 
storie di vita nelle nostre campagne negli anni '50.

Abbiamo consigliato qualche libro.


Abbiamo letto un po' di storie ai piccolini...

e domani alle 11.30 faremo un flash mob per il bicentenario de "l'infinito" di Giacomo Leopardi!

martedì 21 maggio 2019

1° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Smitty" di Kristen D. Randle


Quale mistero si nasconde dietro il viso bellissimo di Smitty, che non parla mai e non vuole farsi toccare da nessuno, ma è bravissimo a risolvere complicati problemi di matematica? 
Gimmy se lo chiede spesso, lei è irresistibilmente attratta da questo singolare compagno...

giovedì 16 maggio 2019

2° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Mark Mission e la torre di giada" di Luca Azzolini


Mark ancora non lo sa, ma l'avventura gli scorre nelle vene! 
Trasferitosi da poco in India per seguire il lavoro del padre, si trova da subito catapultato in una serie incredibile di vicende.
Tra genitori scomparsi, messaggi in codice ed enigmi da risolvere, Mark dovrà recuperare tutti i frammenti di un'antica mappa perduta...

martedì 14 maggio 2019

3° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Senza paura" di Gino Franchetti


Segnato dai problemi tipici dell'adolescenza, Giovanni è alla ricerca disperata del consenso del gruppo. 
In particolare, egli vuole accattivarsi le simpatie di una banda di ultras, una di quelle che danno vita alle cosiddette tifoserie...

lunedì 13 maggio 2019

4° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Non è successo niente" di Antonio Skármeta



Lucio ha 14 anni e viene dal Sudamerica. La sua famiglia è stata costretta all'esilio, e così Lucio è arrivato improvvisamente in Italia. A Milano ci sono un sacco di cose interessanti: il calcio, la hit parade, i suoi amici greci Omero e Socrate Kumides, le manifestazioni, le moto e soprattutto ragazze come Patrizia e Francesca...

mercoledì 8 maggio 2019

Mia nonna Stella...



Mia nonna Stella mi ha raccontato che quando era piccola, fino a quando era una giovane sposa, i pasti non erano tanto vari, perché non c’era granché: mangiavano sempre fagioli e “muset” (cotechino) con la polenta. 
Per primi mangiavano gli uomini e i bambini, e per ultime le donne.
Si alzavano alle 3 di mattina per andare a tagliare “la spagna” (erba medica), per far foraggio per gli animali e usavano il “falzin”*: un attrezzo con un lungo manico di legno e una lama molto tagliente. Poi verso le 5 o le 6 del mattino tornavano a casa per dar da mangiare alle mucche, ai cavalli, ai maiali e alle galline. 
Per lavorare la terra usavano i buoi.
Abitavano lontano dal paese, ma lo raggiungevano sempre a piedi perché non avevano biciclette.
Per lavare i panni usavano la cenere della stufa e lavavano tutto a mano dentro il fiume.
Indossavano gli abiti dismessi delle famiglie ricche: mia nonna si teneva ciò che le andava bene e il resto lo dava alle altre famiglie.
Come calzature avevano solo gli zoccoli, d’estate e anche d’inverno.

Racconto della nonna di Sharon Gusso


lavoro ispirato dal testo "Se magnea tuti da na padea - Mangiavamo tutti da un'unica pentola : storie di vita contadina tra le foci di Piave e Livenza intorno alla metà del Novecento" di Andreetta Dino

*falcetto

5° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Destinazione mistero" di Roberto Morraglia


Siamo in un angolo dell'Universo, un angolo buio, freddo e misterioso. Ma ad un tratto, un punto luminoso sorge dalla notte, prima tremolante e lontano, poi sempre più vivido e lucente. Quanto più si avvicina, esso rivela un aspetto riconoscibile, sebbene insolito: è un'astronave...

martedì 7 maggio 2019

6° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "La bara d'argento" di Peter Ellis


Nella serena atmosfera di un monastero inglese, un monaco sta accudendo le sue piante medicinali. È fratello Cadfael, un tempo marinaio, poi crociato, ora padre erborista dell'abbazia benedettina di Shrewsbury. Mite, paziente, devoto; un sant'uomo, con una particolarità: è il più grande detective che le cronache medievali ricordino.
Il possesso delle reliquie di santa Wìnifred ha scatenato una controversia fra i monaci di Shrewsbury e gli abitanti di un pacifico borgo del Galles...

lunedì 6 maggio 2019

La maestra Lisa Davanzo (1917-2006)



Nel 1940 l’Italia entra nel Secondo Conflitto Mondiale e Lisa inizia la sua carriera di insegnante a Ca' Corniani, facendo da maestra ai contadini del posto. È lei a raccontare nell'introduzione del suo libro “ossi de persego” come Romiati avesse a cuore la cultura di mezzadri e braccianti per i quali aveva creato, all'interno della sua azienda agricola, una scuola serale a titolo gratuito allo scopo di alfabetizzarli.

“Mi fae a maestra
E in bicicleta
Vae de qua e de à:
a Mussetta Castaldia Ca’ Corniani”

Lisa soggiornava per tutta la settimana nella casa delle insegnanti della scuola elementare della stessa Agenzia, e tornava a casa il sabato.

In quella zona operò la “Missione Nelson”, che in Valle Altanea aveva il compito di far imbarcare sui sottomarini che arrivavano a Porto Santa Margherita i prigionieri degli Alleati. L’ultimo tratto, lungo il Canale Brian, lo facevano i gommoni trasportatori, con la connivenza e la collaborazione di Giorgio Romiati, che aveva in casa il Comando Tedesco di zona e perciò rischiava la vita.

Se volete sapere qualcosa di più sulla maestra Lisa Davanzo cliccate qui

7° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Basta guardare il cielo" di Rodman Philbrick


Maxwell Kane è un adolescente fuori misura. Grande grosso e un po' scemo, dicono gli altri, e in fondo ne è convinto anche lui. Finché nella sua vita entra Kevin, un bambino con seri problemi di salute...

sabato 4 maggio 2019

La figura di Giorgio Romiati

“la palude è sempre apparsa nei secoli simbolo di morte. Per noi agricoltori ha però conservato l’insuperabile fascino delle sue attrattive, dell’immensità dei suoi orizzonti, dello splendore delle sue albe e dei suoi fiammeggianti tramonti, dello stesso scatenarsi incontenibile delle bufere, delle stupende e commoventi manifestazioni biologiche tra gli specchi d’acqua e i canneti brulicanti di selvaggina e guizzanti di pesci. Fascino vivificato e accresciuto in quest’ultimo sessantennio nell'ancor maggiore attrattiva della bonifica nelle sue alte prospettive di redenzione umana e di sviluppo agricolo…”

Parole di Giorgio Romiati (dal libro “il fiume Livenza” di Giuseppe Marson)



Nominato cavaliere del lavoro nel 1952 per il settore Agricoltura, Giorgio Romiati era nato a Padova nel 1876 dove è stato sepolto dopo la morte avvenuta nel 1967.
Dopo gli studi di medicina, nel 1897 egli assunse la direzione della Azienda agricola di San Giorgio, 3000 ettari completamente paludosi, alla foce del Livenza, che bonificò.
Durante il primo conflitto mondiale alternò il servizio medico in prima linea con audaci azioni belliche. Nel corso del secondo, invece, fu alla direzione dell’Ospedale militare di Pordenone, dove salvò dalla deportazione molti soldati e ufficiali. Apportò inoltre la sua competenza in numerose amministrazioni e istituzioni.
Dopo la prima guerra mondiale riprese, con i fratelli, l’attività interrotta e la estese a tutta la proprietà. Si dedicò intensamente ai consorzi di Bonifica del Basso Piave.
L’intero comprensorio fu così dotato, oltre che di modernissimi impianti di prosciugamento, di strade, linee elettriche, impianti di irrigazione, impianti sanitari…
Benemerita fu la sua azione contro la malaria. All'opera di bonifica associò la difesa boschiva e il riscatto sociale dei contadini. Per tutto ciò ricevette dall'Università di Padova la laurea honoris causa in scienze agrarie.

Il XX secolo è anche per Caorle il secolo delle grandi guerre. In particolare si infiamma la vita lagunare dopo la disfatta di Caporetto, diventando territorio strategico per il fronte che combatteva sul Piave. Nell'ultima offensiva del 1918 anche i caorlotti si fecero onore, tanto che il cittadino Giorgio Romiati fondò l’associazione Giovane Italia, insignita della medaglia d’argento al valor militare dopo la vittoria del 4 novembre.
Non a caso una delle sezioni del Battaglione San Marco si chiamava proprio “Battaglione Caorle” e, insieme col Battaglione Bafile, ebbe un ruolo importante nella battaglia di liberazione sul Piave.

Durante il secondo conflitto grave fu il peso dell’occupazione tedesca, che arrivò a minacciare di allargare, per motivi strategici, tutto il litorale per una profondità di 10 chilometri; l’allarme rientrò inaspettatamente e ancor oggi i caorlotti, a memoria di un voto emesso il 2 gennaio 1944, attribuiscono il merito di ciò all'intercessione della loro Madonnina del Mare.

 dal testo "Se magnea tuti da na padea - Mangiavamo tutti da un'unica pentola : storie di vita contadina tra le foci di Piave e Livenza intorno alla metà del Novecento" di Andreetta Dino

8°posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Magia interrotta" di Anne Fine


La povera Imogen possiede un dono disastroso: al solo contatto con i libri, entra in uno stato di agitazione folle, perché rivive in prima persona quello che accade nelle pagine. 
Soffre per gli animali tormentati, soffoca come il piccolo spazzacamino intrappolato nella cappa...

venerdì 3 maggio 2019

Abbiamo bisogno di...


Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, di gente che ama gli alberi e riconosce il vento.
Bisognerebbe stare all'aria aperta almeno due ore al giorno.
Ascoltare gli anziani, lasciare che parlino della loro vita.
Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle.
Esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno.
Dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia.
Leggere poesie ad alta voce.
Far cantare chi ama cantare.
In questo modo non saremo tanto soli come adesso, impareremo di nuovo a sentire la terra su cui poggiamo i piedi e a provare una sincera simpatia per le creature del creato.

Franco Arminio Geografia commossa dell’Italia interna

9° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "Diario di una casa vuota" di Beatrice Masini


Protagonista di questa storia è una casa. 
Antica, solitaria, più di un oggetto, meno di una persona, eppure strettamente legata alle persone che la abitano. 
Questa casa è vuota e aspetta che qualcuno torni a riempire le sue stanze...

giovedì 2 maggio 2019

Quando i miei nonni erano giovani...

Ciao, io sono Valentina. Sono nata il 19 ottobre 2006. I miei nonni, Caterina e Giancarlo, hanno rispettivamente 82 e 84 anni: mia nonna è nata il 30 gennaio 1937 e mio nonno è nato il 27 dicembre 1934.
Per una ricerca scolastica ho deciso, sulla scia dei loro racconti,  di fargli l’intervista che segue.
Questa intervista mi ha permesso di conoscere un po’ di più il loro passato e di capire quanto fosse dura la vita quando loro erano giovani.

*monega

Valentina: Quando eravate piccoli dove abitavate?
Caterina: Io abitavo a Villanova di Motta di Livenza, poi a tre anni sono andata ad abitare a Sant’Anastasio di Cessalto. In casa c’eravamo io, mio papà, mia mamma e mia sorella.
Giancarlo: Abitavo a Ca’ Cottoni con altre ventiquattro persone. Eravamo otto figli: tre femmine, cinque maschi. Abitavamo con due fratelli di mio papà; un di loro aveva nove figli: sette femmine e due maschi.

Valentina: Da piccoli cosa facevate?
Caterina: Cucivo. A 6 anni mia mamma mi ha insegnato a cucire. A 10 anni una signora si complimentò con me per la mia bravura…
Giancarlo: A 8 anni andavo già ad arare la terra con i buoi. Da adulto mi alzavo a mezzanotte per andare a lavorare la terra…avevamo 24 ettari. Andavamo ad arare con sei buoi messi a coppie. I buoi, che avevano tutti un nome proprio, erano così tanto addestrati che gli davamo indicazioni come “gira a destra” o “ gira a sinistra” e loro eseguivano.

Valentina: E nel tempo libero?
Giancarlo: Giocavamo a nascondino e a “vivi e morti”: si mettevano in piedi delle pietre e con un sasso le si colpiva, le pietre che cadevano erano “i morti”, quelle che rimanevano in piedi “i vivi”. Oppure si giocava con modellini di legno, di ferro o a calcio con un pallone fatto di carta e stracci.

Valentina: Come affrontavate l’inverno senza il riscaldamento?
Giancarlo: Per riscaldarci andavamo in stalla, ci riscaldava il calore delle mucche. In stalla c’erano una trentina di bestie: mucche, buoi e vitelli. Si utilizzava anche la “monega”*.
Caterina: Dal momento che non avevo bestiame, a casa mia ci si scaldava con la stufa a legna, oppure andavo dalle famiglie che avevano il bestiame… anche per passare un po’ il tempo insieme. Mia mamma scaldava il letto, con la “monega”, oppure metteva un mattone, prima messo nella stufa, e poi avvolto in alcune maglie vecchie.

Valentina: E come facevate per avere la luce?
Caterina: Si utilizzava il “carburo” (lampada ad acetilene) e l’olio.

Valentina: Come facevate senza servizi igienici?
Giancarlo: Si faceva “tutto” per terra. Fuori casa c’era un buco, circondato da un muro di canne e per pulirci usavamo l’erba e  “i scartossi” (foglie secche) delle pannocchie.

Valentina: Come facevate per avere l’acqua?
Caterina: Andavo a prendere l’acqua al pozzo e se ci si doveva fare il bagno in quella stessa acqua ci si lavava in tre.
Giancarlo: In estate si andava a lavarsi nel canale. D’inverno avevamo una pompa, ma non era solo per noi, serviva anche per dare da bere al bestiame.

Valentina: Dove facevate la spesa?
Caterina: Andavamo in un piccolo negozio detto “casoin”, dove trovavamo di tutto.
Giancarlo: …per comprare le sigarette rubavo le uova di gallina: tre uova per tre sigarette.

Valentina: Cosa vi ricordate della fine della Seconda Guerra Mondiale?
Giancarlo: Avevo 11 anni. Ricordo che il cognato di mia sorella è stato torturato dai tedeschi (gli hanno tolto le unghie), poi lo hanno legato e buttato nel fiume, perché i tedeschi pensavano che lui fosse un partigiano.
Caterina: Avevo 8 anni, per andare a scuola, dovevo fare 4 km a piedi, attraversando i fossi… se quando arrivavamo avevamo le mani sporche la maestra ci picchiava le mani con una bacchetta. Sentivamo e vedevamo i bombardamenti e spesso succedeva che di notte i tedeschi o i partigiani chiedessero da mangiare. Mia mamma gli faceva la polenta.

Valentina: Come vi siete conosciuti?
Caterina: Ci siamo conosciuti perché Giancarlo è venuto a casa mia a fare dei lavori (faceva anche il muratore). Siamo stati fidanzati tre mesi e subito dopo ci siamo sposati.
Giancarlo:…ma non perché Caterina fosse incinta. Io avevo 40 anni e Caterina 37.

Intervista di Valentina Gaetani IIAL

lavoro ispirato dal testo "Se magnea tuti da na padea - Mangiavamo tutti da un'unica pentola : storie di vita contadina tra le foci di Piave e Livenza intorno alla metà del Novecento" di Andreetta Dino



* Ingombrante oggetto in legno di forma ellittica utilizzato per riscaldare il letto; entro un telaio esteso da archi atti a tenere sollevate le lenzuola si trova una base di metallo, sulla quale si poggia un contenitore per le braci opportunamente prelevate dalla stufa.

10° posto della nostra top ten dei libri letti quest'anno: "All'ombra del lungo camino" di Andrea Molesini


In un lager nazista uno zingaro e un ragazzo ebreo stringono amicizia e si confortano a vicenda, nonostante la fame e le crudeltà cui i loro aguzzini li sottopongono. 

Ma quando ai prigionieri viene ordinato di costruire un forno dall'imponente camino, diventa chiaro che non c'è più speranza...

mercoledì 10 aprile 2019

I nostri classici preferiti



Cecco Angiolieri "S'i fosse foco"

Mohamed Mtira Mi è piaciuta molto questa poesia perché è divertente e maleducata!


Dante Alighieri "La Divina Commedia"


Carolina Ronchiato "La Divina Commedia" è il mio classico preferito, perché racconta un viaggio ultraterreno 

Lodovico Vio  Mi è piaciuta perché c'è un forte senso di giustizia

Valentina Gaetani Della "Commedia" mi è piaciuto il fatto che Dante nell'Inferno prova compassione e si immagina al posto dei peccatori

Brando Eleonora Mi è molto piaciuto il Canto di Paolo e Francesca dell'Inferno

Sara Fantin Anche a me è piaciuto molto il canto di Paolo e Francesca perché parla di un amore proibito


Giovanni Boccaccio - Decameron 


Tommaso Bortoluzzo (riferendosi ad "Andreuccio da Perugia") Mi è piaciuta questa novella perché parla della trasformazione di Andreuccio da ragazzo "sfortunato", ingenuo a giovane furbo e scaltro

Gianmaria Presottin (riferendosi a "Chichibio e la gru") E' una novella davvero divertente, spiritosa e parla della prontezza di spirito di certi uomini

Thomas Freguia (riferendosi a "Chichibio e la gru") Mi è piaciuto il finale: Chichibio non è stato punito e tutti ridevano!

Lorenzo Molin (riferendosi a "Federigo degli Alberighi") Mi è piaciuta tanto questa novella perché mette in evidenza sentimenti molto forti come l'amore e l'altruismo


Ludovico Ariosto  - L'Orlando Furioso


Irene Dal Tin Mi è piaciuto molto l'intreccio, con momenti tristi e altri divertenti, e tanti colpi di scena

Gioia Abigail Zia  L'Orlando Furioso mi ha appassionato per la fuga di Angelica, la follia di Orlando e perché è pieno di magie


Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo


Manuel Roman Mi è piaciuta quest'opera perché è collegata alla  vita stessa di Galileo (fu costretto ad abiurare)

Samuel Carta Mi è piaciuto il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo"  perché mi piace la scienza


Carlo Goldoni  - Arlecchino servitore di due padroni


Sharon Gusso  Mi è piaciuta questa commedia, perché il protagonista è stravagante e imbroglione

Silvia Fantinello  Mi è piaciuto "Arlecchino servitore di due padroni" perché Arlecchino (Truffaldino) parla in dialetto veneziano

Karen Simondo Il personaggio che mi piace di più è Truffaldino che riesce, con astuzia, a servire i due padroni

Giosuè Carbonera La commedia è divertente perché Arlecchino si è messo nei pasticci da solo e poi cerca di uscirne

Aurora Valeri Mi piace"Arlecchino servitore di due padroni" perché ci sono tanti travestimenti, che causano un sacco di equivoci e movimento

IIAL


martedì 9 aprile 2019

La mia prima esperienza con il ciclope assieme ad Odisseo


Presi dalla stanchezza cercammo un rifugio, una grotta, qualunque cosa che sarebbe potuta esserci utile per ripararci. La ricerca durò ben due faticosissime ore, con il lerciume per i tanti mesi senza lavarsi, il sudore, lo stomaco che gorgogliava dalla fame e la gola arsa e secca per la sete. Eravamo tutti scoraggiati fino al fatale momento, anche se noi non gli credevamo, in cui Odisseo urlò: "Fermate la nave, ho visto una grotta!” A quelle parole tutti (io compreso) sussultammo facendo un sospiro di sollievo. Pensai: ”Finalmente una sosta, del cibo, dell’acqua!” Ero al massimo della felicità, non sapendo cosa ci stesse aspettando. Al culmine della gioia sbarcammo ed entrammo nella grotta, ignari della nostra orribile sorte. Festeggiammo ma probabilmente non avremmo dovuto cantare vittoria troppo presto perché proprio in quel momento udimmo dei passi, dei passi pesanti e la terra vibrare come un terremoto “BUM! BUM!” Da quei rumori restammo immobilizzati, a quel punto ci apparve un mostro, un mostro enorme: aveva un solo occhio, un solo spaventosissimo occhio, con delle vene di un rosso intenso e pulsanti. Era agghiacciante. Gridò parole che feci fatica a comprendere con quella voce rauca: "Andatevene se non volete morire sbranati!” Tutti ci guardammo impauriti e poi guardammo Odisseo, di lui ci saremmo fidati ciecamente, era un uomo furbo e ingegnoso, un eroe, ma lui rispose con lo sguardo di chi, in questo caso, non sapeva che fare. Il mostro allora prese due nostri compagni con la tozza mano e li strinse senza pietà. Vidi i miei compagni di viaggio lasciare la vita. La disgustosa creatura prese le loro teste e le sbatté a terra come uova e piano piano si mise a mangiare i loro arti uno ad uno. Il loro sangue scendeva impetuoso ed io ero terrorizzato: sapevo di poter essere il prossimo. L’alba arrivò svelta e noi eravamo completamente spaesati. L’indomani mattina l’orribile gigante si mangiò altri due nostri compagni. Fu a quel punto che Odisseo porse alla bestia un calice di vino e io intuii che aveva un piano. Alla belva il vino piacque talmente tanto che ne bevve tre calici. Si ubriacò, così noi affilammo un bastone e Odisseo disse al mostro: ”Se ci dai ospitalità io ti svelo il mio nome: Nessuno”. L’essere orribile si addormentò e fu così che ci armammo di coraggio e del bastone che ZAC! infilammo nell'occhio lasciandolo cieco. Quando il ciclope chiese aiuto ai suoi compagni, gli domandarono chi lo avesse ferito e lui rispose nessuno. Nel frattempo noi scappammo e, da una certa distanza, Odisseo gridò alla bestia la sua vera identità. Ringrazio ogni giorno gli Dèi per essere uscito vivo da quella tragedia.

Sofia Valente IC

Giocando con il nostro dialetto...



El saez el piansea
parché tutti
quealtri alberi
i vea xa i buti,
e lu no!

Il salice piangeva
perché tutti
gli altri alberi
avevano già le gemme,
e lui no!

Giorgia Moro 



Me fradel se gha morsegà i lavari
da drio a palada:
ghe go dat un scufiot,
parché el stachea bacheti dal saez.

Mio fratello si mordeva le labbra
dietro la siepe:
gli ho dato uno schiaffo
perché staccava i rami dal salice.


Emma Calcinotto, Marco Tullio, Nicolas Bottosso




Coi bacheti cascadi dae palade
me tache un bel foghet
par scaldarme e man

Con i rami caduti dalle siepi
mi accendo un bel fuocherello
per scaldarmi le mani


Alice Donè



A fameja a xe importante
parchè a xe cara come l'oro
ma no tuti i ga sto dono

La famiglia è importante
perché è preziosa come l'oro
ma non tutti hanno questo dono

Matilde Salvador



Il nostro poeta: Romano Pascutto (1909-1982)


C’era una volta un uomo di nome Romano.
Romano era nato in una calda giornata di Luglio, in un piccolo paese sulle sponde del fiume Livenza.
Lui amava tanto la sua terra quanto odiava la prepotenza e l’ingiustizia. Fu così che, ancora studente, disse apertamente “no” al regime che faceva tacere chi gli era contro.
Per questo, a vent'anni fu costretto a raggiungere il fratello Sante, emigrato in Libia.
Fu allora che promise a se stesso che avrebbe lottato senza sosta per la libertà e per un mondo migliore. Tale idea mosse il cuore di molti, tanto che questi cuori si organizzarono per Resistere.
Tornato al paese nel 1942, Romano partecipo’ attivamente alla Resistenza, finendo in carcere.
Tanti luoghi qui attorno ci ricordano che il regime non era, di certo, tenero con chi resisteva: lo sanno le piazze, lo sanno gli alberi e anche i muri.
Arrivò il 1945 e la tanto sospirata Liberazione.
Romano era finalmente libero e continuò a tenere fede alla sua promessa, si impegnò, a oltranza, per migliorare il mondo, partendo proprio dal suo amato paese.
Lui diventò Sindaco di San Stino di Livenza, e fu anche il poeta che ne elevò il dialetto a lingua letteraria, non dimenticando mai l’impegno civile.
Romano scrisse della sua gente: gente di campagna che si affacciava alla ripresa del dopoguerra, tra sfruttamento e grandi valori del mondo contadino, gente che viveva, che soffriva, che gioiva, che moriva, lasciando in eredità un solo grande insegnamento, si piange da soli e si ride in compagnia.

Eredità
I me veci no m'ha lassà nissuna eredità.
I m'ha insegnà 'na roba che no bute via:
a pianzer da sol e a rider in compagnia.

(Romano Pascutto, L'acqua, la piera, la tera)

mercoledì 3 aprile 2019

Emozioni: cotta e decotta


Caro lettore,
ci rivediamo di nuovo, eh? Sì, è vero, ti ho trascurato per un bel po' però da oggi ti scriverò più volte in vista degli esami.
Oggi non ti racconterò della mia più grande nostalgia o di un'avventura emozionante che mi è capitata: oggi ti racconterò (oh, non ci posso credere che lo sto per dire veramente) della mia prima cotta adolescenziale. Ti ho sorpreso eh? Beh, neanche io me lo sarei mai aspettata, soprattutto da me: ormoni, mi avete fatto proprio un brutto scherzo! Va beh, incominciamo.
Il momento in cui è avvenuto il fatidico bagliore (ma che bagliore! La luce di un faro!) è stato quando abbiamo fatto il concerto del coro in I media: non so come, non so cosa, non so perché ma puff! Il mio cuore ha incominciato a correre come un cavallo impazzito e sentivo la faccia surriscaldarsi: stavo arrossendo, già mi vedevo. Lui stava salendo le scale per accedere al palco del teatro con molta difficoltà in quanto si era appena operato a un ginocchio e lì è scattata la scintilla, si è acceso il fiammifero, si è appiccato l'incendio: lì il mio cervello ha fatto un passo falso. Comunque per il resto della sera l'ho aiutato e poi, durante l'estate, gli mandavo dei messaggi per chiedergli come andava. Non facevo altro che pensare a lui (bleh), ma immagino che questo accada a tutte (e a tutti).
Ma chi è questo ragazzo? Non ti preoccupare, dopo questa descrizione capirai subito, ma non rivelerò il suo nome: motivi di Privacy.
Una lunga coda di capelli lunghi e ben curati si appoggiava delicatamente sulla sua schiena; aveva degli occhi scuri e profondi e un corpo da rugbista. Basta, hai già capito chi è, non continuerò soltanto per mettermi in ulteriore ridicolo. Guarda! La mia dignità has left the game! Comunque, ai tempi, mi sembrava un modello ammaliante e super-bellissimo, anche se con lui non ci si poteva intendere: in I mi stava molto (molto, molto, molto, troppo) antipatico, non faceva altro che prendermi in giro e cercava spesso di mettermi sotto cattiva luce, invitando anche altre persone a chiamarmi con il soprannome che aveva inventato per me, ovvero “Smolliccio”. Ma la cosa peggiore era che lo incontravo dappertutto e lui mi accusava di seguirlo: assurdo! In II comunque il nostro rapporto era nel limbo: non eravamo stra-amici ma nemmeno ci odiavamo a morte.
Dopo un po' di tempo che mi piaceva mi sono abituata e sembrava tutto ok, finché quel fatidico venerdì di marzo una mia compagna di classe rivelò a tutti la mia cotta: lo urlò proprio ai quattro venti e ovviamente un altro che ne era molto amico glielo ha urlato direttamente in faccia, così, tanto per essermi d'aiuto. Non riuscivo a crederci: per il resto della giornata l'ho interrogato su quello che era successo, sulla sua reazione, credevo in una cosa che non si sarebbe mai avverata. Ah, la gioventù...
Mentre uscivamo da scuola, il mio compagno di classe è andato a chiedergli se io gli piacevo ma quando è ritornato mi ha detto le seguenti parole: “Selma, ti ha bidonato: ha detto che sei brutta come la fame”. Ero incredula (aspetta, aspetta, adesso arrivano i sentimenti), allibita, sconcertata: sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi ma cosa potevo fare? Mettermi a piangere in mezzo al cortile? No, signora, no! Continuavo a rimuginare su queste parole, provavo un misto di rabbia, tristezza e vergogna: vergogna perché mi ero fatta trasportare da fantasie e sentimenti inutili e superficiali a dispetto di una semplice simpatia.
Comunque, alla fine, non abbiamo mai affrontato questo argomento e ne sono felice. Spero vivamente che questa esperienza non si ripeta più: innamorarsi ti dà soltanto false aspettative, soprattutto a questa età dove non riusciamo a capire cosa sia veramente questo sentimento che chiamiamo amore. Comunque tu fai quello che vuoi: questi sono soltanto miei pensieri.
Selma

Selma Matilde Ahmed III C

Racconto autobiografico: la mia prima cotta





Beh, prima poi accade a tutti quella sensazione strana in cui ti batte il cuore incontrollabilmente, arrossisci e tutto ciò che ti sembrava sbagliato ora diventa perfettamente perfetto quando incontri una determinata persona. Insomma, la prima cotta.
La mia prima e vera cotta l’ho avuta nell'estate tra la seconda e la terza media durante un camp d’inglese. Prima d’allora lo conoscevo solo di vista o per lo più me lo ricordavo soltanto com'era all'asilo.
Il primo giorno, arrivata a scuola insieme alla mia amica, appena l’ho visto ho pensato fra me e me: “Uhh, ma quanto è carino questo; non me lo ricordavo così”. Durante la giornata abbiamo cominciato a parlare, fino a quel punto era tutto ok, o -meglio- non avevo alcun problema a parlare e a stare con lui. Insomma per me era carino ma lo vedevo semplicemente come un amico.
Nei giorni seguenti la storia si è complicata un po’: insomma tra di noi c’era un po’ d’imbarazzo, veramente non riuscivo più a parlare a dire una sola parola in sua presenza per paura di sbagliare. Credetemi, è una cosa molto strana da parte mia considerando il fatto che non so mai stare zitta, inoltre per la prima volta avevo le farfalle nello stomaco, ma non ero poi così sicura che mi piacesse. 
Poi i miei amici mi hanno fatto notare che lui con me era diverso che con le altre ragazze: era più gentile, carino e anche lui si limitava a dire le solite cose per paura di sbagliare. Inoltre mi hanno confermato che gli piacevo e che anche io mi comportavo in un modo completamente differente dal mio solito dimostrando che provavo qualcosa per lui. Mi sembrava tutto così strano: insomma, fino a due giorni prima manco ci calcolavamo, sono bastati pochi giorni e ci siamo follemente innamorati l’una dell’altro? Capite anche voi che c’era qualcosa che non andava, la mia testa in quei giorni pensava a tantissime cose l’una dopo l’altra senza un filo logico, ma solamente un parola continuava a rimanermi impressa credo che abbiate capito a che parola mi riferisco: …… eh, volevate sapere come si chiama? E invece no, mi dispiace.
Ormai avevo la conferma su tutto: mi ero INNAMORATA di lui, ogni suo difetto ora era semplicemente una cosa fantastica, veramente lo vedevo perfetto in ogni cosa anche se ero consapevole del fatto che la perfezione non esiste, ma in quel momento non me ne importava.
Da quando lo capii il mondo appariva meraviglioso, per la prima volta io ero nel posto giusto al momento giusto con la persona che desideravo di più. L’unica cosa che volevo era stare con lui, perché mi faceva stare bene e a mio agio. 
La ciliegina sulla torta accade il 13 luglio mentre ero a mangiare una pizza con una mia amica, ci stavamo scrivendo ed ad un certo punto mi squilla il telefono. Era proprio lui, in quella frazione di secondo prima che gli rispondessi speravo che mi dicesse quella frase che ogni teen spera di sentirsi dire dal ragazzo che le piace. E fu proprio così. Lascio a voi immaginare la frase e la mia reazione. Dico solo che mi sono messa ad urlare e a saltare in mezzo al ristorante dalla gioia; ripensandoci adesso voglio solo sprofondare dall'imbarazzo. 
Devo dire che questa esperienza è stata molto bella e diversa dalle altre perché per la prima volta avevo capito cosa significasse avere le farfalle nello stomaco a causa di un ragazzo. Anche se alla fine la nostra storia non si è conclusa nel migliore dei modi -forse anche per il fatto che ci conoscevamo appena- mi rimane un bel ricordo che spero di non perdere e che sicuramente mi ha fatto ragionare e maturare. 

anonima05

venerdì 29 marzo 2019

Visita d'istruzione al castello del Catajo e al giardino monumentale di Valsanzibio (in provincia di Padova)


Il 20 marzo 2019 noi, la classe IIAL, con la IIBL, con le professoresse Donadon e Penso e i professori Bazzo e Ferrazzo, siamo andati in visita d'istruzione al Castello del Catajo e al Giardino Monumentale di Valsanzibio. 
Siamo partiti con l'autobus alle 7:00, dal parcheggio della scuola e siamo arrivati al castello verso le 9:00.
Dopo esser arrivati tre guide, Giorgia, Elisa e Chiara ci hanno spiegato come si sarebbe svolta la visita: avremmo fatto una caccia al tesoro!


Ci siamo divisi in due squadre, noi contro la IIBL. Con un gioco abbiamo deciso i nostri nomi: noi eravamo "le aquile" e gli altri "i cavalli".


In ogni stanza del castello e nel parco c'erano delle pergamene da trovare (che solo il caposquadra poteva prendere), e in ognuna di esse c'era scritta la storia di una delle persone che ha vissuto nel castello, ad esempio nel giardino c'era la pergamena con la tragica vicenda di Barbara Querini, uccisa dal marito Tommaso Obizzi, mentre nell'ultima stanza del castello c'era la storia del suo fondatore, Pio Enea II.


Tra storie e giochi a squadre siamo arrivati alla fine della caccia al tesoro, e abbiamo scoperto la squadra vincitrice, giunti alla terrazza del castello.
Abbiamo vinto noi! Le guide ci hanno consegnato "la pergamena dei vincitori" e delle caramelle, che abbiamo condiviso con la IIBL.

Verso le 13:30 siamo partiti per andare al Giardino Monumentale di Valsanzibio.
Siamo arrivati alle 14:00. Abbiamo depositato i nostri zaini e abbiamo iniziato la visita.
Questo giardino è stato fatto costruire dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, per ringraziare Dio, perché aveva salvato lui e la sua famiglia dalla peste.



Il giardino è un viaggio allegorico verso la purificazione, partendo dall'errore e dal peccato, si arriva alla verità e alla pace con se stessi.


E' un parco con delle aiuole molto belle e curate, con animali, con piante molto antiche (come ad esempio una sequoia di trecentottanta anni), con delle statue che rappresentano gli dei, fontane e scherzi d'acqua.
All'interno del giardino c'è anche un labirinto con sette trabocchetti, che rappresentano i sette vizi capitali.

Alla fine della visita si arriva ad una piazza, davanti a una villa, che ha una dislivello di sette scalini.
Sugli scalini sono scritti dei versi. Il significato di questa poesia è che il tuo viaggio è finito, ora ti sei purificato, ti puoi riposare nella tranquillità e nella pace, di cui fai parte.
Dopo aver finito il nostro "viaggio" di purificazione, abbiamo comprato qualche souvenir e siamo partiti per rientrare.
Siamo arrivati a scuola alle 17.30.


Questa visita mi è piaciuta molto, perché, nel castello, storia e divertimento si sono intrecciati e le guide erano molto simpatiche.
La visita al giardino di Valsanzibio, per me, è stata indimenticabile: eravamo all'aria aperta in questo parco stupendo. A me è piaciuto particolarmente il giardino anche perché mi appassiona tanto la mitologia e la guida ci ha raccontato un sacco di storie sugli dei.

Irene Dal Tin IIAL

giovedì 21 marzo 2019

21 marzo: giornata mondiale della poesia



FACEBOOK

Mi hai chiesto l'amicizia
ma tu l'hai sempre avuta
dai tempi dell'asilo
amici a crepapelle

Mi mandi le tue foto
ma posso farne a meno:
appena chiudo gli occhi
mi corri sulle palpebre

Tu posti i tuoi pensieri
io ho vivo nelle orecchie
il suono dei segreti
che hai detto solo a me

E non so dove
cliccare
per dire
"mi dispiace"

Chiara Carminati da Viaggia verso: poesie nelle tasche dei jeans

venerdì 15 marzo 2019

Ciaspolata alle Cinque Torri nelle Dolomiti Ampezzane, sul percorso storico nelle trincee della Prima Guerra Mondiale


Questa zona fu teatro di aspre battaglie tra truppe italiane e austro-ungariche durante la Grande Guerra; conserva ancor oggi numerose testimonianze delle battaglie e delle costruzioni belliche erette dal Regio Esercito italiano, recentemente recuperati in seno ad un'operazione di ristrutturazione e valorizzazione che ha permesso la creazione di interessanti itinerari storici.

Nella zona Lagazuoi-Cinque Torri è stato realizzato un esteso museo della Prima Guerra Mondiale (su un raggio di 5 km), composto dai musei all'aperto del Lagazuoi, delle Cinque Torri, del Sasso di Stria e dal museo del Forte Tre Sassi.

Ecco alcuni scatti realizzati dal Prof  Marco Carraro della nostra escursione di martedì scorso.





Grazie ancora Prof per averci fatto conoscere questo luogo!

III AL e III BL

16 marzo: Semifinali dei Campionati Internazionali dei Giochi Matematici- Bocconi


Alle ore 14.00 presso l'Istituto Scarpa-Mattei San Donà di Piave, alcuni dei nostri studenti  parteciperanno alle Semifinali dei Campionati Internazionali dei Giochi Matematici-Bocconi.

In bocca al lupo ragazzi!

15 marzo: "Friday for Future" ispirato da Greta Thunberg . Ma chi è Greta Thunberg?


Greta Thunberg è una ragazzina svedese di 16 anni, con una diagnosi di sindrome di Asperger, attivista per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico.
Il 20 agosto 2018 Greta, che frequentava il nono anno di una scuola di Stoccolma, ha deciso di non andare a scuola fino alle elezioni legislative del 9 settembre 2018.
La decisione di questo gesto è nata a fronte delle eccezionali ondate di calore e degli incendi boschivi senza precedenti che hanno colpito il suo paese durante l'estate. 
Voleva che il governo svedese riducesse le emissioni di anidride carbonica come previsto dall'accordo di Parigi sul cambiamento climatico ed è rimasta seduta davanti al parlamento del suo Paese ogni giorno durante l'orario scolastico. Il suo slogan era Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima).
A seguito delle elezioni, ha continuato a manifestare ogni venerdì, lanciando così il movimento studentesco internazionale Fridays for Future.

venerdì 1 marzo 2019

1 marzo: Come nasce un libro?




Oggi, al teatro Romano Pascutto, c'è stato l'incontro con  Davide Sibaldi che ha risposto a tutte le nostre domande, svelandoci i segreti e i trucchi per poter diventare scrittori, assecondando una passione e inseguendo un sogno...

Grazie Davide!

giovedì 28 febbraio 2019

28 febbraio: "Il primo meraviglioso spettacolo" di Davide Sibaldi


Il film di Davide Sibaldi "Il primo meraviglioso spettacolo" affronta le tematiche attuali dell'immigrazione e dell'integrazione di bambini stranieri e di bambini con disabilità psichiche e delle loro famiglie. 
Basato sul libro "Giuseppe e lo Sputafuoco" scritto e illustrato da Davide Sibaldi, il documentario racconta la storia di un grande spettacolo teatrale in cui recitano 45 bambini provenienti da 11 Paesi del mondo.


Il libro e il documentario sono stati fonte di ispirazione per la realizzazione di alcuni lavori delle classi del nostro Istituto, ora in esposizione nel Municipio di San Stino di Livenza.
Visitate la mostra!